di LIVALCA - «Se tutti gli uomini sapessero quello che dicono gli uni degli altri, non ci sarebbero al mondo che quattro amici»: è una frase di Blaise Pascal ( andando avanti nella lettura, miei cospicui, fedeli lettori, scoprirete il motivo per cui ho citato il pensatore-scienziato nato a Clermont Ferrand nel 1623…quando era appellata solo Clermont) che ha ispirato Gino Paoli per la sua famosa ‘Quattro amici al bar’ - per la verità storica il testo è di Paola Penzo, attuale moglie del cantautore, che, con tipica concretezza femminile, ha voluto concludere una canzone, che contiene una sana morale, con queste parole: ‘o forse non c’incontreremo mai/ognuno a rincorrere i suoi guai’ - il cui ascolto, sarebbe meglio dire la ‘scorsa’ del testo, consiglio a tutti, compreso i sette componenti del gruppo di cui vi parlerò, l’ottavo è chi sta redigendo queste note.
Il gruppo è nato da una consuetudine: una riunione fissa la domenica mattina nella Basilica di San Nicola per la messa delle 7,30. Una presenza per me abituale era quella di Nicola (il più famoso Nicola di Bari, dopo il Santo patrono, da me conosciuto da tempo immemorabile; un medico in città noto come il professore, ma talentuoso giornalista di penna colta, autore di tante pubblicazioni di successo, di cui ricordo solo l’ultima «Abc beninvecchiamo così», Adda editore) con cui scambiavo affettuose impressioni prima della messa, dopo era più difficile perché io andavo via subito. Lo scorso anno Nicola era accompagnato, quasi sempre, da un distinto, cortese signore con cui ‘barattavo’ frasi di circostanza, fin quando un bel giorno Nicola mi ha inviato una mail dicendo che Luigi, questo il nome, era interessato a dei libri di Levante e… così ho conosciuto l’uomo che ha fatto dello studio dei dati e della loro rilevazione, elaborazione e classificazione una ragione di vita, anzi una professione presso la Facoltà di Economia dell’Ateneo barese. Nonostante sia pignolo e non ho detto pedante, puntiglioso e non ho detto cavilloso, perfezionista e non ho detto ‘…’ è, senza dubbio, il più simpatico del gruppo; a ciò ha contribuito il fatto che, per questioni professionali, ha potuto usufruire sempre di un datore di lavoro poco incline alla ‘produttività’, per cui, disponendo di tempo, lo ha impiegato curando in maniera sobria ma raffinata l’aspetto esteriore, compreso dei baffi di cui è gelosissimo ‘custode’. All’inizio quando ho parlato di Pascal ho pensato proprio a Luigi: la ‘pascaline’ la rudimentale macchina calcolatrice costruita dal francese è nelle corde del nostro amico, anzi ritengo che Luigi possa essere, anche, un imparziale giudice nel valutare l’opera di Pascal «Colloquio con il signor de Sacy» dove si confrontano lo stoicismo di Epitteto e lo scetticismo di Montaigne. Grazie a Luigi ho conosciuto Antonio, una sua ‘costola’ in senso affettuoso; un commercialista di poche parole, che interviene solo se informato sui fatti, molto schivo tanto è vero che, in chiesa, usa mettersi in disparte e io, per non lasciarlo solo, mi siedo vicino…anche se, il banco che occupa abitualmente, è scomodo per me, essendo molto ravvicinato. Per restare in tema Luigi-Pascal, Antonio è il Torricelli della situazione (la fama è inferiore a Galileo Galilei solo perché suo successore a Firenze), quel fisico che determinò la pressione atmosferica con il barometro ( dal greco bàros peso e mètron misura) al mercurio. Dalle gambe arcuate deduco che ha giocato al calcio, presumo un terzino senza infamia e lode, fedele esecutore delle disposizioni dell’allenatore di turno. Di Antonio mi ‘inquieta’ la freddezza, il disinteresse, l’apatia con cui si approccia alle situazioni: se tu gli comunichi che domani forse finirai in ospedale, lui non dice verrò a trovarti, ma, con realismo burocratico-commerciale, ti regala un ottimistico: ’speriamo di rivederci, alla tua uscita’. Sempre Luigi mi ha presentato Michele P., un primo dirigente del settore amministrativo dello Stato, amabile-gradevole ma con un neo, che per me è un pregio, che lo porta ad abusare della sua attitudine al comando e pretende attenzione e silenzio quando espone le sue condivisibili, quasi sempre con le dovute eccezioni, esternazioni.
