TARANTO - “Legambiente ritiene che anche in questo momento in cui i riflettori sono puntati in primo luogo sull’emergenza lavoro causata dal possibile venir meno di Arcelor Mittal nella gestione della ex Ilva sia profondamente sbagliato non considerare la salute un problema prioritario quanto quello del lavoro”. Comincia così il documento che Legambiente Taranto ha consegnato al premier Conte in occasione del suo arrivo a Taranto.
Per l’associazione una sequela di decreti non ha detto l'unica cosa sensata che andava stabilita fin dall’inizio: qual è la quantità di acciaio che si può produrre a Taranto senza creare danni inaccettabili per la salute dei suoi cittadini. Gli esiti dei recenti autorevoli studi condotti sulla situazione emissiva reale nel 2015 dell’ex Ilva, con una produzione di acciaio sostanzialmente pari a quella dell’anno in corso, che mostrano per Taranto un rischio sanitario fortemente diminuito rispetto al 2010, ma ancora non accettabile per i residenti nel quartiere Tamburi, confermano la necessità e l’urgenza di procedere ad una valutazione basata innanzitutto sugli attuali scenari emissivi.
Nel documento l’associazione richiama l’imprescindibile necessità, non negoziabile, che si dia corso al Riesame dell’A.I.A. disposto dal precedente Governo
“Legambiente ritiene che occorra stabilire prioritariamente ora, su basi scientifiche, sulla scorta di una Valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario, se e quanto si può produrre nello stato attuale degli impianti e quanto si potrà produrre a Piano ambientale realizzato. Sia che il gestore degli impianti sia ancora Arcelor Mittal, sia che siano i Commissari di Ilva in Amministrazione Straordinaria o chiunque altro ancora. Questa sarebbe la vera e unica immunità accettabile: nessuno che gestisca l'impianto correttamente potrebbe poi essere accusato di creare malattie e morti. Solo in questo ambito può essere meglio disciplinata la questione delle responsabilità nella conduzione degli impianti. Solo così si può affrontare in maniera seria la questione della produzione di acciaio in una città come Taranto, segnata da un pesante tributo di malattie e morti” si legge nel documento.
Legambiente ritiene che le capacità produttive autorizzate vadano commisurate agli esiti della VIIAS e se, come all’associazione appare probabile, si verificherà il permanere di rischi superiori agli standard sanitari, esse andranno ridotte predisponendo, contestualmente, strumenti utili - sia in termini di ammortizzatori sociali che per individuare alternative occupazionali - relativamente ai lavoratori che risultassero in esubero alla fine del confronto tra sindacati e azienda.
Nel documento l’associazione richiama la necessità di affrontare con urgenza il tema degli intollerabili ritardi accumulati sulle bonifiche -sia interne che esterne allo stabilimento siderurgico – e sul CIS, il Contratto Istituzionale di Sviluppo, propedeutici ad un possibile diverso sviluppo di Taranto, per cominciare a costruire una alternativa, anche parziale, alla grande industria, in tempi che risultino ragionevoli e non biblici.
“Come hanno impiegato finora i Commissari di Ilva in Amministrazione Straordinaria le ingenti risorse rivenienti dalla transazione con la famiglia Riva e destinate alla bonifica delle aree interne allo stabilimento? Che aspetta il Governo ad esigere un cronoprogramma dettagliato e cogente degli interventi da effettuare nei prossimi mesi ed anni?
Perché, a distanza di ormai 17 mesi dal bando, il Commissario alla bonifica di Taranto non procede agli affidamenti per i primi interventi di bonifica del Mar Piccolo attraverso la realizzazione degli interventi di risanamento ambientale e messa in sicurezza dei sedimenti? Sono passati 6 anni e 9 mesi dalla nomina del primo Commissario alla bonifica di Taranto e ancora dal Mar Piccolo sono stati a malapena raccolti una parte dei rifiuti depositati sui fondali.
La bonifica di un territorio stuprato da decenni di sversamenti di veleni, non solo del siderurgico, è un atto dovuto da uno Stato che non può dimenticare le sue responsabilità: cosa deve fare questa città per ricevere l’attenzione che le è dovuta per il sacrificio di tante vite umane che ha dovuto sopportare?” Queste le domande poste da Legambiente al premier Conte sul tema delle bonifiche.
E queste le considerazioni sul CIS: “Il cambio di governo ha cancellato l’impegno preso da tanti – allora - Ministri a tornare a Taranto a settembre con impegni precisi sul CIS. Oggi, superando i generici appelli a fare presto, va evitato il rischio di un nuovo blocco, di ulteriori mesi persi. Ma quanto ci vuole a creare davvero il polo museale dell’Arsenale? E quando si darà seguito alla promessa di una rinascita della Città Vecchia?”
“Da anni, di volta in volta, si evoca o si invoca un piano B, ma oggi il primo problema è avere un Piano A degno di questo nome, fondato su elementi certi e non sulle sabbie mobili, frutto di una strategia che tenga insieme modernizzazione, innovazione e diversificazione, idee e risorse, e concretamente coniughi lavoro, ambiente e salute” conclude Legambiente richiamando la necessità che questo piano parta dalla bonifica e dalla valorizzazione del territorio da un lato e, dall’altro, dalla introduzione di tecnologie innovative e impianti capaci di abbattere drasticamente le emissioni inquinanti dello stabilimento siderurgico tarantino costruendo le le condizioni affinché, in un futuro non troppo lontano la produzione di acciaio sia totalmente "decarbonizzata".
