di CARLOTTA CASOLARO - La casa editrice Neri Pozza, nata per pubblicare un’opera penalizzata dalle leggi razziali nel 1938 con il nome di “Edizioni dell’Asino Volante” a Vicenza, negli anni ha mantenuto una coerenza tra “prodotto” e commerciabilità delle pubblicazioni. Una delle peculiarità della CE Neri Pozza, è certamente la capacità ineccepibile di adattarsi al mutamento dei tempi; ogni proposta di pubblicazione è valutata sulla base del valore e delle problematiche contemporanee. Ed è esattamente questo che conferma Sabine Schultz, editor della Narrativa Straniera per Neri Pozza.
D: “Nessuna passione sulla terra, né amore né odio, è uguale alla passione di alterare i progetti di qualcun altro”, diceva Herbert George Wells. La scrittura è una delle più importanti forme d’arte e nell’arte converge ogni forma di passione dell’uomo. Quanto è importante che sia apprezzato il lavoro delle Case Editrici, che, ogni giorno, operano dietro le quinte, portando avanti i suoi autori?
R: Nel passato gli editori vivevano grazie al mecenatismo, o avevano alle spalle famiglie ricche. Per altri, l’editoria libraria era il fiore all’occhiello, un omaggio alla cultura, fatto da imprese che traevano i loro redditi da altre fonti, spesso la stampa periodica. Gli editori del passato non consideravano l’attività editoriale come un’attività imprenditoriale. Mentre alcuni editori del presente vedono soprattutto l’aspetto economico. La Neri Pozza invece concepisce l’attività editoriale come un progetto letterario, e pubblica non soltanto per emozionare o persuadere il lettore, ma anche per offrire ai propri lettori una forma di pensiero in cui si traduce lo spirito del tempo, il senso dell’epoca. Sottolineando il compito conoscitivo proprio della narrativa che si fa letteratura. Se i nostri lettori ci seguono in questa scelta, ne apprezzano e ne comprendono il valore, significa che la nostra è stata una scelta vincente. Gli autori rappresentano naturalmente la risorsa più importante di ogni casa editrice. È attraverso la loro voce, che portiamo avanti il nostro progetto.
D: “Nel 1938, Neri Pozza e i suoi amici, una piccola brigata di «teste calde» tenuta d’occhio dalla polizia fascista, creano a Vicenza le Edizioni dell’Asino Volante. Le edizioni sorgono per uno scopo preciso: pubblicare il primo libro di poesie di Antonio Barolini, che l’avvocato Ermes Jacchia, un eccentrico editore ebreo costretto alla fuga dalle leggi razziali, non può più dare alle stampe”: è questo che si legge se, nel vostro sito, si cerca la storia della CE. Dunque Neri Pozza, prendendo avvio dal progetto di un editore ebreo sfuggito alla rigidità dell’epoca, assume un atteggiamento preciso di distacco nei confronti di ogni forma di razzismo?
R: Sì, è vero, la casa editrice Neri Pozza è nata per pubblicare un’opera penalizzata dalle leggi razziali. E da ogni anno, ancora oggi, non soltanto cerca il distacco da ogni forma di razzismo, ma pubblica opere che lo condannano fortemente, come il romanzo dell’americana Tayari Jones, Un matrimonio americano, che racconta la vita di una coppia afro-americana distrutta da un sistema giudiziario imperfetto.
D: Quando la scrittura incontra l’editoria, è lì che nasce un piccolo nucleo familiare. Nonostante la realtà di Neri Pozza sia così vasta, è corretto ritenervi una grande famiglia?
R: La Neri Pozza tiene molto all’idea di “comunità”. Ci piace conoscere di persona non soltanto i nostri autori Italiani, ma anche molti di quegli stranieri, che cerchiamo di invitare in Italia per promuovere le proprie opere. Spesso con loro si crea un clima di vera e propria amicizia. Cerchiamo anche di lavorare a stretto contatto con i librai, con i quali abbiamo portato avanti diversi progetti interessanti in questi ultimi anni. E poi c’è il Neri Pozza Bookclub. Si tratta di gruppi di lettori in diverse città, che si incontrano ogni mese per parlare di alcuni titoli della casa editrice.