Il pregio-difetto è che, come il sottoscritto, appartiene alla costellazione dello zodiaco denominata del ‘leone’ - lui è nato il 2 agosto, io il 6 e dobbiamo ancora decidere chi sia Regolo e chi Denebola, anche se per me, anagraficamente più capiente, il problema non sussiste ma Michele, che a mio parere bramava una carriera da attore o perlomeno sulla scena, ci tiene in ogni istante della giornata a porre in risalto che la sua bontà, generosità e lealtà sono fuori discussione e, nell’alta considerazione in cui pone ogni sua azione, dimentica che la giusta gratificazione non sempre possa essere scontata. Il rimedio? Sei mesi di lavoro in un ambiente privato, ma ritengo che dopo tre mesi - non è una certezza, ma una peregrina, arrogante intuizione ‘leonina’! - getterebbe la ‘spugna’, che per un ‘leone’ sarebbe come ammettere di avere ‘torto’. In questo gruppo è entrato poi in maniera del tutto naturale e spontanea un altro leone ‘privato’ della sua ‘corona’ - pazientate un poco e vi spiegherò la mia teoria non frutto di statistica, ma di un PAPAle sano ‘volo pindarico’ - ma famoso luminare della medicina : Peppino G. di mattina e Giuseppe G. di sera. Il chirurgo professore è nato in quella munifica Cerignola che lo considera sua quarta gloria dopo : Nicola Zingarelli, Giuseppe Di Vittorio, Giuseppe ( Pinuccio) Tatarella e Giuseppe G., ma mi piace precisare che la cittadina, distrutta nel 1731 da un terremoto, meriterebbe di essere famosa nel mondo per l’icona bizantina della ‘Madonna con Bambino in trono’, nota in ambito locale come ‘Madonna di Ripalta’. In sintesi si tratta di un dipinto su tela aperto su tavole in legno, al momento anonimo, del XIII secolo. Tanti particolari ci fanno capire che non sia il lavoro di un occasionale dilettante : i colori adoperati per i vestiti sono frutto di studio meditato e non affidati al caso, inoltre vi sono molti elementi del rito liturgico bizantino e la ‘cicatrice’ sul volto della Madonna potrebbe essere un ‘indizio’ da cui ‘partire’. Spero di portare sul posto, appena possibile, Peppino, il pittore mio amico Carlo Fusca e, speriamo, Vittorio Sgarbi per dare un nome a questo sconosciuto ‘artista’. Peppino ha passato più tempo in sala operatoria che in qualsiasi altro posto, con migliaia di interventi al suo attivo di altissima chirurgia oncologica. Ha fama di diagnosta infallibile (imprimatur Gianvito Pugliese !) e tutte le volte che il suo sguardo bonario-scrutatore si pone su di noi, aspettiamo con ansia un giudizio di ‘assoluzione’. Ha il grande merito di farti sentire amico sempre e aspetta con pazienza il suo turno per esprimere concetti pacati ed equilibrati, in gioventù è stato arbitro di calcio e sono convinto abbia sempre agito nell’interesse dei giocatori e del pubblico, cosa oggi troppo soggetta a discutibili VARiazioni socio-ambientali. Sulla carta risulta nato il 24 agosto, ma io conoscendo le ‘usanze’ del luogo nativo, ritengo sia nato il 23 sera e, dal momento che da quelle parti, una vetusta leggenda, afferma che chi nasce di sera ‘aspetta e spera’, il genitore, con amore paterno, abbia preferito, agevolato dal fatto che noi siamo nati quasi tutti in casa, la data del 24. E’ un ‘leone’ a tutti gli effetti, con le qualità della ‘vergine’ e senza le spigolose suscettibilità di Michele P. e mie.
