Dolceroma
di FREDERIC PASCALI - Ci sono delle storie nelle quali il “sopra le righe”, la forzatura, ricorre sempre a cavallo di labili confini tra il funzionale e il gratuito. Come in quella diretta dalla regia di Fabio Resinaro, soggetta non di rado a perdersi in sconfinamenti di difficile riequilibrio.
Una commedia criminale che gioca molto sulle citazioni e sui movimenti di una macchina da presa incline a fare il verso a operazioni televisive di matrice a stelle e strisce. Un esperimento che graffia il consueto sviluppo creativo dell’attuale commedia italiana ma, sfortunatamente, si perde nella sua stessa estrosità restando prigioniera di una sorta di iconico narcisistico autocompiacimento.
La trama narra le vicende di un giovane scrittore, Andrea Serrano,a cui, un giorno, inaspettatamente, una telefonata apre le porte del successo. Chi lo cerca è Oscar Martello, un potente produttore cinematografico della capitale che ha deciso di fare un film traendolo dal suo ultimo libro. È la svolta tanto attesa ma anche l’inizio di un tormentato percorso che porta Andrea al centro di un ingarbugliato intrigo di amore e malaffare.
“Dolceroma” è indubbiamente un esperimento coraggioso sostenuto da una buona interpretazione dei due attori principali, Lorenzo Richelmy, “Andrea”, e Luca Barbareschi, “Oscar”, ma ridimensionato da una sceneggiatura, dello stesso regista e di Fausto Brizzi, che si perde in rivoli che troppo spesso conducono la narrazione negli infiniti campi del grottesco e del caricaturale. Un effetto voluto? Può essere ma di sicuro non ben riuscito, con la storia che finisce per rimanere vittima del patinato a tutti i costi e dei richiami al passato che freneticamente si rincorrono tra loro.
L’ombra del finto verso al sempiterno “Viale del tramonto” aleggia nelle sequenze iniziali e finali mentre la tirata contro la Roma cinematografica corrotta e facilona si disegna di profili da fumetto con inserti poliziotteschi, vedi la figura dell’ispettore Raul Ventura, e immersioni kitsch di corpi nudi in bagni di miele. Ne deriva un potpourri dal quale tutto sommato ne escono abbastanza bene le due interpreti femminili principali, la protagonista Valentina Bellè, “Jacaranda”, e Claudia Gerini, “Helga”, così come il complesso lavoro di Paolo Bellan, il direttore della fotografia.