(Artemisia Gentileschi) |
di CRISTINA ANTIFORA - Tra tutti i gradi pittori Caravaggio è stato fonte d'ispirazione per tantissimi artisti di talento, probabilmente nessuno come la talentuosa Artemisia Gentileschi. Di fronte alla sua sorprendente interpretazione di Giuditta che uccide Oloferne nella Galleria degli Uffizi, non possiamo che rimanere esterrefatti dalla sua unicità. Sarebbe stata notevole a prescindere dal suo sesso, ma il fatto che fosse un'artista di successo nell'Italia del diciassettesimo secolo la rende ancora più affascinante. La sua vita e la sua arte erano finemente intrecciate e per apprezzare completamente i suoi dipinti, bisogna conoscere qualcosa della sua drammatica e talvolta difficile vita.
Artemisia Gentileschi nacque a Roma nel 1593 e i suoi talenti artistici furono coltivati in tenera età da suo padre, un pittore toscano. All'età di soli diciassette anni produsse la sua prima grande opera, una rappresentazione inquietante di “ Susanna e i vecchioni”. Invece empatizzare con gli anziani, come fa in altri suoi dipinti, Susanna si allontana per la paura e il disgusto. L'osservatore simpatizza istintivamente con la giovane donna vulnerabile, mentre gli uomini sussurranti sopra di lei vengono mostrati come una presenza minacciosa e minacciosa.
Qualche anno dopo gli accadimenti, produsse il suo capolavoro “Giuditta che decapita Oloferne”. In questa famosa scena biblica, l'eroina Giuditta, coadiuvata dalla sua serva, decapita brutalmente Oloferne. Il sangue schizza dappertutto, macchiando le lenzuola. Mentre Giuditta gli taglia il collo, non mostra alcuna emozione ma una cupa determinazione, aggrappandosi alla testa di Oloferne per mantenere la sua presa. La natura cruenta del dipinto conserva il potere di sorprendere anche oggi, ma fu ancora più eclatante per gli spettatori dell’epoca, in particolare quelli che erano a conoscenza del famoso processo per stupro.
Nel corso dei secoli, molte persone hanno interpretato il dipinto come un'espressione della rabbia e del disgusto della Gentileschi, una sorta di vendetta artistica. Il suo biografo la descrive come "un'espressione catartica della rabbia provata e forse repressa dell'artista". Conoscendo i fatti della sua vita, è impossibile guardare il dipinto senza vedere Artemisia come Giuditta che pone fine violentemente alla vita del suo stupratore.
(Giuditta decapita Oloferne, Caravaggio) |
Mentre la sua vita successiva è avvolta nel mistero, per fortuna il suo talento e la sua originalità non sono stati dimenticati. È stata una fonte di ispirazione per molti artisti, e continuerà ad esserlo.
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