Collante del gruppo risulta essere padre Ciro C., ex priore della Basilica di San Nicola, dall’aspetto imponente, ma buono come il pane di San Severo, cittadina in cui è nato. Padre Ciro passerà allo storia come il priore che ha prestato alla Russia San Nicola, infatti nel 2017 per la prima volta una reliquia del Santo ha lasciato Bari, evento che la stampa internazionale ha definito storico. Non tutti hanno condiviso la magnanimità, dimenticando che era stata una solenne promessa fatta a Cuba, nel 2016, da Papa Francesco al Patriarca di Mosca. Io, che conosco bene padre Ciro, so che lui considera la frase di S. Benedetto: «La migliore preghiera e la più accetta a Dio è il lavoro» una giusta necessità e a questa ha sempre ispirato il suo cammino quotidiano non lesinando impegno, passione e LAVORO. Da segnalare che la predica di padre Ciro non necessita di microfono, la sua voce limpida e squillante raggiunge certo i cuori, ma anche i ‘timpani’ più pigri. Non ho mai chiesto a padre Ciro il ‘perché’ di quel nome inusuale, ma in una recente visita sul Gargano ho controllato l’elenco telefonico pensando fosse un caso isolato, ma a San Severo già alla lettera B i Ciro erano otto : attendo ‘illuminazioni’, non certo ‘fioretti’ spirituali.
Il settimo componente si chiama Michele M. (ha meritato una foto singola perché assente il giorno che Luigi ha messo il gruppo in posa) e lo scorso anno ha ricevuto il ‘Nicolino d’Oro’ perché il 9 settembre del 1943, ad appena 13 anni, ha compiuto, insieme a quattro coetanei, un atto eroico : servendosi di bombe a mano, da sopra la ‘Muraglia’ ha impedito a dei carri armati tedeschi di entrare nella città vecchia. Lui aspira ad una medaglia e, nei limiti delle mie modeste possibilità, sto vedendo se è possibile tramutare questo sogno in realtà. Ho scoperto che non vi è politico pugliese che non sia stato ‘avvicinato’ dal nostro amico, che, a dispetto di una età rispettabile, dimostra grinta di ‘primo pelo’.
Michele ha svolto il servizio militare in Marina con il privilegio e l’onore di essere imbarcato su l’Amerigo Vespucci - veliero a tre alberi, di cento metri, varato nel 1931 dai cantieri di Castellamare di Stabia (NORD ? SUD, SUD, SUD, NAPOLI !), in grado di raggiungere i 10 nodi di velocità -, mentre nella vita civile è stato macchinista delle Ferrovie dello Stato. Ci salutiamo da sempre perché lui occupa per ‘grazia ricevuta’ il primo banco della Basilica di San Nicola, inoltre mi ha tolto il primato di essere l’ultimo a ricevere la comunione: io lo facevo per ‘idiosincrasia’ nel fare la ‘fila’, lui per ‘voto’, per cui ora faccio….la ‘fila’ con il gruppo di amici. La sua singolare eleganza nel vestire, a volte eccentrica, ben si abbina con l’esuberanza del personaggio.
Chi scrive è nato il 6 agosto - un collaboratore di casa Levante mi spiegò che sono nato il sette agosto, ma mio padre per evitare ‘l’adagio 7 e 8 piglia da sotto’, optò per il 6-8, tanto è vero che il mio secondo nome è Gaetano e fino a quindici anni ho festeggiato il compleanno il giorno di San Gaetano (notoriamente il 7 agosto) e dopo quella data non ho più festeggiato…’compleanni’ - dimostrando fin dalla nascita equilibro, cosa che gli è stata attestata sia al Flacco da un preside ‘paziente’ che al Morea di Conversano da un preside ‘logroscino’ con un giudizio che con il senno di poi significava ‘nato vecchio’, la qualcosa, essendo già anziano, mi ha permesso di non invecchiare. «La vita non ha che un fascino vero : è il fascino del gioco» è una delle tante affermazioni di Baudelaire che non mi è mai piaciuta : non gioco per vincere ad ogni costo, ma, da un preciso avvenimento, evito con tutte le mie forze di perdere. Per i miei cari ho perso e perderò ancora, per me sono solo quel giovane-anziano che dimostra senno e rispetto per gli altri dopo oltre mezzo secolo di lavoro ‘pazzo’ e ‘appassionato’.
