BARI - “La domanda più frequente in questi giorni è: ‘Ma il sacrificio di stare a casa sta avendo effetti?’. Al momento non possiamo ancora dirlo. Ovviamente. Ma ci sono buoni indizi a riguardo: c’è infatti un primo studio che ci incoraggia nel rispetto delle misure di contenimento e ci convince a non mollare la guardia. È uno studio breve e chiaro, realizzato sui dati delle cinque regioni italiane più colpite. Se le misure di contenimento paiono funzionare per quelle regioni, figurarsi per noi che abbiamo cominciato nella fase iniziale del contagio. Gli autori dello studio sono persone esperte nella materia, a cui dobbiamo guardare sempre con fiducia; facendo tacere i nostri rumori inesperti e urlando le lodi di chi sa. Grazie a Enrico M. Bucci (Temple University), Giuseppe De Nicolao (Università di Pavia), Enzo Marinari (Università di Roma “La Sapienza”) e Giorgio Parisi (Accademia Nazionale dei Lincei)”.
Lo dichiara il Consigliere regionale Fabiano Amati, Presidente della Commissione regionale bilancio.
“Lo studio Evoluzione regionale dell’epidemia di SARS-CoV-2 in Italia è stato reso noto nella giornata di ieri (12 marzo 2020): gli studiosi hanno deciso di considerare separatamente i dati delle principali regioni italiane, cioè quelle in cui ci siano casi sufficienti perché si possa tentare un’analisi sui dati più affidabili (morti, numero di ricoverati in terapia intensiva, numero totale di ricoverati). I confronti con comportamenti esponenziali, di raddoppiamento in intervalli di tempo costanti, sono quindi stati eseguiti sui dati provenienti da Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Marche. Per evidenziare eventuali cambiamenti rispetto a due settimane fa, si sono considerati per queste regioni gli ultimi cinque giorni di dati. L’analisi condotta – prosegue ancora Amati in merito allo studio – ha avuto due scopi: da una parte, la determinazione dello stato di avanzamento dell’epidemia nelle regioni prescelte, rispetto alla situazione in Lombardia; dall’altra la determinazione del tempo di raddoppiamento attuale in queste regioni”.
“Enrico Bucci, Giuseppe De Nicolao, Enzo Marinari e Giorgio Parisi hanno quindi osservato che l’avanzamento dell’epidemia nelle varie regioni sia grossolanamente correlato inversamente con la distanza dal focolaio lombardo, suggerendo che lo sviluppo sia iniziato in questa regione, diffondendosi poi a macchia d’olio nelle regioni via via più lontane, in buon accordo con l’ipotesi di un’epidemia unica. Lo studio mette in evidenza come il tempo di raddoppiamento complessivo è passato dagli iniziali 2,4 giorni a 3,4 giorni (stimato per i deceduti). Se si utilizzano i valori dei ricoverati o dei ricoverati in terapia intensiva, si ottengono valori leggermente superiori; questo probabilmente è legato all’attesa risposta ritardata della curva di crescita dei pazienti deceduti rispetto alle altre. Dunque, ‘gli effetti sul tempo di raddoppiamento osservati potrebbero essere forse correlati all’innalzamento di opportune barriere sociali, probabilmente autonomamente iniziate dai cittadini delle regioni colpite una decina di giorni fa, in seguito all’allarme sociale e in corrispondenza approssimativa con il cambio di registro comunicativo’ – spiegano nello studio –.
Tra qualche giorno sarà interessante studiare gli effetti aggiuntivi delle stringenti misure imposte pochi giorni fa dal governo, che – come ribadito in conclusione dai quattro studiosi – dovrebbero ulteriormente aumentare il tempo di raddoppiamento dei parametri seguiti”.
Lo dichiara il Consigliere regionale Fabiano Amati, Presidente della Commissione regionale bilancio.
“Lo studio Evoluzione regionale dell’epidemia di SARS-CoV-2 in Italia è stato reso noto nella giornata di ieri (12 marzo 2020): gli studiosi hanno deciso di considerare separatamente i dati delle principali regioni italiane, cioè quelle in cui ci siano casi sufficienti perché si possa tentare un’analisi sui dati più affidabili (morti, numero di ricoverati in terapia intensiva, numero totale di ricoverati). I confronti con comportamenti esponenziali, di raddoppiamento in intervalli di tempo costanti, sono quindi stati eseguiti sui dati provenienti da Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Marche. Per evidenziare eventuali cambiamenti rispetto a due settimane fa, si sono considerati per queste regioni gli ultimi cinque giorni di dati. L’analisi condotta – prosegue ancora Amati in merito allo studio – ha avuto due scopi: da una parte, la determinazione dello stato di avanzamento dell’epidemia nelle regioni prescelte, rispetto alla situazione in Lombardia; dall’altra la determinazione del tempo di raddoppiamento attuale in queste regioni”.
“Enrico Bucci, Giuseppe De Nicolao, Enzo Marinari e Giorgio Parisi hanno quindi osservato che l’avanzamento dell’epidemia nelle varie regioni sia grossolanamente correlato inversamente con la distanza dal focolaio lombardo, suggerendo che lo sviluppo sia iniziato in questa regione, diffondendosi poi a macchia d’olio nelle regioni via via più lontane, in buon accordo con l’ipotesi di un’epidemia unica. Lo studio mette in evidenza come il tempo di raddoppiamento complessivo è passato dagli iniziali 2,4 giorni a 3,4 giorni (stimato per i deceduti). Se si utilizzano i valori dei ricoverati o dei ricoverati in terapia intensiva, si ottengono valori leggermente superiori; questo probabilmente è legato all’attesa risposta ritardata della curva di crescita dei pazienti deceduti rispetto alle altre. Dunque, ‘gli effetti sul tempo di raddoppiamento osservati potrebbero essere forse correlati all’innalzamento di opportune barriere sociali, probabilmente autonomamente iniziate dai cittadini delle regioni colpite una decina di giorni fa, in seguito all’allarme sociale e in corrispondenza approssimativa con il cambio di registro comunicativo’ – spiegano nello studio –.
Tra qualche giorno sarà interessante studiare gli effetti aggiuntivi delle stringenti misure imposte pochi giorni fa dal governo, che – come ribadito in conclusione dai quattro studiosi – dovrebbero ulteriormente aumentare il tempo di raddoppiamento dei parametri seguiti”.
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