di FRANCESCO GRECO - VIENNA – Vedi alla voce “nanotecnologie” e scopri che è appena uscito un saggio, in inglese, edito da Cacucci di Bari (pp. 132, euro 15). L’autore è Giuseppe Calignano, è pugliese, è nato a Montesardo (Lecce) e ha conseguito il titolo di dottore di ricerca presso l’Università del Salento.
Attualmente è docente di Geografia Economica presso l’Università di Vienna, dove insegna vari corsi relativi allo sviluppo regionale e all’applicazione di una metodologia come la social network analysis negli studi geografici a sfondo economico.
Prima di trasferirsi nella capitale austriaca, Giuseppe è stato un Postdoctoral Research Fellow presso l’Università di Stavanger, in Norvegia, e visiting academic presso la London School of Economics.
I suoi articoli sono stati pubblicati su prestigiose riviste internazionali nel campo della geografia economica e delle scienze regionali come “Regional Studies” e “Annals of Regional Science”.
Nel volume intitolato "The Geography of Nanotechnology in Italy", Calignano tratta il tema della diffusione delle nanotecnologie in Italia a livello regionale (concentrandosi sulle disparità macro-regionali: nord-centro-sud) e analizza il posizionamento dell'Italia nella cosiddetta "corsa alle nanotecnologie" a livello globale.
Le nanotecnologie sono infatti considerate una delle "tecnologie abilitanti" che potranno garantire prosperità economica, sociale e ambientale negli anni futuri.
Il libro dello studioso salentino è uno dei primi in assoluto a trattare il tema della diffusione delle nanotecnologie su scala geografica in una maniera così sistematica e approfondita.
“The Geography of Nanotechnology in Italy” è stato pubblicato dalla prestigiosa casa editrice barese Cacucci, fondata nel 1929 e specializzata in pubblicazioni di tipo accademico (specialmente a carattere socioeconomico e giuridico).
Hanno pubblicato i loro libri o i loro contributi con Cacucci alcuni dei principali esponenti della vita politica ed intellettuale del nostro Paese, tra cui Aldo Moro, Gino Giugni, Aldo Amaduzzi (importantissimo studioso di economia aziendale), Franco Frattini e Giuseppe Conte.
Il volume è impreziosito dalla prefazione di Rune Dahl Fitjar, Professore di Studi sull’Innovazione e Prorettore presso l’Università di Stavanger (Norvegia), e dalla postfazione di Fabio Pollice, docente di Geografia Economico-Politica e Rettore dell’Università del Salento.
Attualmente è docente di Geografia Economica presso l’Università di Vienna, dove insegna vari corsi relativi allo sviluppo regionale e all’applicazione di una metodologia come la social network analysis negli studi geografici a sfondo economico.
Prima di trasferirsi nella capitale austriaca, Giuseppe è stato un Postdoctoral Research Fellow presso l’Università di Stavanger, in Norvegia, e visiting academic presso la London School of Economics.
I suoi articoli sono stati pubblicati su prestigiose riviste internazionali nel campo della geografia economica e delle scienze regionali come “Regional Studies” e “Annals of Regional Science”.
Nel volume intitolato "The Geography of Nanotechnology in Italy", Calignano tratta il tema della diffusione delle nanotecnologie in Italia a livello regionale (concentrandosi sulle disparità macro-regionali: nord-centro-sud) e analizza il posizionamento dell'Italia nella cosiddetta "corsa alle nanotecnologie" a livello globale.
Le nanotecnologie sono infatti considerate una delle "tecnologie abilitanti" che potranno garantire prosperità economica, sociale e ambientale negli anni futuri.
Il libro dello studioso salentino è uno dei primi in assoluto a trattare il tema della diffusione delle nanotecnologie su scala geografica in una maniera così sistematica e approfondita.
“The Geography of Nanotechnology in Italy” è stato pubblicato dalla prestigiosa casa editrice barese Cacucci, fondata nel 1929 e specializzata in pubblicazioni di tipo accademico (specialmente a carattere socioeconomico e giuridico).
Hanno pubblicato i loro libri o i loro contributi con Cacucci alcuni dei principali esponenti della vita politica ed intellettuale del nostro Paese, tra cui Aldo Moro, Gino Giugni, Aldo Amaduzzi (importantissimo studioso di economia aziendale), Franco Frattini e Giuseppe Conte.
Il volume è impreziosito dalla prefazione di Rune Dahl Fitjar, Professore di Studi sull’Innovazione e Prorettore presso l’Università di Stavanger (Norvegia), e dalla postfazione di Fabio Pollice, docente di Geografia Economico-Politica e Rettore dell’Università del Salento.