Il gruppo formato da Capotosto, Cavalli, Di Leo, Giordano, Mancini, Papa, Petruzzelli e Simonetti ha raggiunto il punto più alto dell’amicizia perché si è formato spontaneamente, per il semplice gusto di stare insieme. Nessuno sa niente delle gioie o dolori della famiglia dell’altro, ci siamo soli proposti di incontrarci secondo lo spirito di Pascal : «Non cercare di aggiungere più anni alla tua vita, meglio aggiungere più vita ai tuoi anni». Questo mi consente di chiedere indulgenza-assoluzione a Mario Cavalli, che ho amato, stimato, ‘combattuto’ in vita, perché non sempre in sintonia con i suoi tre credi : ’anche la polvere se ammucchiata, può diventare montagna’, ‘ chi ha sanità è ricco e non lo sa’ e ‘ il piede che cammina trova sempre qualche spina’. La montagna faticosamente elevata non si sta sfaldando o sbriciolando, ma siamo noi artefici che non siamo più in grado di scalarla (cresciuti nel principio a mani nude, ci riesce difficile, non solo per limiti anagrafici, far ricorso a espedienti per noi mai leciti ); la sanità è difficile da recuperare, dopo una vita dispendiosa per impegno di risorse fisiche; il piede è da troppo tempo ‘fermo’, per cui non avverte… spine.
Di una cosa siamo certi: questi 4+3 Amici andranno ad aggiungersi ai tanti di casa Levante che la nostra serietà-correttezza, che non significa capacità, ha messo insieme in questo lungo percorso per le strade del mondo; sì, certo proprio del mondo, perché non siamo stati solo al mondo, ma abbiamo cercato anche di…esplorarlo. Detto ciò Fëdor Dostoevskij: «Per essere un grande uomo bisogna resistere anche al buonsenso» e Ovidio: « Tu abbia favorevoli gli dei nei tuoi progetti»…in Livalca, al momento, latita il ‘buonsenso’, ma non possibili ‘progetti’.
Il gruppo è nato da una consuetudine: una riunione fissa la domenica mattina nella Basilica di San Nicola per la messa delle 7,30. Una presenza per me abituale era quella di Nicola (il più famoso Nicola di Bari, dopo il Santo patrono, da me conosciuto da tempo immemorabile; un medico in città noto come il professore, ma talentuoso giornalista di penna colta, autore di tante pubblicazioni di successo, di cui ricordo solo l’ultima «Abc beninvecchiamo così», Adda editore) con cui scambiavo affettuose impressioni prima della messa, dopo era più difficile perché io andavo via subito. Lo scorso anno Nicola era accompagnato, quasi sempre, da un distinto, cortese signore con cui ‘barattavo’ frasi di circostanza, fin quando un bel giorno Nicola mi ha inviato una mail dicendo che Luigi, questo il nome, era interessato a dei libri di Levante e… così ho conosciuto l’uomo che ha fatto dello studio dei dati e della loro rilevazione, elaborazione e classificazione una ragione di vita, anzi una professione presso la Facoltà di Economia dell’Ateneo barese. Nonostante sia pignolo e non ho detto pedante, puntiglioso e non ho detto cavilloso, perfezionista e non ho detto ‘…’ è, senza dubbio, il più simpatico del gruppo; a ciò ha contribuito il fatto che, per questioni professionali, ha potuto usufruire sempre di un datore di lavoro poco incline alla ‘produttività’, per cui, disponendo di tempo, lo ha impiegato curando in maniera sobria ma raffinata l’aspetto esteriore, compreso dei baffi di cui è gelosissimo ‘custode’. All’inizio quando ho parlato di Pascal ho pensato proprio a Luigi: la ‘pascaline’ la rudimentale macchina calcolatrice costruita dal francese è nelle corde del nostro amico, anzi