di FRANCESCO GRECO - LUCUGNANO (LE). “Numeri, figure e libri, / simboli d’una Misura, / silenziosa e sicura, / fanno che io riposi o vibri…” (da “Spirito d’Armonia”, Edizioni dell’Albero, 1954). Il busto del poeta Girolamo Comi (Casamassella, 23 novembre 1890-Lucugnano, 3 aprile 1968), opera dello scultore Leonardo Ghidelli, accoglie il visitatore a Casa Comi (“torre d’avvistamento”), cuore di Lucugnano, all’ombra del suo Castello sulla stessa piazza.
Il 3 aprile di 51 anni fa moriva il poeta che con Bodini (1914-1970) e Pagano (1919-2017) segnò il Novecento della poesia italiana e meridiana. E’ sepolto nella tomba della famiglia Coppola.
Pochi sanno che Comi aveva un nomignolo: “Momo”, e che Lucugnano negli anni Cinquanta fu ”capitale” della cultura mediterranea: a Casa Comi nacque l’Accademia Salentina (3 gennaio 1948-1953), la rivista l’Albero (1949) e la casa editrice omonima (editò alcune opere del poeta), che richiamò i nomi di spicco del panorama artistico e letterario del tempo: da Maria Corti a Rina Durante e Michele Pierri, Oreste Macrì, Rosario Assunto, Mario Marti, Alfonso Gatto, Luigi Corvaglia, Luciano Anceschi, Ferruccio Ferrazzi, Enrico Falqui, ecc.
Anni “ruggenti”, in cui in Terra d’Otranto si respirava aria di un’Europa dentro al Mediterraneo, come oggi appena entri nella “Costellazione comiana”.
“Girolamo Comi, Spirito d’Armonia” (il poeta, l’Accademia Salentina e gli artisti dell’Albero) è il titolo della doppia mostra (Lecce, Biblioteca “Bernardini” e Lucugnano, Palazzo Comi) per ricordare il mezzo secolo passato dalla morte (fino al 15 giugno).
Nella casa del poeta, il tempo si è fermato, come venti secoli fa a Pompei. Ecco il suo letto, gli arazzi, lo scrittoio un po’ tarlato, il tagliacarte, la carta intestata (Accademia Salentina) il calamaio, i francobolli, e poi l’armadio a tre ante, il baule della biancheria, la cucina economica, la vasca da bagno, i divani e le sedie finemente intrecciati col giunco delle paludi vicino Otranto o Gallipoli e forse intrecciate dalle abili mani dell’artigiana Maria Angela Profico (nonna paterna di chi scrive, morta nel 1979).
Nella “tua casa dove anche le/ ombre sono amiche” (Alfonso Gatto), solo le mangiatoie delle scuderie sono state modificate: è nata una sala-conferenze. Nel giardino gli stessi alberi da frutto: li raccoglievano il suo chauffeur-garcon Antonio Cazzato (detto “Monucu”, figlio del capo dei suoi “fattori”, Francesco detto ‘Nciccu) e la moglie Assuntina con i figlioletti. “Com’è profumata questa bambina!”, esclamava Donna Tina Lambrini prendendo in braccio Giuliana, oggi affermata sociologa, psicoantropologa, psicoterapeuta. La sua prima auto fu un’Ardea (c’è chi dice Aprilia), poi comprò una Giulietta Alfa Romeo. Cazzato faceva il ceramista, ed era bravo, tant’è che il poeta scherzava: “Claudio Villa reuccio della canzone/ Antonio Cazzato reuccio del mattone!”. Comi fu un uomo generoso: lo fece studiare e poi assumere all’AQP al tempo di Benedetto Leuzzi.
Custode della memoria e della casa (oggi dà il nome a un’associazione), amata dalla gente del paese, la (“maestra di casa”) è stata la fedele governante sposata dal poeta in seconde nozze il 3 luglio 1965: origini emiliane, era nata nel 1901 in provincia di Pavia, sulle rive del Lambro e dal 1982 riposa al cimitero di Lucugnano, accanto al “suo” Barone.
Emergono d’incanto lettere e prime edizioni di cui poco si sapeva. “Mio carissimo AMICO, ti prego di volermi scusare se da troppo tempo non mi faccio vivo…”. E’ l’incipit della lettera, datata 22 ottobre 1955, che Paolo Gabbrielli scrive a Girolamo Comi, forse mai spedita e ritrovata in una copia di “Canto per Eva” (1955) che, per uno di quei percorsi barocchi tanto cari a Borges e a Umberto Eco, che seguono i libri, battuta all’asta su e-bay, è stata comprata dal prof. Donato Profico, già docente di Chimica.
La lettera è stata donata il 13 marzo scorso (“il mio vuole essere un omaggio al Poeta e alla Cultura” ha scritto il donatore) alla mostra del poeta che con Bodini e Pagano incarna il polisemico Novecento poetico di Terra d’Otranto vs Europa.
