di VITTORIO POLITO - Oggi è d’attualità, in Italia, il problema dell’elevata evasione fiscale. L’evasione fiscale corrisponde al comportamento in violazione della legge nel campo delle imposte, delle tasse, dei contributi, all’obbligo tributario, mediante l’occultamento di imponibili e/o di imposta. Si tratta di una condotta attiva od omissiva posta in essere in violazione di norme tributarie. I danni derivanti dall’evasione fiscale sul sistema economico produce effetti diversi in relazione all’entità raggiunta dal fenomeno.
Tra gli strumenti di contrasto all’evasione fiscale è di grande aiuto l’applicazione della tracciabilità per le operazioni finanziarie, restringendo l’uso del contante e l’inasprimento delle sanzioni nei confronti di chi non rilascia fatture o scontrini.
Anche a Bari, nel 1635, ricorda Vito Antonio Melchiorre (1922-2010), era elevato il numero di coloro che evadevano il fisco ed allora il presidente della Regia Camera, Diego Bernardo Zufia, ritenne opportuno venire a rendersi conto della situazione. Dopo aver constatato le scarse entrate e la rilevante somma dei debiti che gravavano sul bilancio cittadino, proprio come oggi in Italia, delegò, il 16 maggio 1635, ad un probo e stimato gentiluomo barese, tale Antonio Carettone, di sovrintendere alla riscossione dei contributi e controllare strettamente l’operato del ragioniere comunale, al quale fu proibito di effettuare qualsiasi operazione contabile, senza l’assenso preventivo del delegato del presidente della Camera.
Dai controlli emergevano subito le principali cause dell’evasione, soprattutto nella concessione facile e diffusa delle franchigie “a diversi senza che li spettasse” e nella disonestà dei gabellieri, che tolleravano molte infrazioni, facendo diminuire paurosamente gli introiti a danno delle casse comunali. Fu pertanto disposta la compilazione di elenchi di nomi ai quali le franchigie spettavano di diritto: napoletani, soldati, addetti alle torri costiere, l’avvocato dell’Università e tanti altri, la cui agevolazione spettava come corrispettivo delle prestazioni lavorative. Un altro elenco fu predisposto per tutti coloro che dimostravano, con documenti da sottoporre al controllo dei sindaci e dell’avvocato, di averne diritto. Il presidente Zufia stabilì inoltre che ai membri del reggimento che trasgredivano tali norme, era imposta una multa di 25 once. Infine fu imposto “di far pagare 6 grana e mezzo di dazio per ogni soma di merce proveniente dalla terra di Modugno o di qualsiasi altro località vicina”. Non è dato sapere se i conti tornarono.
Tra gli strumenti di contrasto all’evasione fiscale è di grande aiuto l’applicazione della tracciabilità per le operazioni finanziarie, restringendo l’uso del contante e l’inasprimento delle sanzioni nei confronti di chi non rilascia fatture o scontrini.
Anche a Bari, nel 1635, ricorda Vito Antonio Melchiorre (1922-2010), era elevato il numero di coloro che evadevano il fisco ed allora il presidente della Regia Camera, Diego Bernardo Zufia, ritenne opportuno venire a rendersi conto della situazione. Dopo aver constatato le scarse entrate e la rilevante somma dei debiti che gravavano sul bilancio cittadino, proprio come oggi in Italia, delegò, il 16 maggio 1635, ad un probo e stimato gentiluomo barese, tale Antonio Carettone, di sovrintendere alla riscossione dei contributi e controllare strettamente l’operato del ragioniere comunale, al quale fu proibito di effettuare qualsiasi operazione contabile, senza l’assenso preventivo del delegato del presidente della Camera.
Dai controlli emergevano subito le principali cause dell’evasione, soprattutto nella concessione facile e diffusa delle franchigie “a diversi senza che li spettasse” e nella disonestà dei gabellieri, che tolleravano molte infrazioni, facendo diminuire paurosamente gli introiti a danno delle casse comunali. Fu pertanto disposta la compilazione di elenchi di nomi ai quali le franchigie spettavano di diritto: napoletani, soldati, addetti alle torri costiere, l’avvocato dell’Università e tanti altri, la cui agevolazione spettava come corrispettivo delle prestazioni lavorative. Un altro elenco fu predisposto per tutti coloro che dimostravano, con documenti da sottoporre al controllo dei sindaci e dell’avvocato, di averne diritto. Il presidente Zufia stabilì inoltre che ai membri del reggimento che trasgredivano tali norme, era imposta una multa di 25 once. Infine fu imposto “di far pagare 6 grana e mezzo di dazio per ogni soma di merce proveniente dalla terra di Modugno o di qualsiasi altro località vicina”. Non è dato sapere se i conti tornarono.
Tags
Bari