di VITTORIO POLITO - Oggi si festeggia Sant’Antonio Abate, per i baresi ‘Sand’Andè’ che, a soli vent’anni, abbandonò ogni cosa per seguire il consiglio di Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’ vendi ciò che hai…», rifugiandosi in una zona deserta dell’Egitto tra antiche tombe abbandonate e successivamente sulle rive del Mar Rosso, dove visse per ottant’anni da eremita.
A lui è associato il bastone a T, tau, 19ª lettera dell’alfabeto greco, e un maiale. Cosa c’entra il maiale, che per i cristiani era simbolo del male? Secondo gli studiosi all’inizio si trattava di un cinghiale, attributo del dio celtico Lug, dio del gioco e della divinazione, venerato in Gallia a cui erano consacrati cinghiali e maiali. Gli stessi sacerdoti venivano chiamati “Grandi Cinghiali Bianchi”, mentre il dio Lug regnava anche sugli inferi. L’emblema del cinghiale appariva anche sugli stendardi e sugli elmi dei celti. In realtà il maiale rappresenta simbolicamente il maligno e le seduzioni che i piaceri della carne provocano.
Nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie cominciarono un lungo viaggiare nel tempo, da Alessandria a Costantinopoli, fino in Francia nell’XI secolo a Motte-Saint-Didier, dove fu costruita una chiesa in suo onore.
In questo luogo, per venerarne le reliquie, affluivano folle di malati, soprattutto di ergotismo canceroso, causato dall’avvelenamento di un fungo presente nella segala, usata all’epoca per fare il pane.
Le leggende a carattere popolare vogliono Sant’Antonio Abate in lotta con il demonio, ovvero con il male, con le passioni umane, con il fuoco eterno. Il Santo divenne così il padrone del fuoco, custode dell’inferno, e per tali prerogative, guaritore dell’herpes zoster, una patologia detta “fuoco di Sant’Antonio”. I monaci Antoniani, infatti, consigliavano di «implorare il patrocinio del Santo e di cospargere le parti malate con il vino nel quale erano state immerse le sacre reliquie». In epoche successive si adoperò il grasso di maiale che, posto sull’immaginetta del Santo, veniva portato dai monaci all’ammalato e usato per guarire le ferite del “fuoco sacro”. In questo modo era completa la figura di Sant’Antonio abate, padrone del fuoco, vittorioso sulle tentazioni del demonio, del male e protettore del maiale.
L’allevamento del maiale era svolto per conto dei monaci, gratuitamente e per devozione dei contadini i quali, ad opera compiuta ricevevano protezione per se stessi e per i lavori da effettuare durante il ciclo annuale di produzione. Il maiale in questo modo era “sacralizzato” e perdeva la sua connotazione demoniaca, dal momento che diventava il tramite più vicino perché le masse contadine ottenessero rassicurazione e promesse di fecondità e fertilità.
L’iconografia rappresenta il Santo con il bastone tipico degli eremiti, un maiale ai piedi, a simboleggiare il demonio, un campanello e la fiamma. E, proprio a causa del simbolo del maiale, Sant’Antonio divenne in breve il protettore degli animali domestici, mentre la fiamma ricorda la sua capacità di guaritore dell’ergotismo.
Fu così che Sant’Antonio Abate divenne il protettore degli animali ed una testimonianza di festeggiamento romano ce l’ha lasciata il poeta tedesco Goethe, che in un suo diario parla del 17 gennaio 1787, giorno sereno e tiepido dopo una notte che aveva gelato, nel quale poté assistere alla consacrazione degli animali domestici, con cavalli e muli infiocchettati e benedetti con copiose aspersioni d’acqua santa.
Oggi ricorre anche la Giornata Nazionale del Dialetto e numerose manifestazioni vengono svolte in tutta Italia. A Bari per iniziativa dell’Assessorato alle Politiche Culturali e Turismo del Comune con la collaborazione di Vito Signorile, direttore artistico del Teatro Abeliano e Coordinatore delle Associazioni che confluiscono per “oMaggio a Bari”, sono state predisposte alcune manifestazioni che si svolgeranno nel Salone della Polizia Municipale di Bari (Via Aquilino, 3 - Rione Japigia) secondo il seguente programma:
Ore 10-12 Autorità e studenti celebreranno la Festa del Dialetto;
Ore 18-20 Poeti ed artisti si esibiranno in performance che vedrà protagonista il dialetto.
