di PIERO CHIMENTI - Raphael Gualazzi sta vivendo un'estate intensa di concerti in giro per l'Italia, toccando nelle scorse settimane anche Ostuni (Br). Il jazzista italiano, in questa intervista, ci ha parlato del suo rapporto con la Puglia e di quanto blues e pizzica siano legate tra loro. Se siete in attesa del suo nuovo album, un po' di pazienza perché qualcosa bolle in pentola...
D. In una passata intervista hai dichiarato: "La musica bella è quella che rende felice". Quale musica la rende felice? Quanto influenza le sue sonorità?
R: Per me la scelta è molto difficile, in quanto sono innamorato della musica, nell'aspetto dello spettro delle sonorità che riserva i musicisti, ma anche ai non musicisti, perché la musica è una cosa che deve essere condivisa con tutti, e secondo me, alcune volte può essere riduttivo fare una scelta. E' un qualcosa, una cultura, che lega tutti i generi che per semplicità e comodità vengono etichettati e distinti. La stessa storia afroamericana è legata al jazz di origine, dal Ragtime di Joplin, alla musica rap e trap di oggi. E' questo quello che succede. La musica bella ci può essere in tutti gli stili e in tutte le sonorità, e quindi per me è molto difficile fare una scelta. Da un lato non rinnego, anzi vado fiero del mio bagaglio culturale classico europeo, dall'altro i miei amori sono sempre stati rivolti alla musica afroamericana, nelle sue forme più antiche fino a sue forme più moderne.
D. Parlando di trap, dato che ti piace miscelare vari generi musicali, potrà mai fondersi col jazz e col soul?
R: Credo che sia già successo. In America avranno sicuramente già sperimentato questo commistione. Non ci sono pregiudizi o etichette, credo che ci sia del bello ovunque, si riescono a trovare sempre delle cose belle e poi è anche vero che ognuno di noi si innamora singolarmente di quello che sono i suoi brani preferiti.
D. Dopo aver duettato con Malika Ayane ed Elisa, con chi ti piacerebbe duettare?
R: Ci sono tanti artisti con cui mi piacerebbe duettare, sia appartenenti al mondo del jazz che più trasversali. Ad esempio mi piacerebbe duettare con Craig David, Anderson Paak, e che si aprono al mainstream.
D. Nel 2017 hai partecipato alla Notte delle Taranta. Quali punti in comune hanno il jazz e la pizzica, visto che sono due generi musicali opposti tra loro sia dal punto di vista del ritmo che della storia?
R: In realtà sembrano lontani dal punto di vista storico, ma non lo sono affatto, in quanto la taranta, ovvero la pizzica, come tutta la cultura salentina ha delle radici profonde ed è stata scoperta da Alain Lomax, che è andato in giro per il mondo a registrare, tutti gli stili di musica popolare. Le analogie con il blues sono tantissime. Il Blues nasce in un contesto di lavoro pesante, come Work Song (canzone di lavoro). Si pensi alle tabaccare o tabacchini, che andavano nei campi a raccogliere il tabacco e poi lo lavoravano in grossi stabilimenti, e con non poca fatica per le temperature altissime che c'erano negli Stati Uniti, dove questi neri venivano incatenati e forzati in lavori molto pesanti, così la pizzica è una sorta di canzone di lavoro pugliese, salentina. Dal punto di vista melodico, ci sono altre analogie: nel blues c'è un'alterazione di un determinato grap della scala, così come nella musica salentina. Queste melodie che vengono tramandate oralmente, hanno spesso e volentieri un'alterazione della scala melodica, oltre ad essere tramandate in generazione in generazione: da padre a figlio, da nonno a padre. Molti musicisti salentini, che magari non sanno leggere la musica sono bravissimi a suonare la pizzica, così come lo erano i blues man di una volta che non sapevano leggere assolutamente la musica e che imparavano appunto in maniera empirica, avendo così un vasto repertorio musicale. Le due musiche, raggiungono sempre un carattere ipnotico nella loro esecuzione, ovvero portano l'ascoltatore quasi in uno stato di estasi per liberarsi dalle pesantezze della vita che stanno vivendo. Questo avveniva si con il blues che con la pizzica. Con la pizzica si raggiungono dei livelli anche più alti, in quanto nella credenza popolare serviva a guarire alcuni mali. Ad esempio, quando si pensava che qualcuno fosse invipulato, si facevano delle pizziche scritte apposta facendo ballare l'indiavolato o l'indiavolata con un lenzuolo un lenzuolo bianco questo tipo di 'coma'. Si pensi alla pizzica di Stifani; è stato un grandissimo violinista e curatore, perché scriveva pizziche per la sordità, per la cecità e la pizzica 'indiavolata', che è una pizzica dedicata a coloro che si pensava fossero posseduti dal demonio. L'esoretismo è molto presente anche nel blues, perché a suo legato al vodoo e quindi con tutta una serie di esoretismi. Blues e pizzica, hanno un sacco di analogie tra loro, legate come detto da radici popolari. Credo che la pizzica salentina, si possa definire "blues italiano", perché è il più grande anello di congiunzione tra la cultura greca, con tutte le nostre radici, perché noi siamo prima greci, romani ed infine cristiani. È fondamentale conoscere e vivere a pieno la nostra cultura, perché ci rappresenta tantissimo.
D. Nel 2016 era l'estate di John Wayne. Questa per Gualazzi che è estate sarà?
R: È un'estate molto impegnata, con tanti concerti in giro per l'Italia tra gli spazi vuoti tra una data e l'altra, sono in studio a finalizzare i miei progetti. Ci sono diverse cose di cui purtroppo non posso dare anticipazioni viva però ci saranno presto delle novità dal fronte discografico.
D. Che rapporto hai con la Puglia?
R: Ho scoperto una terra stupenda, accogliente, anche in tempi non sospetti viva prima del mio primo Sanremo che ha segnato l'inizio del mio percorso professionale rispetto al grande pubblico non solo da jazzista La Puglia è stata una delle regioni che mi ha ospitato diverse volte è che ha creduto è sostenuto il mio progetto punto Sono e sarò sempre ° a questa terra meravigliosa e non solo per la musica ma anche per l'ottimo cibo. Tutto ciò che rappresenta la cultura pugliese è nelle mie corde ed ed anche le persone sono generosissime.
Un caro saluto ed un caro abbraccio al Giornale di Puglia da Raphael Gualazzi