D: Come siete riusciti, negli anni, a mantenere uno standard così alto e un equilibrio tra commerciabilità del prodotto e talento degli autori?
R: Ci vuole rigore e coerenza per poter restare fedeli alla propria linea editoriale, a quel progetto di cui si parlava prima. I nostri, sono lettori esigenti, e ogni volta che ci troviamo a scegliere un libro, che sia un romanzo o un’opera di saggistica, ci chiediamo se possa soddisfare i nostri lettori. Libri come I Goldbaum di Natasha Solomons, la serie dei Delitti Mitford di Jessica Fellowes o Pranzi di Famiglia di Romana Petri, sono perfettamente in linea con il nostro progetto e infatti sono tutti stati premiati dall’attenzione del pubblico. Ma non basta. Occorre anche essere coraggiosi e un po’ avventurosi per trovare libri che possano incontrare un pubblico nuovo. Di recente abbiamo pubblicato Le sette morti di Evelyn Hardcastle dell’inglese Stuart Turton, un romanzo totalmente originale, o, come ha scritto il Financial Times, «qualcosa in cui il lettore non si è mai imbattuto fino ad ora», un romanzo geniale in cui Agatha Christie incontra Black Mirror.
D: “L’editoria, in Italia, sta morendo” è una frase che si sente spesso, da qualche anno a questa parte. E se, invece, l’editoria stesse rinascendo in una forma nuova e ancora più articolata?
R: Da quando lavoro in editoria sento questa frase. Ed è vero che ci sono stati degli anni difficili, ma se si dà ascolto ai dati ISTAT, in realtà questi ultimi tre anni sono stati positivi per il mercato del libro. I primi mesi di questo 2019 poi sono particolarmente incoraggianti, almeno per quel che riguarda la nostra casa editrice, che ha già visto due titoli nelle classifiche dei libri più venduti. Certo, ci si deve adeguare ai tempi e trovare nuovi modi per incontrare i propri lettori. Noi a marzo ci siamo inventati un’escape room ispirato al giallo di Stuart Turton, invitando la stampa e alcuni influencer a partecipare a questa esperienza. Un’iniziativa di cui si è parlato molto e che ha portato ottimi risultati. Per citare Alda Merini: «Non mettetemi accanto a chi si lamenta senza mai alzare lo sguardo, a chi non sa dire grazie, a chi non sa più accorgersi di un buon libro. Chiudo gli occhi. Mi scosto di un passo. Sono altro, sono altrove».
(ph credits: Cendamo)
SOCIAL:
https://www.facebook.com/NeriPozza/
D: “Nessuna passione sulla terra, né amore né odio, è uguale alla passione di alterare i progetti di qualcun altro”, diceva Herbert George Wells. La scrittura è una delle più importanti forme d’arte e nell’arte converge ogni forma di passione dell’uomo. Quanto è importante che sia apprezzato il lavoro delle Case Editrici, che, ogni giorno, operano dietro le quinte, portando avanti i suoi autori?
R: Nel passato gli editori vivevano grazie al mecenatismo, o avevano alle spalle famiglie ricche. Per altri, l’editoria libraria era il fiore all’occhiello, un omaggio alla cultura, fatto da imprese che traevano i loro redditi da altre fonti, spesso la stampa periodica. Gli editori del passato non consideravano l’attività editoriale come un’attività imprenditoriale. Mentre alcuni editori del presente vedono soprattutto l’aspetto economico. La Neri Pozza invece concepisce l’attività editoriale come un progetto letterario, e pubblica non soltanto per emozionare o persuadere il lettore, ma anche per offrire ai propri lettori una forma di pensiero in cui si traduce lo spirito del tempo, il senso dell’epoca. Sottolineando il compito conoscitivo proprio della narrativa che si fa letteratura. Se i nostri lettori ci seguono in questa scelta, ne apprezzano e ne comprendono il valore, significa che la nostra è stata una scelta vincente. Gli autori rappresentano naturalmente la risorsa più importante di ogni casa editrice. È attraverso la loro voce, che portiamo avanti il nostro progetto.
