di VITTORIO POLITO - Dopo le superstizioni dei marinai e quelle degli oggetti, oggi tocca agli animali. Mi riferisco al valore simbolico attribuito a certi animali dall’uomo, con maggiore o minore autorità nell’ambito delle religioni o della mitologia per cui anche l’animale entra di prepotenza nella vasta area delle superstizioni. Tenterò di identificare in alcuni di essi qualche significato utile per meglio comprendere le “colpe” attribuite a questi animali.
Una barbara tradizione sostiene che le allodole tenute in gabbia avrebbero cantato meglio se accecate. Da qui si è consolidato il mistero che circonda questi docili uccelli. Ascoltare il loro canto appena svegli sarebbe di buon auspicio. Leonardo Da Vinci, invece, sosteneva che se un allodola si ferma al capezzale di un ammalato è possibile conoscere le sorti dell’infermo, osservando i movimenti dell’animale: se guarda l’ammalato la guarigione è assicurata, se invece lo ignora la fine è vicinissima.
In molti paesi veder volare una civetta o ascoltare il suo canto è un cattivo presagio. Molto probabilmente le credenze che circondano questo volatile sono da ricercare nelle sue abitudini notturne.
In Germania, quando nasce un bambino, ci si augura di non sentire l’inquieto verso, perché in quel caso la vita del nascituro sarebbe infelice. Ma va anche ricordato che la civetta era sacra per Athena, la dea greca delle arti e delle scienze, anche perché l’animale era considerato protettore della città. Ma, ben presto, con altri uccelli come il gufo e il barbagianni, l’aura positiva diventò quella nefasta e malvagia che l’avrebbe accompagnata fino al presente.
Fin dal passato più antico, il corvo è stato considerato un animale nefasto, annunciatore di morte e di sciagure. Associato alla stregoneria, si diceva fosse in grado di predire il futuro e quindi utilizzato da streghe e stregoni per le loro pratiche di magia nera. Il suo verso è considerato annuncio di morte. In genere la vista di questo animale è considerata negativa e terribile, probabilmente per il suo colore nero, emblematicamente connesso alla morte e al mistero. Per corvo si intende anche l’attività esecrabile di un calunniatore, dell’autore di diffamazioni anonime, provocata dal sentimento detestabile e corrosivo dell’invidia, come ricorda Vito Lozito nel suo libro “Il Corvo” (Levante Editori). Il cosiddetto corvo mette in pericolo la libertà del cittadino innocente e l’onorabilità della persona, diritti fondamentali dell’uomo.
Anche il gatto entra di prepotenza fra gli animali da tener d’occhio, sempre circondato da un’aria di mistero ma anche perché distaccato e individualista. La sua agilità, il suo rapido apparire e sparire come per magia, la sua capacità di vedere al buio sono caratteristiche che hanno contribuito a caratterizzare il gatto con toni spesso soprannaturali. Notissima la superstizione che considera un annuncio di disgrazia un gatto nero che attraversa la strada. Questa credenza è viva in molti paesi, mentre negli Stati Uniti è considerato un segno positivo essere seguiti da un gatto nero. Sta di fatto che in molte località si crede che streghe e stregoni hanno la possibilità di trasformarsi in gatti neri, e sotto quelle spoglie, compiere malefatte.
Anche il cuculo è circondato da molte superstizioni, essendo un uccello che si fa vedere raramente. In alcuni paesi anglosassoni si crede che udire il suo verso all’inizio di aprile è sintomo di carestia e quindi di miseria. Se invece l’uccello si udirà alla fine di aprile ci sarà benessere. In alcuni paesi è diffusa la credenza che dal numero dei versi dell’uccello si può calcolare il numero degli anni che separa dal matrimonio.
Ed anche l’affascinante farfalla è da tener d’occhio in relazione ai morti. Si ritiene che le farfalle siano le anime dei morti, quindi bisogna trattarle bene. Anche le falene sono temute poiché ricordano la figura del teschio, sempre secondo le credenze.
Altri animali da tener d’occhio sono il maiale, collegato alla sporcizia e, in senso figurato, evidenzia la passione per le cose peggiori, il topo, forse per il suo collegamento con la peste, e il pipistrello, animale del mistero per eccellenza, collegato a tutto quello che rappresenta oscurità e arcano.
Emanuele Battista, poeta e commediografo barese, non si è lasciato sfuggire l’occasione, per comporre una poesia relativa alla superstizione.
Una barbara tradizione sostiene che le allodole tenute in gabbia avrebbero cantato meglio se accecate. Da qui si è consolidato il mistero che circonda questi docili uccelli. Ascoltare il loro canto appena svegli sarebbe di buon auspicio. Leonardo Da Vinci, invece, sosteneva che se un allodola si ferma al capezzale di un ammalato è possibile conoscere le sorti dell’infermo, osservando i movimenti dell’animale: se guarda l’ammalato la guarigione è assicurata, se invece lo ignora la fine è vicinissima.
