di FILIPPO MARIA BOSCIA - Che dire oltre di un testo che ha già dentro di sé illustri e svelanti commenti? Si tratta di una puntualissima spiegazione, poesia dopo poesia, che ci fa andare indietro ai testi scolastici, con le utili note a piè di pagina.
Se mi è permesso, allora, azzardo una personalissima interpretazione incentrata sull’amore, amore nel senso più ampio del termine. In fondo, restando nel campo dell’arte poetica, è padre Dante a ricordarci che è “L'amor che move il sole e l'altre stelle” (Paradiso, XXXIII, v. 145), l’amore di Dio che è alla base della Creazione dell’Universo, con tutte le sue meraviglie.
Un amore che, in tante sfaccettature, troviamo nei versi del libro confidenziale-interiore-spirituale «Nel giardino del melograno» che Santa Fizzarotti Selvaggi ha pubblicato di recente con Levante; una raccolta realizzata quasi a mo’ di diario, nelle variopinte immagini di un giardino, sempre un po’ sospeso tra l’apparente e il segreto, dove la forza dei sentimenti si intreccia con i colori delle piante a costituire un affresco che ci svela la sua grande personalità.
Ogni pianta e ogni fiore viene interpretato e incastonato in quelli che sono i ricordi di una vita, a partire dall’infanzia, vissuta nell’amore affettuoso di due madri, Carmelina, quella vera, e zia Tina, sua sorella, figurate come due fate (la terza è lei stessa!), che l’hanno accompagnata e fatto da guida in quel giardino per ammirare, conoscere e amare quelle piante, veri prodigi della Natura, così da nutrire anche per loro un amore tutto particolare che le fa partecipi delle sue emozioni.
Di seguito azzarderò, dicevo, questa personale interpretazione, mescolando le frasi, forse non tutte, già così magistralmente esposte, riunendole per temi d’amore, in una specie di patchwork, forse privo dei tanti colori dei suoi versi, ma volutamene così, per non togliere ad alcuno il piacere della lettura.
Così conosciamo lei, “riservata ma tenace”, a tutto resistente, e “forte nelle tempeste”, come l’Aspidistra, cui si paragona e confida “sei lo specchio della mia esistenza”.
Alla ricerca della felicità per la sua anima che “si cela di giorno per timore dell’insulto” (40) e “chiede carezze alla luna e al tuo sguardo” (40), quello dell’amato, un “improvviso amore atteso dall’eternità” (42) però “perso nel labirinto di un altro cielo” (41), mentre il suo cuore “in frammenti sulla terra” (41) è come imprigionato da un incantesimo. Un amore non corrisposto, “ferito di schiavitù è il mio cuore” (44), “un amore silenzioso racchiuso nel fondo del cuore” (45), un amore fatto di sguardi furtivi “come il tuo sguardo quando mi accarezza di nascosto nell’ombra in segreto” (46).
Ricordi di lei che si sente ancora bambina “ma ancora ti sento bambino (l’abete) come se fossi io” (49), della passata giovinezza “quale adolescente vibrante di pudore alla prima carezza del suo primo amore” (47), “quando il cuore ancor crede all’amore prospero di generosi pensieri” (5), “nell’orto del miele dove i sogni dell’infanzia si fanno sensuali” (2), “la storia di due anime alla ricerca di un bacio furtivo” (1) che finalmente arriva “Bignonia dal fascino esotico suadente e gioioso come i sogni della mia adolescenza e di quel primo sospiro al confine della campagna dove ancor oggi il cancelletto giallo narra in silenzio del primo bacio” (23).
Amore citato più volte: “amore consumato sulla sabbia di maggio” (66), “amore di innocente passione… ma avvincente come edera vorrei che tu fossi per me” (64), “amore mio quando le canne cantano e narrano di baci e tenere carezze” (67), “un amore consumato su morbidi giacigli (84), “amori proibiti eternamente segreti eppur freschi come acqua di mare agli inizi di maggio” (119).
Un amore che non è sempre gioia, anzi, come spesso capita, è sofferenza: “Che dolore è la vita quando l’amore il coraggio abbandona un dramma diviene l’esistenza intera” (21). “Svanì nel nulla come le nostre vite infelici senza l’ardore di un grande amore” (78). Tutto è finito svanito d’incanto (123). Audaci fremiti …di passioni mai sopite (124).