Domanda: Prof. Calignano, vogliamo spiegare alla gente della strada che cosa sono le nanotecnologie?
Risposta: "Quando parliamo di nanotecnologie facciamo riferimento a quel settore disciplinare che si rivolge allo studio, alla manipolazione e alle potenziali applicazioni della materia su scala infinitesimale, nell'ordine del nanometro (ossia un miliardesimo di metro).
Giusto per fornire un esempio preso dalla nostra realtà sensoriale, occorrono 50.000 nanometri per poter comporre un singolo capello umano".
D. Perché sono così importanti e lo saranno ancora di più in futuro?
R. "Le nanotecnologie rappresentano un campo di studi potenzialmente dirompente per via della moltitudine di settori industriali ad alto contenuto di conoscenza o più tradizionali in cui possono essere introdotte.
L’Unione Europea ha incluso le nanotecnologie nelle cosiddette “tecnologie abilitanti”, ossia quelle tecnologie che consentiranno ai vari Stati e alle rispettive aree regionali di affrontare le questioni ambientali e sociali più importanti (pensiamo all’emergenza climatica, ma anche al progressivo invecchiamento della popolazione) e di garantire, al contempo, una crescita sostenibile alle proprie economie.
Da geografo che indaga i fatti socioeconomici, le mie ricerche sono state motivate dalla necessità di comprendere quale fosse la diffusione spaziale delle nanotecnologie.
Ciò che ipotizzo negli articoli scientifici pubblicati sul tema e nel libro recentemente dato alle stampe da Cacucci è che le nanotecnologie possano essere utilizzate come un indicatore per misurare lo sviluppo regionale proprio in virtù delle potenziali applicazioni in molteplici settori industriali e campi disciplinari".
D. Che cos'è la "corsa alle nanotecnologie" in termini globali?
R. "Fu l’ex Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton a lanciare, nel 1997, in maniera non ufficiale, la cosiddetta “corsa alle nanotecnologie” attraverso un articolo pubblicato sulla rivista “Science”.
Da allora gli Stati Uniti e molti altri Paesi come il Giappone, la Corea del Sud e la Cina hanno investito massicciamente nelle nanotecnologie con l’obiettivo di primeggiare nel campo. Ciò è avvenuto per i motivi che abbiamo brevemente analizzato in precedenza".
D. Noi siamo in ritardo rispetto agli altri Stati?
R. "Non direi. In realtà, un po’ a sorpresa, ce la caviamo abbastanza bene. Gli investimenti in nanotecnologie in Italia sono piuttosto limitati. Ad esempio, nel nostro Paese investiamo circa 135 milioni di dollari all’anno in nanotecnologie (includendo gli stanziamenti nazionali ed europei).
Si tratta di una cifra modesta se paragonata agli investimenti effettuati negli Stati Uniti (2-3 miliardi di dollari, a cui si aggiungono 4-5 miliardi di investimenti privati), in Giappone (1 miliardo di dollari) e in Germania (il Paese leader in Europa, nel quale si investono 800 milioni di dollari all’anno).
A ciò bisogna aggiungere la debolezza del nostro Paese in materia di ricerca e sviluppo nel confronto con Paesi come la Francia e il Regno Unito, le cui economie sono paragonabili alla nostra in termini di dimensioni.
Malgrado ciò, le analisi statistiche che presento nel mio libro mostrano come l’Italia sia competitiva per ciò che concerne i brevetti e le pubblicazioni scientifiche nel settore delle nanotecnologie, così come nella crescita del numero di imprese che adottano soluzioni derivanti dalla ricerca su nanoscala.
I motivi che possono spiegare i buoni risultati del nostro Paese sono diversi, sebbene gli esperti del settore sembrano essere concordi su uno in particolare.
Alcuni ricercatori italiani di grande talento sono stati degli autentici pionieri nello studio delle nanotecnologie oltre vent’anni fa. Ciò ha permesso loro di affermarsi come studiosi di livello internazionale e dare origine a gruppi di lavoro altamente considerati all’interno della comunità scientifica, superando in tal modo le difficoltà create dall’assenza di un approccio sistemico allo sviluppo delle nanotecnologie a livello istituzionale e dalla penuria di risorse finanziarie.
Tutto bene, dunque? Non proprio. Ciò che mi preoccupa sono le disparità regionali. La diffusione delle nanotecnologie coinvolge quasi esclusivamente il Centro-Nord.
