ROMA - “Io di certo non voglio votare. Però pretendo che si governi bene e lealmente”. Sono le dichiarazioni di Nicola Zingaretti rilasciate in un’intervista a la Repubblica in cui il segretario del Pd si dice un po’ stanco della “ricerca ossessiva di polemiche e visibilità, perché questa è una degenerazione della politica che gli italiani non tollerano più e in tal modo resterebbe solo il governo delle poltrone, dei ministeri e delle nomine”. “Si producano fatti”, invece, anche perché noi del Pd, dice, “restiamo solo finché” questo governo “produce risultati utili al Paese”. Punto. Non è un ultimatum ai riottosi di Palazzo Chigi, ma quasi.
E se sul merito di ciò che si è fatto Zingaretti si dice “soddisfatto”, nel metodo “non va” perché “la cornice di litigi, polemiche e rincorsa a mettere bandierine sui provvedimenti rischia di oscurare quanto di buono è stato fatto”, aggiunge. Tra le cose buone fatte, ovviamente ci sono “i 23 miliardi recuperati per evitare l’aumento dell’Iva” che hanno “fermato la valanga sul villaggio”.
E poi si è complessivamente “passati dalle balle e dai debiti di Salvini” che aveva avanzato l’idea di voler “tassare le cassette di sicurezze e mettere 15 miliardi sulla flat tax, a una prima grande inversione di tendenza: taglio delle tasse sul lavoro, 11 miliardi di investimenti green, finanziamenti per Industria 4.0, asili nido gratuiti, bonus per le facciate dei palazzi e l’introduzione del piano casa” nel quadro di “un compromesso corretto”. Tanto che i mercati “rispondono bene al fatto che ci saranno più soldi nelle tasche degli italiani”.
Sull'evasione fiscale, il segretario del Pd dice che “non bisogna avere paura di chiamare “furto” l’evasione prevedendo pene adeguate per chi ruba tanto” anche se la lotta “non si fa con i provvedimenti a effetto, che vanno sui giornali per 48 ore e poi non cambia nulla”.