In molti paesi veder volare una civetta o ascoltare il suo canto è un cattivo presagio. Molto probabilmente le credenze che circondano questo volatile sono da ricercare nelle sue abitudini notturne.
In Germania, quando nasce un bambino, ci si augura di non sentire l’inquieto verso, perché in quel caso la vita del nascituro sarebbe infelice. Ma va anche ricordato che la civetta era sacra per Athena, la dea greca delle arti e delle scienze, anche perché l’animale era considerato protettore della città. Ma, ben presto, con altri uccelli come il gufo e il barbagianni, l’aura positiva diventò quella nefasta e malvagia che l’avrebbe accompagnata fino al presente.
Fin dal passato più antico, il corvo è stato considerato un animale nefasto, annunciatore di morte e di sciagure. Associato alla stregoneria, si diceva fosse in grado di predire il futuro e quindi utilizzato da streghe e stregoni per le loro pratiche di magia nera. Il suo verso è considerato annuncio di morte. In genere la vista di questo animale è considerata negativa e terribile, probabilmente per il suo colore nero, emblematicamente connesso alla morte e al mistero. Per corvo si intende anche l’attività esecrabile di un calunniatore, dell’autore di diffamazioni anonime, provocata dal sentimento detestabile e corrosivo dell’invidia, come ricorda Vito Lozito nel suo libro “Il Corvo” (Levante Editori). Il cosiddetto corvo mette in pericolo la libertà del cittadino innocente e l’onorabilità della persona, diritti fondamentali dell’uomo.
Anche il cuculo è circondato da molte superstizioni, essendo un uccello che si fa vedere raramente. In alcuni paesi anglosassoni si crede che udire il suo verso all’inizio di aprile è sintomo di carestia e quindi di miseria. Se invece l’uccello si udirà alla fine di aprile ci sarà benessere. In alcuni paesi è diffusa la credenza che dal numero dei versi dell’uccello si può calcolare il numero degli anni che separa dal matrimonio.
Ed anche l’affascinante farfalla è da tener d’occhio in relazione ai morti. Si ritiene che le farfalle siano le anime dei morti, quindi bisogna trattarle bene. Anche le falene sono temute poiché ricordano la figura del teschio, sempre secondo le credenze.
Altri animali da tener d’occhio sono il maiale, collegato alla sporcizia e, in senso figurato, evidenzia la passione per le cose peggiori, il topo, forse per il suo collegamento con la peste, e il pipistrello, animale del mistero per eccellenza, collegato a tutto quello che rappresenta oscurità e arcano.
Emanuele Battista, poeta e commediografo barese, non si è lasciato sfuggire l’occasione, per comporre una poesia relativa alla superstizione.
U destìne
di Emanuele Battista
O ragionìire Franghe Di Mòneche
u chiamàvene : “iè schemmòneche”.
N'omne assa’ supersteziùse,
ca pe nudde addevendàve nervùse.
Ce passàve da nanze na gatta gnore,
se meseràve la frève ogne do iore.
Ce acchiàve na ciùmma fèmmene
la gastemàve e s’aggeràve de sckène.
O ciumme mascue, ’mbèsce nge fescève drète,
pe teccuànge la cascetèdde ‘nzegrète.
Ce avèva nemmenà u diggesètte a ’ngualchedùne,
nge decève sìddece chiù iune.
No nze facève ma’ meserà l’aldèzze
pe pavùre de ièsse fatte u tavùte sèzze-sèzze.
Ce a la tàuue s’assedèvene trìddece crestiàne
S’alzàve desciùne e se ne scève a chiane a chiane.
U cappìdde sop’o litte ma’ u mettève,
decève ca la malanòve sùbbete venève.
Ce la notte se sennàve la cadùte de le dinde,
la matìne ’mbrime avvesàve tutte le parìnde.
Nu cuèrne russe jìnd'a la palde sèmme pertàve
e ogne dèsce passe che la mane u-accarezzàve.
Ogne dì lescève l’oròschepe a la matìne,
che nu pacche de sale sott'o tauìne.
Ce ’nguàlche cose ca stève a fa’ no nge quadràve,
"iè schemmòneche" sùbbete gredàve.
E ce iève ’nguàlche ialde ca ng'u decève,
’mbrìme-’mbrìme nge credève.
Na sère, na zìnghere, nge lescì la mane,
e nge mettì la cacàzze chedda reffiàne.
“Crà, a da fa’ attenziòne, ragionìire,
a le cavàdde e le checchìire”.
Franghìne, la di a doppe se mettì ammalàte
e s’asseddì a la boldròne tutt’ assestemàte.
’Mbacc’o mure stève nu quadre,
nu trajìne che le cavàdde e le quandre.
A buène a buène u quadre se staccò
e dritte dritte ’ngape a Franghìne azzeppò.
La chernìsce pesànde e d’attòne
de ponde nge spaccò u fermendòne.
E achsì, Franghìne, sènze ca se n'avvertì,
sott’o trajìne e le cavàdde merì.
Da “Bari, amore e… poesia” di E. Battista (Levante Editori, Bari). Rivista dall’autore nel giugno 2009.