ritengo che Luigi possa essere, anche, un imparziale giudice nel valutare l’opera di Pascal «Colloquio con il signor de Sacy» dove si confrontano lo stoicismo di Epitteto e lo scetticismo di Montaigne. Grazie a Luigi ho conosciuto Antonio, una sua ‘costola’ in senso affettuoso; un commercialista di poche parole, che interviene solo se informato sui fatti, molto schivo tanto è vero che, in chiesa, usa mettersi in disparte e io, per non lasciarlo solo, mi siedo vicino…anche se, il banco che occupa abitualmente, è scomodo per me, essendo molto ravvicinato. Per restare in tema Luigi-Pascal, Antonio è il Torricelli della situazione (la fama è inferiore a Galileo Galilei solo perché suo successore a Firenze), quel fisico che determinò la pressione atmosferica con il barometro ( dal greco bàros peso e mètron misura) al mercurio. Dalle gambe arcuate deduco che ha giocato al calcio, presumo un terzino senza infamia e lode, fedele esecutore delle disposizioni dell’allenatore di turno. Di Antonio mi ‘inquieta’ la freddezza, il disinteresse, l’apatia con cui si approccia alle situazioni: se tu gli comunichi che domani forse finirai in ospedale, lui non dice verrò a trovarti, ma, con realismo burocratico-commerciale, ti regala un ottimistico: ’speriamo di rivederci, alla tua uscita’. Sempre Luigi mi ha presentato Michele P., un primo dirigente del settore amministrativo dello Stato, amabile-gradevole ma con un neo, che per me è un pregio, che lo porta ad abusare della sua attitudine al comando e pretende attenzione e silenzio quando espone le sue condivisibili, quasi sempre con le dovute eccezioni, esternazioni.
Il pregio-difetto è che, come il sottoscritto, appartiene alla costellazione dello zodiaco denominata del ‘leone’ - lui è nato il 2 agosto, io il 6 e dobbiamo ancora decidere chi sia Regolo e chi Denebola, anche se per me, anagraficamente più capiente, il problema non sussiste ma Michele, che a mio parere bramava una carriera da attore o perlomeno sulla scena, ci tiene in ogni istante della giornata a porre in risalto che la sua bontà, generosità e lealtà sono fuori discussione e, nell’alta considerazione in cui pone ogni sua azione, dimentica che la giusta gratificazione non sempre possa essere scontata. Il rimedio? Sei mesi di lavoro in un ambiente privato, ma ritengo che dopo tre mesi - non è una certezza, ma una peregrina, arrogante intuizione ‘leonina’! - getterebbe la ‘spugna’, che per un ‘leone’ sarebbe come ammettere di avere ‘torto’. In questo gruppo è entrato poi in maniera del tutto naturale e spontanea un altro leone ‘privato’ della sua ‘corona’ - pazientate un poco e vi spiegherò la mia teoria non frutto di statistica, ma di un PAPAle sano ‘volo pindarico’ - ma famoso luminare della medicina : Peppino G. di mattina e Giuseppe G. di sera. Il chirurgo professore è nato in quella munifica Cerignola che lo considera sua quarta gloria dopo : Nicola Zingarelli, Giuseppe Di Vittorio, Giuseppe ( Pinuccio) Tatarella e Giuseppe G., ma mi piace precisare che la cittadina, distrutta nel 1731 da un terremoto, meriterebbe di essere famosa nel mondo per l’icona bizantina della ‘Madonna con Bambino in trono’, nota in ambito locale come ‘Madonna di Ripalta’. In sintesi si tratta di un dipinto su tela aperto su tavole in legno, al momento anonimo, del XIII secolo. Tanti particolari ci fanno capire che non sia il lavoro di un occasionale dilettante : i colori adoperati per i vestiti sono frutto di