Purtroppo, anche in questo caso, e salvo rarissime eccezioni, dobbiamo registrare il notevole ritardo accumulato dalle regioni del Mezzogiorno".
Risposta: "Quando parliamo di nanotecnologie facciamo riferimento a quel settore disciplinare che si rivolge allo studio, alla manipolazione e alle potenziali applicazioni della materia su scala infinitesimale, nell'ordine del nanometro (ossia un miliardesimo di metro).
Giusto per fornire un esempio preso dalla nostra realtà sensoriale, occorrono 50.000 nanometri per poter comporre un singolo capello umano".
D. Perché sono così importanti e lo saranno ancora di più in futuro?
R. "Le nanotecnologie rappresentano un campo di studi potenzialmente dirompente per via della moltitudine di settori industriali ad alto contenuto di conoscenza o più tradizionali in cui possono essere introdotte.
L’Unione Europea ha incluso le nanotecnologie nelle cosiddette “tecnologie abilitanti”, ossia quelle tecnologie che consentiranno ai vari Stati e alle rispettive aree regionali di affrontare le questioni ambientali e sociali più importanti (pensiamo all’emergenza climatica, ma anche al progressivo invecchiamento della popolazione) e di garantire, al contempo, una crescita sostenibile alle proprie economie.
Da geografo che indaga i fatti socioeconomici, le mie ricerche sono state motivate dalla necessità di comprendere quale fosse la diffusione spaziale delle nanotecnologie.
Ciò che ipotizzo negli articoli scientifici pubblicati sul tema e nel libro recentemente dato alle stampe da Cacucci è che le nanotecnologie possano essere utilizzate come un indicatore per misurare lo sviluppo regionale proprio in virtù delle potenziali applicazioni in molteplici settori industriali e campi disciplinari".
D. Che cos'è la "corsa alle nanotecnologie" in termini globali?
R. "Fu l’ex Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton a lanciare, nel 1997, in maniera non ufficiale, la cosiddetta “corsa alle nanotecnologie” attraverso un articolo pubblicato sulla rivista “Science”.
Da allora gli Stati Uniti e molti altri Paesi come il Giappone, la Corea del Sud e la Cina hanno investito massicciamente nelle nanotecnologie con l’obiettivo di primeggiare nel campo. Ciò è avvenuto per i motivi che abbiamo brevemente analizzato in precedenza".
D. Noi siamo in ritardo rispetto agli altri Stati?
R. "Non direi. In realtà, un po’ a sorpresa, ce la caviamo abbastanza bene. Gli investimenti in nanotecnologie in Italia sono piuttosto limitati. Ad esempio, nel nostro Paese investiamo circa 135 milioni di dollari all’anno in nanotecnologie (includendo gli stanziamenti nazionali ed europei).
Si tratta di una cifra modesta se paragonata agli investimenti effettuati negli Stati Uniti (2-3 miliardi di dollari, a cui si aggiungono 4-5 miliardi di investimenti privati), in Giappone (1 miliardo di dollari) e in Germania (il Paese leader in Europa, nel quale si investono 800 milioni di dollari all’anno).
A ciò bisogna aggiungere la debolezza del nostro Paese in materia di ricerca e sviluppo nel confronto con Paesi come la Francia e il Regno Unito, le cui economie sono paragonabili alla nostra in termini di dimensioni.
Malgrado ciò, le analisi statistiche che presento nel mio libro mostrano come l’Italia sia competitiva per ciò che concerne i brevetti e le pubblicazioni scientifiche nel settore delle nanotecnologie, così come nella crescita del numero di imprese che adottano soluzioni derivanti dalla ricerca su nanoscala.
I motivi che possono spiegare i buoni risultati del nostro Paese sono diversi, sebbene gli esperti del settore sembrano essere concordi su uno in particolare.
Alcuni ricercatori italiani di grande talento sono stati degli autentici pionieri nello studio delle nanotecnologie oltre vent’anni fa. Ciò ha permesso loro di affermarsi come studiosi di livello internazionale e dare origine a gruppi di lavoro altamente considerati all’interno della comunità scientifica, superando in tal modo le difficoltà create dall’assenza di un approccio sistemico allo sviluppo delle nanotecnologie a livello istituzionale e dalla penuria di risorse finanziarie.
Tutto bene, dunque? Non proprio. Ciò che mi preoccupa sono le disparità regionali. La diffusione delle nanotecnologie coinvolge quasi esclusivamente il Centro-Nord.
Purtroppo, anche in questo caso, e salvo rarissime eccezioni, dobbiamo registrare il notevole ritardo accumulato dalle regioni del Mezzogiorno".