LECCE - Il 2019 si chiude con un totale di 1 milione e 300 mila ore di cassa integrazione autorizzate nella provincia di Lecce, in lieve calo – appena il 12% in meno - rispetto al 2018. Massiccia è stata la richiesta di cig straordinaria che, con oltre 447mila ore autorizzate nell’anno, ha registrato un incremento del +40%, da cui deriva un segnale di persistente difficoltà di molte aziende salentine. Oltre 850mila sono state invece le ore richieste per la gestione ordinaria, circa il 10 % in meno rispetto al 2018. È quanto emerge dal XII rapporto elaborato dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della Uil nazionale sulla base dei dati Inps.
Tra i principali settori produttivi, a livello regionale solo l’industria ha registrato un aumento di richieste rispetto al 2018 del +69%, mentre risultano in calo edilizia (-21), artigianato (-100) e commercio (-18,5). I posti di lavoro salvaguardati dalla cassa integrazione in tutta la regione sono stati 9.457 (di cui 1.500 circa solo nella provincia di Lecce), ben 2.600 in più rispetto all’anno precedente.
“Ancora una volta ci troviamo di fronte a un quadro preoccupante, i dati sono critici e ci dicono che la situazione non è affatto migliorata sul fronte del mercato del lavoro nella nostra provincia”, commenta il segretario generale della Uil di Lecce, Salvatore Giannetto. “Il nostro tessuto produttivo è ancora in sofferenza – sottolinea - e c’è urgente bisogno di politiche attive efficaci, in grado di creare sana e stabile occupazione, così come occorre porre un argine al diffondersi di lavoro precario e malpagato in tutti i settori. Sul fronte dell’inclusione al lavoro, non saranno certo i lavori socialmente utili che realizzeranno le politiche attive. Servono investimenti pubblici e privati su infrastrutture materiale e immateriali e, in questo senso, l’idea di provare a costruire una strategia comune per Lecce e Brindisi con il Cis, il contratto istituzionale di sviluppo, è un’occasione importante. Dobbiamo ragionare su percorsi di formazione, innovazione e ricerca, su investimenti industriali sostenibili e l’attrattività dei territori. Servono infrastrutture moderne, in grado di connettere le nostre imprese con i mercati che contano, serve un salto di qualità per un rilancio dello sviluppo”.
In questo XII rapporto, la Uil ha condotto anche una simulazione della retribuzione media annua netta “persa” dalle lavoratrici e lavoratori posti in cassa integrazione a zero ore nel 2019, prendendo a riferimento le retribuzioni medie annue di operai ed impiegati, mettendole a confronto con i sussidi erogati e le ore di cassa integrazione autorizzate. In valori assoluti, le buste paga delle lavoratrici e dei lavoratori in cassa integrazione a zero ore, si sono “alleggerite” nel 2019, di oltre 301 milioni di euro che corrispondono a 2.365 euro medi netti annui pro-capite (il 14,4% della retribuzione totale). Si pone, pertanto, il tema della rivalutazione dei tetti massimi del sussidio della cassa integrazione che oggi sono fissati per legge a 993 euro mensili lordi per chi percepisce una retribuzione inferiore o uguale a 2.148 euro, e a 1.194 euro lordi per retribuzioni superiori. Secondo la Uil, la rivalutazione dovrebbe essere ancorata agli aumenti contrattuali e non soltanto al tasso di inflazione annua che, come noto, negli ultimi anni ha registrato indici prossimi allo “zero”.
Tra i principali settori produttivi, a livello regionale solo l’industria ha registrato un aumento di richieste rispetto al 2018 del +69%, mentre risultano in calo edilizia (-21), artigianato (-100) e commercio (-18,5). I posti di lavoro salvaguardati dalla cassa integrazione in tutta la regione sono stati 9.457 (di cui 1.500 circa solo nella provincia di Lecce), ben 2.600 in più rispetto all’anno precedente.
“Ancora una volta ci troviamo di fronte a un quadro preoccupante, i dati sono critici e ci dicono che la situazione non è affatto migliorata sul fronte del mercato del lavoro nella nostra provincia”, commenta il segretario generale della Uil di Lecce, Salvatore Giannetto. “Il nostro tessuto produttivo è ancora in sofferenza – sottolinea - e c’è urgente bisogno di politiche attive efficaci, in grado di creare sana e stabile occupazione, così come occorre porre un argine al diffondersi di lavoro precario e malpagato in tutti i settori. Sul fronte dell’inclusione al lavoro, non saranno certo i lavori socialmente utili che realizzeranno le politiche attive. Servono investimenti pubblici e privati su infrastrutture materiale e immateriali e, in questo senso, l’idea di provare a costruire una strategia comune per Lecce e Brindisi con il Cis, il contratto istituzionale di sviluppo, è un’occasione importante. Dobbiamo ragionare su percorsi di formazione, innovazione e ricerca, su investimenti industriali sostenibili e l’attrattività dei territori. Servono infrastrutture moderne, in grado di connettere le nostre imprese con i mercati che contano, serve un salto di qualità per un rilancio dello sviluppo”.
In questo XII rapporto, la Uil ha condotto anche una simulazione della retribuzione media annua netta “persa” dalle lavoratrici e lavoratori posti in cassa integrazione a zero ore nel 2019, prendendo a riferimento le retribuzioni medie annue di operai ed impiegati, mettendole a confronto con i sussidi erogati e le ore di cassa integrazione autorizzate. In valori assoluti, le buste paga delle lavoratrici e dei lavoratori in cassa integrazione a zero ore, si sono “alleggerite” nel 2019, di oltre 301 milioni di euro che corrispondono a 2.365 euro medi netti annui pro-capite (il 14,4% della retribuzione totale). Si pone, pertanto, il tema della rivalutazione dei tetti massimi del sussidio della cassa integrazione che oggi sono fissati per legge a 993 euro mensili lordi per chi percepisce una retribuzione inferiore o uguale a 2.148 euro, e a 1.194 euro lordi per retribuzioni superiori. Secondo la Uil, la rivalutazione dovrebbe essere ancorata agli aumenti contrattuali e non soltanto al tasso di inflazione annua che, come noto, negli ultimi anni ha registrato indici prossimi allo “zero”.