studio meditato e non affidati al caso, inoltre vi sono molti elementi del rito liturgico bizantino e la ‘cicatrice’ sul volto della Madonna potrebbe essere un ‘indizio’ da cui ‘partire’. Spero di portare sul posto, appena possibile, Peppino, il pittore mio amico Carlo Fusca e, speriamo, Vittorio Sgarbi per dare un nome a questo sconosciuto ‘artista’. Peppino ha passato più tempo in sala operatoria che in qualsiasi altro posto, con migliaia di interventi al suo attivo di altissima chirurgia oncologica. Ha fama di diagnosta infallibile (imprimatur Gianvito Pugliese !) e tutte le volte che il suo sguardo bonario-scrutatore si pone su di noi, aspettiamo con ansia un giudizio di ‘assoluzione’. Ha il grande merito di farti sentire amico sempre e aspetta con pazienza il suo turno per esprimere concetti pacati ed equilibrati, in gioventù è stato arbitro di calcio e sono convinto abbia sempre agito nell’interesse dei giocatori e del pubblico, cosa oggi troppo soggetta a discutibili VARiazioni socio-ambientali. Sulla carta risulta nato il 24 agosto, ma io conoscendo le ‘usanze’ del luogo nativo, ritengo sia nato il 23 sera e, dal momento che da quelle parti, una vetusta leggenda, afferma che chi nasce di sera ‘aspetta e spera’, il genitore, con amore paterno, abbia preferito, agevolato dal fatto che noi siamo nati quasi tutti in casa, la data del 24. E’ un ‘leone’ a tutti gli effetti, con le qualità della ‘vergine’ e senza le spigolose suscettibilità di Michele P. e mie.
Collante del gruppo risulta essere padre Ciro C., ex priore della Basilica di San Nicola, dall’aspetto imponente, ma buono come il pane di San Severo, cittadina in cui è nato. Padre Ciro passerà allo storia come il priore che ha prestato alla Russia San Nicola, infatti nel 2017 per la prima volta una reliquia del Santo ha lasciato Bari, evento che la stampa internazionale ha definito storico. Non tutti hanno condiviso la magnanimità, dimenticando che era stata una solenne promessa fatta a Cuba, nel 2016, da Papa Francesco al Patriarca di Mosca. Io, che conosco bene padre Ciro, so che lui considera la frase di S. Benedetto: «La migliore preghiera e la più accetta a Dio è il lavoro» una giusta necessità e a questa ha sempre ispirato il suo cammino quotidiano non lesinando impegno, passione e LAVORO. Da segnalare che la predica di padre Ciro non necessita di microfono, la sua voce limpida e squillante raggiunge certo i cuori, ma anche i ‘timpani’ più pigri. Non ho mai chiesto a padre Ciro il ‘perché’ di quel nome inusuale, ma in una recente visita sul Gargano ho controllato l’elenco telefonico pensando fosse un caso isolato, ma a San Severo già alla lettera B i Ciro erano otto : attendo ‘illuminazioni’, non certo ‘fioretti’ spirituali.
Il settimo componente si chiama Michele M. (ha meritato una foto singola perché assente il giorno che Luigi ha messo il gruppo in posa) e lo scorso anno ha ricevuto il ‘Nicolino d’Oro’ perché il 9 settembre del 1943, ad appena 13 anni, ha compiuto, insieme a quattro coetanei, un atto eroico : servendosi di bombe a mano, da sopra la ‘Muraglia’ ha impedito a dei carri armati tedeschi di entrare nella città vecchia. Lui aspira ad una medaglia e, nei limiti delle mie modeste possibilità, sto vedendo se è possibile tramutare questo sogno in realtà. Ho scoperto che non vi è politico pugliese che non sia stato ‘avvicinato’ dal nostro amico, che, a dispetto di una età rispettabile, dimostra grinta di ‘primo pelo’.
