di FRANCESCO GRECO - “Primma ‘e tutto aggi’a dicere na cosa: chistu ccà è nu giurnale ‘e buordo, no nu diario. ‘O saccio buono ca ‘ncopp’’ a cupertina ce sta scritto diario…”.
Se il napoletano è una lingua autonoma (al pari del romanesco e il siciliano), a cui Eduardo, Totò, Peppino e la canzone hanno dato splendore e dignità, si rivela editorialmente azzeccata l’operazione di traduzione dall’inglese del diario di Jeff Kinney (magistralmente opera dello scrittore Francesco Durante), proposta dall’editrice Il Castoro, Milano 2018, pp. 218, euro 13,00 col titolo: “’O diario ‘e nu maccarone” (Nu cuntu cu ‘e figurelle), così a Napoli chiamano la schiappa, cioè il ragazzino un po’ imbranato, pasticcione, pestifero, che sta crescendo e fra scuola e famiglia cerca di darsi un’identità autonoma. Godibilissime le vignette.
Così il bambino napoletano racchiude tutta l’enorme ricchezza semantica della sua cultura di provenienza, disincantata e ingenua, un pò folle, fino a trasfigurarsi quasi in un’entità antropologica più intrigante e barocca della “schiappa” d’origine.
Sulle pagine del diario scorre lentamente, giorno per giorno, mese per mese, la sua vita densa di avvenimenti, di piccoli conflitti, di stravaganze.
Chissà come sarebbe il diario del bambino nato fra i vicoli dei sanpietrini di Roma e la sudicia periferia di Palermo?