Lei che si descrive “Con la mano fervida di poesia sull’antica scrivania vissuta nel silenzio in tutta solitudine con lo sguardo nel cuore e gli occhi al cielo e sulle labbra il tuo nome amore mio” (28). E rivela “I sospiri celati in ogni poesia” (35). “E’ il tuo profumo (bella di notte) a tener compagnia alla solitudine” (105). “Ed io sono sola” (anche a Natale) (69). “Sono un grumo di malinconia” (8) “Canto della più profonda malinconia” (137).
Un amore che non è solo “sensuale sino allo spasimo”, pur se così desiderato, ma che si materializza anche nel grande affetto per le persone a lei più care, le due fate, le due madri, come si è detto. L’eterno “immortale amore al di là della vita e della morte” (63).
“Eppure una luce nel buio splendeva nel giardino eri tu madre mia” (51) cui Santa associa il Convolvolo blu “meraviglioso come i tuoi occhi” (20) “dolcezza di un amore lontano e pur vicino sulla pelle sulle labbra che mi baciavi con tenerezza sublime (83) di fiabe raccontate ai bordi del focolare del camino rosa dall’amore desiderato di madre” (89) e a lei si aggiunge la zia “tenace guerriera d’amore mai in riposo con il cuore generoso fino al sacrificio estremo" (80). “Una fata dalle mani d’oro dedita al ricamo e all’opre femminili intenta silenziosa e umile come il fior del biancospino (84) vibrante di passione oltre il velo delle apparenze schietta acqua di sorgente fresca rosa di primavera miracolosa aloe eri tu dai ricami di seta e d’uncinetto nell’attesa di qualcosa o di qualcuno in silenzio discreto sognato in penombra come la tua vita mia adorata fatina” (85). “Come la tua anima schiva lontana da frivolezze e vacuità prodiga di doni leggiadra come i tuoi fiori color oro (fico d’india) semplici senza orpelli come la tua vita mia cara unica zia Tina” (88). “Nobile d’aspetto eri madre mia candida d’anima cara zia Tina” (102). “Zinnia fiore della mia infanzia e della seconda fata umile modesta come te allegra generosa nel dono della sua schiettezza a volte graffiante autentica senza inganno … senza orpelli o finta aristocrazia e nemmeno plebea ma solo semplicemente vera” (104). Hoya carnosa dalle fate protetta e amata quale reliquia di splendore” (110).
Accanto a loro non mancano altri affetti familiari “… e riaccendi le memorie di un antico padre (il nonno) che mi insegnò la morte a me sconosciuta quando bambina lo vidi inerme consegnarsi all’Eterno tra lacrime di figlie” (81).
Santa viene così a scontrarsi con la transitorietà delle cose umane: “Prima dell’alba quando i sogni si fanno più veri e ingannano il tempo come se tutto si consumasse in un attimo … così la vita scorre senza cogliere il respiro di un attimo” (33). “Tra le radici dei ginepri i timori svaniscono e si concedono al sogno di Morfeo quali eroi dell’invisibile nulla dove ogni gloria cenere diviene e rimane soltanto la scintilla di quell’amore che non muore” (29). E’ immortale è l’amore familiare “testimone di un amore sei stato tu grande gelso bianco … in giovinezza quando eravamo tutti vivi e la morte sembrava lontana” (95).
“Vorrei incontrarti nel vento - quel vento che gioca impudente tra le foglie “quale fosse un amante ti accarezza e ti sfiora ti piega ma non ti spezza (113) - e confondere la mia anima in quel bianco (gelsomino) di notturno splendore e poi sentir lo smarrimento in pienezza di senso” (15). “E nuove stagioni riaprano nell’anima la speranza della rinascita di un nuovo mattino e lunghi giorni senza dolore con il volto coperto di fiori accarezzati dal vento e dal tuo amore senza autunno” (14). Così al risveglio di primavera ci si prepara “agli ardori del cuore” (57) e “ogni anno puntuale sfolgorante consola la mia anima … Cidonia giunge con la bellezza della giovinezza la speranza riapre il cuore e ci si illude che tutto possa un giorno ritornare“ (72).
Santa è sempre combattuta tra i ricordi di una gioventù dorata e la disillusa solitudine del presente: “E il mio sguardo inseguiva i sogni come nuvole nel cielo e immaginavo giorni di felicità senza pensare alle notti più buie da sola dinanzi alla luna in eclisse amorosa” (96) “quando tutto era turbamento e il cuore in petto si sentiva battere forte a sguardo fugace e ora rimane la nostalgia e la voglia di risentire scorrere la vita nelle vene come se fosse sempre la prima volta” (97).