Michele ha svolto il servizio militare in Marina con il privilegio e l’onore di essere imbarcato su l’Amerigo Vespucci - veliero a tre alberi, di cento metri, varato nel 1931 dai cantieri di Castellamare di Stabia (NORD ? SUD, SUD, SUD, NAPOLI !), in grado di raggiungere i 10 nodi di velocità -, mentre nella vita civile è stato macchinista delle Ferrovie dello Stato. Ci salutiamo da sempre perché lui occupa per ‘grazia ricevuta’ il primo banco della Basilica di San Nicola, inoltre mi ha tolto il primato di essere l’ultimo a ricevere la comunione: io lo facevo per ‘idiosincrasia’ nel fare la ‘fila’, lui per ‘voto’, per cui ora faccio….la ‘fila’ con il gruppo di amici. La sua singolare eleganza nel vestire, a volte eccentrica, ben si abbina con l’esuberanza del personaggio.
Chi scrive è nato il 6 agosto - un collaboratore di casa Levante mi spiegò che sono nato il sette agosto, ma mio padre per evitare ‘l’adagio 7 e 8 piglia da sotto’, optò per il 6-8, tanto è vero che il mio secondo nome è Gaetano e fino a quindici anni ho festeggiato il compleanno il giorno di San Gaetano (notoriamente il 7 agosto) e dopo quella data non ho più festeggiato…’compleanni’ - dimostrando fin dalla nascita equilibro, cosa che gli è stata attestata sia al Flacco da un preside ‘paziente’ che al Morea di Conversano da un preside ‘logroscino’ con un giudizio che con il senno di poi significava ‘nato vecchio’, la qualcosa, essendo già anziano, mi ha permesso di non invecchiare. «La vita non ha che un fascino vero : è il fascino del gioco» è una delle tante affermazioni di Baudelaire che non mi è mai piaciuta : non gioco per vincere ad ogni costo, ma, da un preciso avvenimento, evito con tutte le mie forze di perdere. Per i miei cari ho perso e perderò ancora, per me sono solo quel giovane-anziano che dimostra senno e rispetto per gli altri dopo oltre mezzo secolo di lavoro ‘pazzo’ e ‘appassionato’.
Il gruppo formato da Capotosto, Cavalli, Di Leo, Giordano, Mancini, Papa, Petruzzelli e Simonetti ha raggiunto il punto più alto dell’amicizia perché si è formato spontaneamente, per il semplice gusto di stare insieme. Nessuno sa niente delle gioie o dolori della famiglia dell’altro, ci siamo soli proposti di incontrarci secondo lo spirito di Pascal : «Non cercare di aggiungere più anni alla tua vita, meglio aggiungere più vita ai tuoi anni». Questo mi consente di chiedere indulgenza-assoluzione a Mario Cavalli, che ho amato, stimato, ‘combattuto’ in vita, perché non sempre in sintonia con i suoi tre credi : ’anche la polvere se ammucchiata, può diventare montagna’, ‘ chi ha sanità è ricco e non lo sa’ e ‘ il piede che cammina trova sempre qualche spina’. La montagna faticosamente elevata non si sta sfaldando o sbriciolando, ma siamo noi artefici che non siamo più in grado di scalarla (cresciuti nel principio a mani nude, ci riesce difficile, non solo per limiti anagrafici, far ricorso a espedienti per noi mai leciti ); la sanità è difficile da recuperare, dopo una vita dispendiosa per impegno di risorse fisiche; il piede è da troppo tempo ‘fermo’, per cui non avverte… spine.
Di una cosa siamo certi: questi 4+3 Amici andranno ad aggiungersi ai tanti di casa Levante che la nostra serietà-correttezza, che non significa capacità, ha messo insieme in questo lungo percorso per le strade del mondo; sì, certo proprio del mondo, perché non siamo stati solo al mondo, ma abbiamo cercato anche di…esplorarlo. Detto ciò Fëdor Dostoevskij: «Per essere un grande uomo bisogna resistere anche al buonsenso» e Ovidio: « Tu abbia favorevoli gli dei nei tuoi progetti»…in Livalca, al momento, latita il ‘buonsenso’, ma non possibili ‘progetti’.