di FRANCESCO GRECO - MARINA DI FELLONICHE (LE). “La piazza principale di Lampedusa? Intitoliamola a Carola Rakete”.
Proposta-choc dell’arcivescovo di Ferrara-Comacchio e abate di Pomposa, Mons. Giancarlo Perego (già direttore della “Fondazione Migrantes”) a Marina di Felloniche (Lecce) in occasione della “Giornata diocesana del migrante” voluta dalla Diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca da quando, nel 2015, apparve il corpo senza vita di una migrante affogata.
Dopo la proposta del Premio Nobel alla “capitana” (e in attesa dell’Oscar, o di intitolargli anche piazza San Pietro), quella del prelato è in linea con il concept attuale della Chiesa di Francesco, mutuata dalla Teologia della Liberazione, e che richiama il mantra “Accogliere, accogliere, accogliere…”.
Non tutta la Chiesa però è schierata in questa trincea, anche per la forte valenza politica, antigovernativa e anti-Salvini: quando le politiche dei precedenti governi, sublimate dal piano Minniti in Libia, tutto era silente.
Basta rileggere i reportage allucinati di Domenico Quirico su “La Stampa” per sapere cosa succedeva, e succede (ora li bombardano anche…). Ma tutto ciò evidentemente è politically correct.
Lo è anche la Chiesa che solo quando il dibattito giunge al parossismo ne accoglie poche unità e tiene prudentemente fuori il suo immenso patrimonio immobiliare.
La messa in memoria dei migranti morti nei viaggi della speranza (1 su 6 il dato citato) è stata concelebrata dal suddetto prelato, il vescovo di Ugento, Mons. Vito Angiuli, il vicario Mons. Beniamino Nuzzo, don Fabrizio Gallo, don Lucio Ciardo, don Pietro Carluccio (parroco a Montesardo).
Moderato da don Lucio, è seguito il dibattito (col sindaco Santo Papa, la Guardia di Finanza, e un ingegnere afgano che ha narrato la sua odissea) dal titolo ”Migranti portatori di speranza”, con la suddetta “provocazione” preceduta dal background evangelico: “Ero forestiero e mi avete accolto…”.
E dall’inevitabile accostamento dell’immigrazione attuale, confusa e con aspetti oscuri, con l’emigrazione italiana nel mondo, che c’entra come i cavoli a merenda: semantica diversa.
Basta dire che della nostra nel secolo scorso, nessuno, o quasi, si è accorto, pur con tante tragedie (Marcinelle, Mattmark, Thyssenkrup, ecc.) e avendo ricevuto in rimesse così tanto da muovere le economie dei paesi di partenza. E solo di recente gli emigranti hanno potuto eleggere i rappresentati al Parlamento Italiano.
Ci sono poi snodi del fenomeno derubricati nelle analisi del pensiero dell’accoglienza indiscriminata: l’integrazione quasi impossibile, come dimostra l’odio e il sangue sparsi in tutta Europa dai migranti di fede islamica di seconda e terza generazione. Che diventino manovalanza della criminalità, facciano accattonaggio, lavoro nero, le ragazze sbattute sul marciapiede sono quisquilie rispetto all’“accoglienza” full time.
I dati esibiti sembrano comunque enfatici: davvero 1 su 6 muore nella traversata? E l’80% delle news in materia sono spazzatura? Con quali algoritmi sono stati ricavati? D’accordo invece sulla “percezione”: abbiamo l’8% di extracomunitari e la gente pensa siano il 25%, ma è colpa dell’enfasi dei media.
La password di dibattiti da salotto come questi è lo spettacolo che si fa sulla materia. Non del tutto disinteressato, se è vero che muove svariati miliardi. L’illegalità accoppiata all’umanitarismo è una prospettiva cieca. Si potrebbe partire dalle proposte del prof. Antonio Negro: “Una consulta e l’emigrazione materia scolastica”.
Al di là di queste cose da Papa Re, da teocrazie, la realtà è più complessa e inconsciamente lo sa anche Mons. Angiuli: basti rammentare che due anni fa chiuse la porta all’ipotesi che la sua Diocesi rilevasse la vecchia Manifattura dei Tabacchi di Lucugnano per ristrutturarla e farne un centro di formazione e accoglienza. Siamo tutti “accoglienti”, se lo fanno gli altri.
Nel frattempo “l’accoglienza” indiscriminata è divenuta una patologia dell’attuale momento storico declinata in politica nell’eterno derby italico con toni da leoni al Colosseo.
Quel che conta, pare ai più, è andare contro Salvini, detestato anche perché ha ridotto da 35 a 21 gli euro pro capite e quindi il business. Poco importa se è riuscito a distribuire in Europa i migranti e che la sua politica lo fa volare nei sondaggi.
L’impostazione politicamente corretta dello storytelling della Chiesa (minoritario, di nicchia) appare decisamente datata, è stata ampiamente relativizzata punto per punto dal bellissimo saggio di Raffaele Simone “L’ospite e il nemico” (Garzanti, 2019).
Se non si vuol rileggere Oriana Fallaci a cui è troppo facile dare della Cassandra “islamofoba” e rammentare quando parlava di “Occidente ebraico-cristiano malato: ha perso la voglia di lottare, oppone valori vacui di fronte all’integralismo islamico, l’Europa è rammollita…”.