Oltre alla lettera, Profico ha donato una copia del “Canto dell’Argilla e del Sangue”, del 10 novembre 1933 (edizione numerata), la sola che mancava.
Così oggi i visitatori troveranno l’opera completa (tra poesia e prosa, 23 opere). Più la biblioteca personale del Barone, oltre 3000 titoli (1100 in francese) allineati negli scaffali della sua casa e altre testimonianze e cimeli delle parabola umana e letteraria: le frequentazioni e corrispondenza con Valéry, Gide, Claudel, Soffici, Palazzeschi, Ungaretti, Montale, Quasimodo, Papini, Pasolini, Sibilla Aleramo, Pagano, Bodini, Steiner, Cassieri, Spagnoletti, e poi i 78 giri dell’amato L. V. Beethoven (il Quartetto n. 15 in la minore, opera 132, la Sinfonia n. 9, “Corale” in mi minore, opera 125 dell’Orchestra Filarmonica di Stato di Amburgo diretta dal maestro E. Jochum). Il giardino con un pesco fiorito (“Anni fa buttammo un nocciolo ed eccolo là …”, sorride Francesca Licchetta che con Stefania Turco guida il visitatore), un arancio, la mela cotogna, il melograno, il limone, un mandarino clementino, un albicocco, un “maranciu rizzu” (melangolo), l’alloro, ecc. e i caminetti ovunque, una tavola apparecchiata per 6, la cappella privata con la Madonna col Bambino, ecc.
Grande cuoca, ibridava la sua cucina con quella locale (brodino con la tapioca e il pollo ripieno), anche donna Tina era generosa: “Faceva le marmellate e ce le regalava… Quando si sposò mi regalò un bel copriletto ricamato - ricorda Giuliana - mio padre la portava dal parrucchiere, alle feste, a far compere…”. Noblèsse oblige: anche in casa Cazzato c’era aria di nobiltà .
Ma se le vie dei libri sono più intricate dei destini degli uomini, alla ricognizione del prof. Profico mancava “Fra lacrime e preghiere”. Il caso ha voluto che una copia fosse nella biblioteca privata del prof. Antonio Negro. Fu donna Tina in persona a donargliela, quando, col prof. Antonio Calignano, tecnico riparatore tv, andava a sistemare quello di Palazzo Comi: siamo negli anni 64-65 e lei implorava i due giovani: “Mi raccomando, che non lo sappia il Barone…”. Che era allettato, “non lo si vedeva mai”, ricorda Negro, “visse in modo triste gli ultimi anni” (Maria Corti).
Poco si sa della cooperativa fondata con i suoi olivicoltori, l’Oleificio Salentino (1946-1960): un esperimento innovativo, da studiare: fu davvero (“rovinato da un amministratore disonesto”?, Corti). Poco indagata la sua passione per il gioco (zicchinetta) e la sua “conversione” (1933). Più news sul Comi romano (dopo le nozze a Milano con Erminia De Marco e la nascita di Myriam, 1919).
Sorprendentemente piacevole l’incontro col “Trittico Comiano” (Edizioni dell’Iride, Tricase 2004), tre poesie (per soprano e pianoforte) musicate dal maestro Donato Russo e presentate da Donato Valli, allievo di Comi.
Ma torniamo alla lettera, donata anch’essa alla mostra. Gabbrielli esprime un giudizio critico su “Canto per Eva”, “la cosa più bella e più entusiasmante ch’io abbia letto di te”. E aggiunge che “leggendo i tuoi versi perfetti io mi sono sentito percorrere da fremiti di altri tempi, pervaso da quelle indistinte dolcezze che sono proprie dei primi turbamenti amorosi…”.
Gabbrielli cita una recensione della raccolta di versi uscita su “L’Albero” e firmata da Marcella Romano, la fidanzata di Pagano che di lì a poco sposerà (“farò pervenire la mia rituale bottiglia del ”PARFAIT AMOUR”). Gabbrielli loda la recensione: “Vorrei congratularmi con codesta simpatica creatura che spunta all’orizzonte come un’aurora fiammante e che sa dire delle cose tanto dolci…”.
Assimilato al simbolismo francese, Comi visse a Losanna (1908-1912), Parigi (1912-1915), Roma (1918-1933): gli anni della formazione.
Con questi due eventi la sua terra, le nuove generazioni, si riappropriano di un grande i cui versi si respirano nell’aria, immortali.
“Spirito d’Armonia / se t’impossessi / dell’ansia antica della mia persona / ogni fibra di me arde e risuona / della solarità dei tuoi riflessi…”.
grande francesco greco!!!
RispondiEliminaUn bellissimo tuffo nel passato! Grazie per aver fatto riemergere le bellezze della quotidianità del poeta e le dolcezze e tenerezze dei versi.
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