di GRAZIA STELLA ELIA - Con questo volume, Nel giardino del melograno-i segreti sogni della terza Fata (Levante editori, Bari 2019), il mosaico delle pubblicazioni di Santa Fizzarotti Selvaggi si arricchisce di una nuova tessera. Si tratta ancora una volta di un’opera poetica; un corposo volume che la dice lunga sul fascino che la poesia esercita su questa donna dalle molteplici sfaccettature culturali. Geniale, poliedrica, seriamente impegnata nella vita intellettuale come nella vita sociale, fa della poesia il cardine della propria scrittura.
Sapevamo del suo grande amore per le piante e gli animali e questa volta è appunto intorno e nel cuore del suo giardino che ruota la sua poetica riflessione, supportata da una miriade di conoscenze scientifiche e concrete, collegate alla dimestichezza, fin dalla più tenera età , con il mondo vegetale.
Conosce infatti, del giardino e di ciascuna pianta, davvero molto, considerando ognuna una creatura di bellezza, meritevole di attenzione e di rispetto.
Ma veniamo al libro, il cui titolo Nel giardino del melograno, è esplicativo del valore attribuito all’albero “dai vermigli fior”, che racchiude nella sua bellezza tanti miti e leggende, oltre ad una infinità di significati simbolici.
Il sottotitolo, i segreti sogni della terza Fata, fa scattare nel lettore la molla della curiosità , che lo induce a chiedersi chi siano mai le tre Fate e di quali sogni si nutra la terza Fata. Basta, da curiosi, iniziare a leggere a pagina 11 la Premessa Un meraviglioso affresco di Mariano Bubbico, il quale riesce appunto ad “affrescare” il giardino poetico della Fizzarotti Selvaggi, riportando spesso versi pregnanti ed incisivi. Alla fine egli si chiede: “Perché è ricordato il melograno? Il melograno, non a caso, nel Canto dei Cantici è simbolo dell’amore tra lo Sposo e la Sposa. Frutto della terra, il melograno rappresenta anche il Cristo, Uomo Nuovo”.
Segue il saggio del Prof. Francesco De Martino Un giardino tutto per sé: dieci pagine di raffinata analisi, in cui egli, da par suo, entra nell’anima dei versi e scientificamente li commenta, sottolineandone le peculiarità letterarie. E’ una Premessa quanto mai dotta e pertinente. Sono pagine preziose con la seguente conclusione: “Un giardino tutto per sé pulsante di vita e di poesia, un Eden amniotico nel quale diventa lancinante il desiderio di mordere il frutto proibito”.
Terza Premessa: Il linguaggio dei fiori del Prof. Vittorio Marzi che, partendo da una serie di frasi famose relative alla regina dei fiori che è la rosa, riporta l’incisiva definizione che la scrittrice Marisa Di Bello attribuisce alla notte centenaria (16 luglio di ogni anno) che si trascorre nel giardino Fizzarotti riflettendo “su temi che toccano il senso profondo della vita, […] un’ubriacatura (culturale) dalla quale è difficile riscuotersi…”.
In conclusione il Professore dice che da questo libro parte, in maniera felice, seppure sottesa, un importante monito: si smetta di rubare spazio alla natura per far posto al cemento!
Ecco il Prologo dell’autrice. Ella, dopo aver spiegato che l’essere umano è “lo specchio della natura” con “l’anima fatta di vento”, inneggia alla Poesia, “consolatrice nella solitudine”, mezzo efficace per dialogare con l’altro e con l’Alto.
Luogo ideale per la poesia e per comunicare col Creatore è proprio il giardino, che ricorda il Golgota. Si giunge alle pagine più propriamente riservate ai versi, dedicati, a loro volta, a ben 152 piante. Primo fra tutte il melograno vestito “di vermiglio”, albero “dalla veste / di velluto / […] amante / d’Afrodite”.
Descritti da protagonisti il melo, il nespolo, l’ulivo, l’acacia, l’agave, il cedro, il mandorlo amaro, il gelsomino, l’agapanto fiore dell’amore, l’amaranto, il lentisco, il mirto, il ginepro, il cipresso che rinnova la pena per la perdita dei cari… e la lista delle creature vegetali continuerebbe a lungo. Ciascuna pianta viene impreziosita da un ricamo di parole; parole coreografiche e parole di sentimento: parole di un cuore che batte in sintonia con la linfa che alle piante dà vita.
