di FRANCESCO GRECO - Il caso ha voluto che ricevessi questo libro il giorno in cui sono andato far vista a zia Maria. Tutto ebbe inizio quando dimenticava accesi i fornelli del gas, oggi quando riesce a riconoscere i nipotini si fa festa.
Poi ho fatto un salto alla RSSA (vicino Taranto) dove da un anno è ricoverata zia Graziella. Sta bene per i suoi 90 anni e la demenza senile. Era diventata ingestibile, così i miei cugini l’hanno ricoverata.
Ero seduto accanto a lei, quando in un angolo ho visto un giovane dai capelli neri seduto su una carrozzina, che mangiava avidamente da una scodella di plastica.
Mi hanno detto che ha 50 anni, nell’altra vita era un docente universitario, ha avuto un ictus, eccolo là…
Non ho potuto che riflettere sull’imponderabilità dei destini, la fragilità della vita. E ho continuato a farlo con “L’esperienza del limite” (Vivere la vita, vivere la malattia), Quorum Edizioni, Bari 2019, pp. 90, euro 7,00.
Un volume collettaneo (bella la cover, le foto di Carmen Lilia Stolfi scorrono come le sequenze di un film in bianco e nero), in cui si affronta la vecchiaia e le sue tante patologie (Cicerone diceva che l’anzianità è di per sé una malattia, laddove fossimo riusciti a non averne di gravi) con la leggerezza di una farfalla di campo e la consapevolezza che gli déi sono capricciosi e sottinteso il suggerimento di vivere la vita e goderla appieno senza farsi ingannare dai dis-valori della modernità. Come dicevano i latini: carpe diem, o nel Medioevo: del doman non v’è certezza…
Con pudore, dolcezza, a tratti poesia, Chiara Cannito, Lizia Dagostino, Grazia Depalo, Sabino Lafasciano, Onofrio Pagone, Nicola Pice frugano - ognuno per le sue competenze e interessi - negli anfratti della terza età e della sua patologia più drammatica, gli angoli più segreti, per restituirci un universo complesso, misterioso, inesplorato, che vive intorno a noi e con cui sappiamo relazionarci – come individui e come comunità – assai poco.
Con cui siamo in credito di attenzione, sempre in cerca di una sintonia possibile, una modulazione di frequenza che potrebbe solo arricchirci, renderci più umani.
E non si può non essere d’accordo con Gabriella Salvini Porro, presidente di Alzheimer Italia: “Lo scopo è che le persone affette da demenza si sentano ancora parte attiva della comunità e possano parteciparvi attivamente”.
Uno “scopo”, una mission per la quale si deve lavorare intensamente (istituzioni e singoli), non solo per la riconoscenza che dobbiamo ai nostri anziani (domani lo saremo anche noi), ma anche come segno di un avanzamento sulla via della civiltà.