A lui è associato il bastone a T, tau, 19ª lettera dell’alfabeto greco, e un maiale. Cosa c’entra il maiale, che per i cristiani era simbolo del male? Secondo gli studiosi all’inizio si trattava di un cinghiale, attributo del dio celtico Lug, dio del gioco e della divinazione, venerato in Gallia a cui erano consacrati cinghiali e maiali. Gli stessi sacerdoti venivano chiamati “Grandi Cinghiali Bianchi”, mentre il dio Lug regnava anche sugli inferi. L’emblema del cinghiale appariva anche sugli stendardi e sugli elmi dei celti. In realtà il maiale rappresenta simbolicamente il maligno e le seduzioni che i piaceri della carne provocano.
Nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie cominciarono un lungo viaggiare nel tempo, da Alessandria a Costantinopoli, fino in Francia nell’XI secolo a Motte-Saint-Didier, dove fu costruita una chiesa in suo onore.
In questo luogo, per venerarne le reliquie, affluivano folle di malati, soprattutto di ergotismo canceroso, causato dall’avvelenamento di un fungo presente nella segala, usata all’epoca per fare il pane.
Le leggende a carattere popolare vogliono Sant’Antonio Abate in lotta con il demonio, ovvero con il male, con le passioni umane, con il fuoco eterno. Il Santo divenne così il padrone del fuoco, custode dell’inferno, e per tali prerogative, guaritore dell’herpes zoster, una patologia detta “fuoco di Sant’Antonio”. I monaci Antoniani, infatti, consigliavano di «implorare il patrocinio del Santo e di cospargere le parti malate con il vino nel quale erano state immerse le sacre reliquie». In epoche successive si adoperò il grasso di maiale che, posto sull’immaginetta del Santo, veniva portato dai monaci all’ammalato e usato per guarire le ferite del “fuoco sacro”. In questo modo era completa la figura di Sant’Antonio abate, padrone del fuoco, vittorioso sulle tentazioni del demonio, del male e protettore del maiale.
L’allevamento del maiale era svolto per conto dei monaci, gratuitamente e per devozione dei contadini i quali, ad opera compiuta ricevevano protezione per se stessi e per i lavori da effettuare durante il ciclo annuale di produzione. Il maiale in questo modo era “sacralizzato” e perdeva la sua connotazione demoniaca, dal momento che diventava il tramite più vicino perché le masse contadine ottenessero rassicurazione e promesse di fecondità e fertilità.
L’iconografia rappresenta il Santo con il bastone tipico degli eremiti, un maiale ai piedi, a simboleggiare il demonio, un campanello e la fiamma. E, proprio a causa del simbolo del maiale, Sant’Antonio divenne in breve il protettore degli animali domestici, mentre la fiamma ricorda la sua capacità di guaritore dell’ergotismo.
Fu così che Sant’Antonio Abate divenne il protettore degli animali ed una testimonianza di festeggiamento romano ce l’ha lasciata il poeta tedesco Goethe, che in un suo diario parla del 17 gennaio 1787, giorno sereno e tiepido dopo una notte che aveva gelato, nel quale poté assistere alla consacrazione degli animali domestici, con cavalli e muli infiocchettati e benedetti con copiose aspersioni d’acqua santa.
Oggi ricorre anche la Giornata Nazionale del Dialetto e numerose manifestazioni vengono svolte in tutta Italia. A Bari per iniziativa dell’Assessorato alle Politiche Culturali e Turismo del Comune con la collaborazione di Vito Signorile, direttore artistico del Teatro Abeliano e Coordinatore delle Associazioni che confluiscono per “oMaggio a Bari”, sono state predisposte alcune manifestazioni che si svolgeranno nel Salone della Polizia Municipale di Bari (Via Aquilino, 3 - Rione Japigia) secondo il seguente programma:
Ore 10-12 Autorità e studenti celebreranno la Festa del Dialetto;
Ore 18-20 Poeti ed artisti si esibiranno in performance che vedrà protagonista il dialetto.