di VITTORIO POLITO - Il quartiere Carrassi di Bari, un decennio fa, ha fatto da vetrina per il vertice italo-russo con la presenza del presidente russo Putin e del presidente Prodi, per la donazione della Chiesa Russa da parte dello Stato italiano alla Repubblica Sovietica.
La prima vera costruzione del Rione Carrassi fu una Chiesetta dedicata a San Lorenzo, risalente ad alcuni anni prima del 1144, ma oggi non si hanno più tracce.
Fonti documentarie attestano che i campi lungo la via per Carbonara siano appartenuti per molti secoli al Capitolo Metropolitano della Cattedrale ed a quello della Basilica di San Nicola. Il simbolo è rappresentato da una struttura, a carattere religioso, denominata Padre Eterno. Di questa opera non si conosce l’origine ma Luigi Sada la fa coincidere con la Torre di “Vrunnolo”, datata 1834, primo edificio che si incontrava venendo da Carbonara verso Bari. Oggi è rimasta solo un’edicola votiva in quella che fu Corso Sicilia.
Il nome Carrassi deriva da Antonio Carrassi, sindaco di Bari dal 1851 al 1853.
Corso Benedetto Croce, la più importante arteria del rione Carrassi, ospita l’originale complesso della Chiesa Russa. Il romantico lembo di paesaggio da fiaba, con i verdi tetti e la cupola a bulbo nella parte più alta. È un lontano ricordo della Russia degli Zar e rappresenta una eccezionale nota di colore, come ricorda Vito Antonio Melchiorre nel suo volume “Note Storiche su Bari” (Levante Editori).
La costruzione della Chiesa Russa fu iniziata nel 1913, per iniziativa della gran duchessa Elisabetta Fiodorovna, per ospitare i pellegrini russi che venivano a onorare San Nicola. Fu progettata da Aleksej Viktorovič Ščusev (1873-1949), tra gli autori del mausoleo di Lenin in piazza Rossa, e realizzata grazie alle donazioni di illustri fedeli, fra cui l’ultimo zar Nicola II. La Chiesa Russa, di proprietà del Comune di Bari dal 1937, fu donata nel 2007 alla Russia in occasione di una visita in Italia del presidente Vladimir Putin. Il passaggio dell’edificio di culto alla Russia è stato uno storico riconoscimento al ruolo che i russi ebbero nell’edificazione della Chiesa e alla speciale devozione che conservano per il Santo originario di Myra, anzi di Bari, venerato in tutto il mondo.
L’imponente opera, realizzata in pochi anni, fu oggetto di una lunga vertenza giudiziaria prima di essere acquisita dal Comune di Bari. Un incendio ridusse in pessime condizioni una porzione dell’immobile che fu lasciato a un progressivo e gravissimo degrado. La splendida costruzione successivamente fu restaurata e riportata al suo antico splendore.
La Chiesa Russa è stata per anni il simbolo monumentale del rione Carrassi, i meno giovani ricorderanno il passaggio su Corso Sicilia del tram, prima, e della filovia, poi, che raggiungevano Carbonara a Ceglie. La prima parrocchia fu quella dei Carmelitani, voluta dall’Arcivescovo Vaccaro, per contrastare l’invadenza ortodossa che faceva capo alla Chiesa Russa. Fu istituita nel dicembre 1956 con il nome di “Santa Maria delle Vittorie”. L’attuale edificio fu realizzato nel 1982 sullo stesso suolo rinnovato secondo i dettami del Concilio Vaticano II.
Qualche curiosità: il bar del villaggio si chiamava “Minerva”, il tabaccaio era Nicolino “u zeppe”, il giornalaio era Gennaro, nella cui edicola erano esposte “La Domenica del Corriere”, con le tavole di Walter Molino, “Il Travaso” per farsi due risate e “L’Uomo qualunque”, il quotidiano diretto da Renato Angiolillo.
Il rione Carrassi poteva essere considerato una vera e propria città col il suo campo degli sport, il glorioso Istituto Margherita, il carcere, la Parrocchia di Nostra Signora del Santissimo Sacramento, quella di Santa Maria delle Vittorie, il Cinema Adriatico, la vetreria Pizzirani il saponificio Serio, ma soprattutto era ricco di ville e villini, dal momento che in quei luoghi i baresi trascorrevano le ferie estive.
Alcune di queste note sono state riprese anche dal fascicolo “Il Quartiere Carrassi”, a cura del Cenacolo Carmelitano e della VI Circoscrizione “Carrassi San Pasquale”, edito nel 1997 a cura del Cenacolo Carmelitano.