Per l’associazione una sequela di decreti non ha detto l'unica cosa sensata che andava stabilita fin dall’inizio: qual è la quantità di acciaio che si può produrre a Taranto senza creare danni inaccettabili per la salute dei suoi cittadini. Gli esiti dei recenti autorevoli studi condotti sulla situazione emissiva reale nel 2015 dell’ex Ilva, con una produzione di acciaio sostanzialmente pari a quella dell’anno in corso, che mostrano per Taranto un rischio sanitario fortemente diminuito rispetto al 2010, ma ancora non accettabile per i residenti nel quartiere Tamburi, confermano la necessità e l’urgenza di procedere ad una valutazione basata innanzitutto sugli attuali scenari emissivi.
Nel documento l’associazione richiama l’imprescindibile necessità, non negoziabile, che si dia corso al Riesame dell’A.I.A. disposto dal precedente Governo
“Legambiente ritiene che occorra stabilire prioritariamente ora, su basi scientifiche, sulla scorta di una Valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario, se e quanto si può produrre nello stato attuale degli impianti e quanto si potrà produrre a Piano ambientale realizzato. Sia che il gestore degli impianti sia ancora Arcelor Mittal, sia che siano i Commissari di Ilva in Amministrazione Straordinaria o chiunque altro ancora. Questa sarebbe la vera e unica immunità accettabile: nessuno che gestisca l'impianto correttamente potrebbe poi essere accusato di creare malattie e morti. Solo in questo ambito può essere meglio disciplinata la questione delle responsabilità nella conduzione degli impianti. Solo così si può affrontare in maniera seria la questione della produzione di acciaio in una città come Taranto, segnata da un pesante tributo di malattie e morti” si legge nel documento.
Legambiente ritiene che le capacità produttive autorizzate vadano commisurate agli esiti della VIIAS e se, come all’associazione appare probabile, si verificherà il permanere di rischi superiori agli standard sanitari, esse andranno ridotte predisponendo, contestualmente, strumenti utili - sia in termini di ammortizzatori sociali che per individuare alternative occupazionali - relativamente ai lavoratori che risultassero in esubero alla fine del confronto tra sindacati e azienda.
Nel documento l’associazione richiama la necessità di affrontare con urgenza il tema degli intollerabili ritardi accumulati sulle bonifiche -sia interne che esterne allo stabilimento siderurgico – e sul CIS, il Contratto Istituzionale di Sviluppo, propedeutici ad un possibile diverso sviluppo di Taranto, per cominciare a costruire una alternativa, anche parziale, alla grande industria, in tempi che risultino ragionevoli e non biblici.
“Come hanno impiegato finora i Commissari di Ilva in Amministrazione Straordinaria le ingenti risorse rivenienti dalla transazione con la famiglia Riva e destinate alla bonifica delle aree interne allo stabilimento? Che aspetta il Governo ad esigere un cronoprogramma dettagliato e cogente degli interventi da effettuare nei prossimi mesi ed anni?
Perché, a distanza di ormai 17 mesi dal bando, il Commissario alla bonifica di Taranto non procede agli affidamenti per i primi interventi di bonifica del Mar Piccolo attraverso la realizzazione degli interventi di risanamento ambientale e messa in sicurezza dei sedimenti? Sono passati 6 anni e 9 mesi dalla nomina del primo Commissario alla bonifica di Taranto e ancora dal Mar Piccolo sono stati a malapena raccolti una parte dei rifiuti depositati sui fondali.
La bonifica di un territorio stuprato da decenni di sversamenti di veleni, non solo del siderurgico, è un atto dovuto da uno Stato che non può dimenticare le sue responsabilità: cosa deve fare questa città per ricevere l’attenzione che le è dovuta per il sacrificio di tante vite umane che ha dovuto sopportare?” Queste le domande poste da Legambiente al premier Conte sul tema delle bonifiche.
E queste le considerazioni sul CIS: “Il cambio di governo ha cancellato l’impegno preso da tanti – allora - Ministri a tornare a Taranto a settembre con impegni precisi sul CIS. Oggi, superando i generici appelli a fare presto, va evitato il rischio di un nuovo blocco, di ulteriori mesi persi. Ma quanto ci vuole a creare davvero il polo museale dell’Arsenale? E quando si darà seguito alla promessa di una rinascita della Città Vecchia?”
“Da anni, di volta in volta, si evoca o si invoca un piano B, ma oggi il primo problema è avere un Piano A degno di questo nome, fondato su elementi certi e non sulle sabbie mobili, frutto di una strategia che tenga insieme modernizzazione, innovazione e diversificazione, idee e risorse, e concretamente coniughi lavoro, ambiente e salute” conclude Legambiente richiamando la necessità che questo piano parta dalla bonifica e dalla valorizzazione del territorio da un lato e, dall’altro, dalla introduzione di tecnologie innovative e impianti capaci di abbattere drasticamente le emissioni inquinanti dello stabilimento siderurgico tarantino costruendo le le condizioni affinché, in un futuro non troppo lontano la produzione di acciaio sia totalmente "decarbonizzata".