Una situazione la sua che genera sofferenza: “Come accade alla vita tranquilla della mia anima alla mercé di graffi amari” (118). “Ma le ferite del mio cuore chi mai le guarirà? Ferito da parole insane ferito da subdole labbra ferito da sguardi impietosi ferito da mille silenzi ferito dalla coscienza del limite ferito dal desiderio d’amare ferito dalla bellezza svanita ferito dalla memoria di piccole cose ferito da lontane voci di madri ferito dal pianoforte di mani amate ferito dal futuro che non accadrà ferito dai raggi del sole e della luna quando accarezzavano la mia pelle ferito da un grande amore” (143).
Non manca anche la “paura del futuro nella nuova stagione che attendo e che temo” (75) mentre “i nostri giorni trascorrono lenti rapiti dal destino crudele che dalla terra ci ha plasmato e alla terra ci conduce” (68). Il pensare alla fine della vita diventa dominante: “Asparagina dalle fate prediletta … quanti sospiri in solitudine hai raccolto, sei parte dei miei anni siamo cresciute insieme eppure tu non hai età sei sempre giovane e verde e bella e rigogliosa forse non conosci la morte io invece l’ho vista” (99). “A volte penso alla vita mia sempre in fuga dall’anonima folla e alla mia anima che in poesia narra della tragicità umana” (101).
Eppure insegue ancora l’amore: “Tra le nuvole gonfie di vento e di sogni mi immergo immaginando le scene di un sogno dal quale non vorrei mai svegliarmi un sogno fatto di niente eppur vivo come il sole in estate” (133). “E così fiumi di emozione mi hanno ricondotta nel tempo lontano in cui nulla faceva paura se non la forza del tuo amore” (129). “Tra le rocce dei più intriganti viali (del giardino famoso) dove in ginocchio di notte io invoco l’amore” (148). “In attesa di una carezza e del compimento di un desiderio di un unico intenso desiderio quello di vedere sorgere l’alba di una vita nuova (128). “E’ l’infanzia timorosa che ritorna nella speranza di vivere una vita senza nascondimenti ma libera e soave” (142). “Amorosi ligustri fior di giovinezza ridate a me la speranza in un travolgente amore che faccia esplodere il cuore (126). “Il mio cuore avido d’amore la mia pelle avida di carezze le mie labbra avide di baci” (12). “In me il fuoco si accende e tutta mi incendio quando respiro il tuo profumo tuberosa carnale perla di passione nell’area del giardino regina di seduzione un alchemico musicale segreto accordo di gelsomini e rose miele pesco e caprifoglio dolcezze di questo cuore desideroso di guarire cedendo alla tentazione” (149). “Vivere vorrei con un amore generoso come te Philodendron” (50). Consola la mia anima lenisci il mio dolore amami come puoi tienimi compagnia sino alla fine dei giorni (52).
Ma “inesorabile il tempo passa” (114). Con l’avanzare degli anni purtroppo si materializzano le paure della fine e di quello che sarà dopo: “Narrami del mistero dell’eternità” (146). Santa tende all’infinito, anela la rinascita, forse la reincarnazione, non senza un pizzico di presunzione. Così sul finire eccola andare “alla ricerca di Dio” (151) mentre “Nel mio giardino segreto … un canto di lode al cielo si innalza e io se pur per un breve respiro comunque ringrazio il Creatore” (152), alla maniera del Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi.
Non so se sono riuscito nell’impresa che mi ero proposto. Ho depredato quasi tutte le liriche, ma non proprio tutte, così come ho riportato solo i riferimenti botanici essenziali al discorso, proprio per non togliere il piacere della scoperta “dei segreti sogni” con la lettura.
Io che conosco Santa dall’infanzia voglio accomiatarmi con una frase di Émilie du Châtelet : « Il culto dei libri è la migliore prefazione alla conoscenza degli uomini». Questa signora morta appena quarantenne è stata una delle più vivaci intelligenze del XVIII secolo e il suo ‘Discorso sulla felicità’, pubblicato postumo, ci ricorda che spesso la felicità, quando si presenta, indossa un abito diverso da quello da noi atteso e non ho detto ‘agognato’.
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