di VITTORIO POLITO - Nel centro storico di Bari, nei pressi della Chiesa del Gesù e precisamente in Strada Gesuiti, insiste un portone detto di jisse e trase (esci ed entra). Il nome deriva dal fatto che il portone non immette nell’androne ma in un piccolo atrio, nel quale convergono alcune strade confinanti (Amendoni e Zonnelli).
Lo strano nome deriva da una vicenda settecentesca, quando i fratelli Zeuli acquistarono da tal Cagiani il piccolo atrio tra la loro casa e quella di fronte, vicino ad un pozzo, esistente tutt’oggi. Essi chiusero lo spazio che era stato di pubblico passaggio, trasformandolo in un cortile privato, ove era possibile entrare solo attraverso detto portone. Qualcuno fece ricorso al Comune, che ordinò il ripristino della strada, ma la questione finì dinanzi al Tribunale di Napoli.
Nel 1779, furono incaricati quattro decurioni dall’amministrazione comunale, nel tentativo di porre fine alla diatriba, i quali proposero agli Zeuli un accordo che prevedeva la costruzione a spese di questi, di una strada carrozzabile e trainabile in sostituzione dell’altra abusivamente chiusa, entro il termine di dieci anni dalla stipula dell’intesa. Nel frattempo si sarebbe continuato a transitare per la strada chiusa rispettando alcune regole relative alle ore di apertura.
I fratelli Zeuli, non accettarono l’accordo e la causa perdurò per altri tre anni, ma stanchi del resistere della contesa, proposero di chiudere la questione, impegnandosi a permettere il passaggio dalla strada Gesuiti alla strada Zonnelli, sia alle carrozze che ai pedoni, escludendo battaglioni, funerali, processioni, cavalcature, calessi e vetture, dall’alba all’imbrunire, con chiusura notturna.
La transazione fu finalmente firmata e rispettata, a condizione che in tempo di vendemmia, fosse consentito anche il passaggio dei traini che trasportavano il mosto.
La vicenda è raccontata da Vito Antonio Melchiorre (1922-2010), nel suo libro “Bari Vecchia” (Adda editore).
Lo strano nome deriva da una vicenda settecentesca, quando i fratelli Zeuli acquistarono da tal Cagiani il piccolo atrio tra la loro casa e quella di fronte, vicino ad un pozzo, esistente tutt’oggi. Essi chiusero lo spazio che era stato di pubblico passaggio, trasformandolo in un cortile privato, ove era possibile entrare solo attraverso detto portone. Qualcuno fece ricorso al Comune, che ordinò il ripristino della strada, ma la questione finì dinanzi al Tribunale di Napoli.
Nel 1779, furono incaricati quattro decurioni dall’amministrazione comunale, nel tentativo di porre fine alla diatriba, i quali proposero agli Zeuli un accordo che prevedeva la costruzione a spese di questi, di una strada carrozzabile e trainabile in sostituzione dell’altra abusivamente chiusa, entro il termine di dieci anni dalla stipula dell’intesa. Nel frattempo si sarebbe continuato a transitare per la strada chiusa rispettando alcune regole relative alle ore di apertura.
I fratelli Zeuli, non accettarono l’accordo e la causa perdurò per altri tre anni, ma stanchi del resistere della contesa, proposero di chiudere la questione, impegnandosi a permettere il passaggio dalla strada Gesuiti alla strada Zonnelli, sia alle carrozze che ai pedoni, escludendo battaglioni, funerali, processioni, cavalcature, calessi e vetture, dall’alba all’imbrunire, con chiusura notturna.
La transazione fu finalmente firmata e rispettata, a condizione che in tempo di vendemmia, fosse consentito anche il passaggio dei traini che trasportavano il mosto.
La vicenda è raccontata da Vito Antonio Melchiorre (1922-2010), nel suo libro “Bari Vecchia” (Adda editore).