D: “Nel 1938, Neri Pozza e i suoi amici, una piccola brigata di «teste calde» tenuta d’occhio dalla polizia fascista, creano a Vicenza le Edizioni dell’Asino Volante. Le edizioni sorgono per uno scopo preciso: pubblicare il primo libro di poesie di Antonio Barolini, che l’avvocato Ermes Jacchia, un eccentrico editore ebreo costretto alla fuga dalle leggi razziali, non può più dare alle stampe”: è questo che si legge se, nel vostro sito, si cerca la storia della CE. Dunque Neri Pozza, prendendo avvio dal progetto di un editore ebreo sfuggito alla rigidità dell’epoca, assume un atteggiamento preciso di distacco nei confronti di ogni forma di razzismo?
R: Sì, è vero, la casa editrice Neri Pozza è nata per pubblicare un’opera penalizzata dalle leggi razziali. E da ogni anno, ancora oggi, non soltanto cerca il distacco da ogni forma di razzismo, ma pubblica opere che lo condannano fortemente, come il romanzo dell’americana Tayari Jones, Un matrimonio americano, che racconta la vita di una coppia afro-americana distrutta da un sistema giudiziario imperfetto.
R: La Neri Pozza tiene molto all’idea di “comunità”. Ci piace conoscere di persona non soltanto i nostri autori Italiani, ma anche molti di quegli stranieri, che cerchiamo di invitare in Italia per promuovere le proprie opere. Spesso con loro si crea un clima di vera e propria amicizia. Cerchiamo anche di lavorare a stretto contatto con i librai, con i quali abbiamo portato avanti diversi progetti interessanti in questi ultimi anni. E poi c’è il Neri Pozza Bookclub. Si tratta di gruppi di lettori in diverse città, che si incontrano ogni mese per parlare di alcuni titoli della casa editrice.
D: Come siete riusciti, negli anni, a mantenere uno standard così alto e un equilibrio tra commerciabilità del prodotto e talento degli autori?
R: Ci vuole rigore e coerenza per poter restare fedeli alla propria linea editoriale, a quel progetto di cui si parlava prima. I nostri, sono lettori esigenti, e ogni volta che ci troviamo a scegliere un libro, che sia un romanzo o un’opera di saggistica, ci chiediamo se possa soddisfare i nostri lettori. Libri come I Goldbaum di Natasha Solomons, la serie dei Delitti Mitford di Jessica Fellowes o Pranzi di Famiglia di Romana Petri, sono perfettamente in linea con il nostro progetto e infatti sono tutti stati premiati dall’attenzione del pubblico. Ma non basta. Occorre anche essere coraggiosi e un po’ avventurosi per trovare libri che possano incontrare un pubblico nuovo. Di recente abbiamo pubblicato Le sette morti di Evelyn Hardcastle dell’inglese Stuart Turton, un romanzo totalmente originale, o, come ha scritto il Financial Times, «qualcosa in cui il lettore non si è mai imbattuto fino ad ora», un romanzo geniale in cui Agatha Christie incontra Black Mirror.
D: “L’editoria, in Italia, sta morendo” è una frase che si sente spesso, da qualche anno a questa parte. E se, invece, l’editoria stesse rinascendo in una forma nuova e ancora più articolata?
R: Da quando lavoro in editoria sento questa frase. Ed è vero che ci sono stati degli anni difficili, ma se si dà ascolto ai dati ISTAT, in realtà questi ultimi tre anni sono stati positivi per il mercato del libro. I primi mesi di questo 2019 poi sono particolarmente incoraggianti, almeno per quel che riguarda la nostra casa editrice, che ha già visto due titoli nelle classifiche dei libri più venduti. Certo, ci si deve adeguare ai tempi e trovare nuovi modi per incontrare i propri lettori. Noi a marzo ci siamo inventati un’escape room ispirato al giallo di Stuart Turton, invitando la stampa e alcuni influencer a partecipare a questa esperienza. Un’iniziativa di cui si è parlato molto e che ha portato ottimi risultati. Per citare Alda Merini: «Non mettetemi accanto a chi si lamenta senza mai alzare lo sguardo, a chi non sa dire grazie, a chi non sa più accorgersi di un buon libro. Chiudo gli occhi. Mi scosto di un passo. Sono altro, sono altrove».
(ph credits: Cendamo)
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