Scorrono le pagine a recare l’immagine, la tipologia, il profumo e le peculiarità di un mondo circoscritto, eppure immensamente suggestivo ed appagante. Sempre presente, soavemente dominante, il tema dell’amore, che va visto come filo conduttore dell’intera produzione letteraria dell’autrice, innamorata dell’amore anche universalmente inteso.
I versi, di una o due parole, lapidari e rapidi, esigono una rilettura, per meglio conoscere le piante nel loro respiro d’aria e di poesia. Non vi è quasi mai punteggiatura a dare uno stop, sia pure fuggevole: l’onda poetica procede senza intoppi, in un volo che scavalca gli ostacoli.
Incantata da una pianta, la poetessa usa il suo dire poetico per presentarla e farla amare. Siamo di fronte ad un canzoniere d’amore per la Natura, nel quale punge anche il lettore quel “profumo acre e pungente / del rosmarino selvatico / fior di rugiada / ghirlanda casta / di spose”, mentre è “inebriante il profumo della cedrina ad un solo lieve tocco della mano”.
Conquista, per la variabilità cromatica, la bouganville, quando “il vento / piano piano / […] le “ruba i petali / come gli anni / della vita”. “Candida / come neve / più bella / dell’aurora” la magnolia “dal suono / di liuto” e “nel fondo morbido / dei carnosi / petali” lo sguardo dell’autrice “si perde,” cercando “il mistero / del cielo”.
Tra alberi e fiori compare l’immagine della mamma Carmelina, prima Fata del giardino e del cuore della poetessa. “Quale fanciulla / pudica / fiorisce / la camelia” e “il vento la sfoglia / piano piano / […] così come “i nostri giorni / trascorrono / lenti…”. Superba e sovrana l’orchidea! Le parla la terza Fata: “Nasci dal limo / e trasformi / il fango / in bellezza”.
Le immagini delle due Fate ricompaiono in eleganza e bontà , ormai inafferrabili come chimere. E’ la zinnia “schietta e autentica” che assomiglia alla Fata-zia Tina.
Piante da molti di noi non conosciute, dagli strani nomi spesso esotici, eppure familiari e care alla poetessa che, attingendo alle risorse di scienza e a quelle sempre fresche della poesia, le descrive e le adorna di versi alati.
Ecco il “gelsomino giallo / stella di terra / che sul muro di cinta” poggia i suoi rami”. Un muro che, senza quei rami, “sarebbe spoglio / come nido / in abbandono”.
Tanto significato religioso risiede nella pianta dal “nome altisonante” di spina Christi. E’ viva ancora “dinanzi alla porta / di casa”. In un giardino così vibrante di poesia non poteva mancare la viola mammola, senza sfarzo, senza superbia, ma “piena di bellezza / discreta”, con un “delicato / profumo di innocenza”. E non manca, “delicata / nuvola /dell’aria, / il pesco vestito / di fiori”.
Si nota la presenza di volatili e poi ancora piante: ginestra, mapo, aster, e, con esse, piccoli esseri animali quali il geco, le chioccioline, l’ape, la lucertola.
Si registra un autentico slancio affettivo per un mondo di sogno, eppure reale, nel quale un’anima vive di dolcezze e amarezze d’amore.
Nel giardino segreto il tripudio vegetale e animale si eleva a “canto di lode / al Cielo” e ad esso si unisce il ringraziamento della poetessa al “Creatore”.
Va detto che ogni pagina porta il sigillo esplicativo di Giovanni Losito, il dottore psicoanalista che segue l’autrice in molte pubblicazioni ed è solito postillarne i versi.
Siamo alle pagine che l’autrice definisce Epilogo (riscontro al Prologo). Sono pagine di alta prosa poetica, il cui tema è la cronistoria del giardino e del fondo ad esso connesso. Una storia vera, che sa di leggenda e di poesia. Con essa Santa Fizzarotti Selvaggi si congeda dai suoi lettori, lasciandoli assorti, rapiti da un mondo naturale che è passato, come l’uomo, per gioie e traversie prima di giungere a vivere in uno splendore di Bellezza.
Utile, nelle ultime pagine, l’elenco alfabetico delle piante e degli “esseri viventi” che abitano il giardino. Si esce dalla lettura di questo caleidoscopio di cultura certamente arricchiti di poesia, botanica, mitologia e valori familiari e religiosi.
Un libro da gustare con attenta rilettura, affinché le caratteristiche di ogni pianta non cadano presto nell’oblio. Un libro al quale va auspicata una larga, ampia diffusione, perché l’amore per la natura trovi l’opportunità di entrare e germinare soprattutto nel cuore dei giovani.