“C'eravamo tanto amati”, nel Novecento...


di VALTER CANNELLONI - Trent'anni di storia italiana nel ritratto di tre uomini legati da una profonda amicizia, sullo sfondo di una Roma passata dall'euforia della Liberazione al disincanto sociale dei primi Anni Settanta.

I tre sono stati partigiani insieme durante la Resistenza ma, dopo il 1945, si sono persi di vista. Antonio fa il portantino (“semplice”) all'ospedale San Camillo, dove incontra Luciana, un'affascinante ragazza con velleità di attrice, della quale si innamora perdutamente.

Gianni studia duramente per diventare avvocato, mentre Nicola, il terzo del trio, fa il professore di lettere in un liceo di Nocera Inferiore, sua città natale, dove vive con la moglie e il figlioletto.
 
I tre si incontrano di nuovo nel 1948, ai tempi del Fronte Popolare e delle elezioni decisive per il futuro dell'Italia. Gianni e Luciana si innamorano tra loro, ai danni di Antonio, al quale rivelano la relazione (Gianni dice ad Antonio: “Mi dispiace, perchè io perdo un amico”, e Antonio risponde: “Tu perdi una cosa, io ne perdo due”).

Ma il destino riserva al giovane avvocato altre strade: conosce infatti il “marchese” Romolo Catenacci, palazzinaro ignorante e corrotto, che ha messo insieme un'ingente fortuna sempre sul filo dei guai con la giustizia.

Il costruttore offre a Gianni la possibilità di diventare il legale unico di quell'impero di cemento, e Gianni non solo accetta, ma ne sposa la figlia Elide, ruspante e analfabeta, avendo due figli da lei.   

Luciana, disperata, dopo aver avuto una relazione fugace di due notti con il cerebrale Nicola (che nel frattempo ha abbandonato a Nocera Inferiore la moglie e il figlio per trasferirsi a Roma in cerca di gloria letteraria) tenta il suicidio impasticcandosi e Gianni, che pure è ancora innamorato di lei, non si presenta neanche alla pensioncina per artisti nella quale Luciana vive e dove ha tentato il gesto disperato.

Passano gli anni: Nicola, grande esperto di cinema, partecipa in qualità di concorrente a “Lascia o raddoppia” di Mike Bongiorno ma, per il suo idealismo esasperato, rinuncia a una fortuna e fa causa alla Rai sentendosi vittima di un'ingiustizia.   

Antonio e Luciana, dopo cinque anni, si incontrano per causa sul set de “La dolce vita” di Fellini, dove la donna interpreta una particina. Gianni è riuscito a “acculturare” Elide che, però, adesso capisce che quel marito cinico e opportunista non l'ama veramente e non comunica affettivamente con lei.

Per amore del consorte, la donna si suicida schiantandosi a folle velocità con la sua Spider rossa: in un bellissimo, immaginario colloquio con Gianni, la defunta Elide rinfaccia al marito tutte le sue colpe, ma non riesce a suscitare in lui il benchè minimo rimorso di coscienza.

Il finale del film è altamente significativo: Antonio incontra Gianni a Piazza del Popolo, e lo scambia per un posteggiatore abusivo, invitandolo a una rimpatriata con Nicola, che nel frattempo è diventato un noto (ma malpagato) critico cinematografico.
 
Dopo aver ricordato i bei tempi, Antonio riserva una sorpresa ai due amici: fa loro incontrare Luciana che, nel frattempo, è diventata sua moglie.

Nella concitazione della serata, Gianni e Nicola si scambiano la patente per mero errore, e la mattina seguente Antonio, Nicola e Luciana si presentano all'indirizzo indicato sul documento per restituirglielo. Capiranno finalmente, dalla villa faraonica con piscina nella quale Gianni sta facendo un tuffo, che il loro amico è ricchissimo. Antonio commenta: “Poraccio, metaforicamente parlando, ha fatto proprio una brutta fine”.

L'opera, che avrebbe dovuto intitolarsi “Un'avventura italiana”, è stata dedicata dal regista Ettore Scola a Vittorio De Sica, scomparso durante la lavorazione.
 
Film che si snoda su tre livelli di narrazione: c'è il piano storico-politico, con Antonio, Gianni e Nicola che interpretano tre modi diversi di rappresentare la realtà della Sinistra italiana nel trentennio 1944-1974.

Antonio è il compagno ortodosso, fedele al Partito Comunista, Nicola è l'intellettuale disorganico a esso, che è “oltre” ma che con il suo narcisismo esasperato rischia di rinchiudersi in una eburnea torre d'avorio, Gianni è l'Uomo di Sinistra che scende a miserabili compromessi con la vita tradendo le proprie convinzioni morali e politiche.
 
La pellicola è dunque una clamorosa requisitoria sul difficile connubio tra Ideale e Realtà e sul complicato tentativo di mantenersi “puri” nella propria esistenza. Accanto a questo primo livello di lettura dell'opera, ce n'è un secondo altrettanto significativo: l'interrogazione sul ruolo del cinema italiano dopo la Liberazione.   

Interrogazione che non è fine a se stessa, ma è invece una componente profondamente connessa al fondo culturale dei tre personaggi.
 
De Sica, Fellini e Antonioni troneggiano in questo pamphlet cinefilo, esprimendo il ruolo fondamentale del cinema nella società italiana.
 
E c'è infine il piano sentimentale di “C'eravamo tanto amati”, con Luciana che impersona la Musa ispiratrice dei tre uomini: Gianni, il corrotto Gianni, ne rimane innamorato per tutta la vita, anchese ha sposato l'ignorante e infelice Elide.   
 
Interpretato dai grandi Nino Manfredi (Antonio), Vittorio Gassmann (Gianni), dal mai abbastanza compianto Stefano Satta Flores (Nicola) e dall'incantevole Stefania Sandrelli (l'eterea e “botticelliana” Luciana), il film si avvale di due grandi attori di contorno come Aldo Fabrizi (il “marchese” Romolo Catenacci) e la splendida Giovanna Ralli, una stupenda e commovente Elide, moglie di quel marito che mostra tutta la sua indifferenza e che, sotto sotto, forse la disprezza.

Commossa e acuta riflessione sul tema dei “perdenti” della Storia, il film delinea una caparbia speranza in un avvenire migliore, veramente giusto e umano: c'eravamo tanto amati, è vero, ma forse, un domani, potremo amarci di più e meglio...

Regia: Ettore Scola, sceneggiatura Age, Scarpelli ed Ettore Scola, fotografia Claudio Cirillo, musica Armando Trovajoli, interpreti: Nino Manfredi, Vittorio Gassmann, Stefano Satta Flores, Stefania Sandrelli, Giovanna Ralli, Aldo Fabrizi.
Produzione Italia 1974.
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