di MARIO CONTINO - Il folklore pugliese risente molto della religione cristiana, che ha lasciato un'impronta molo forte nella storia della nostra regione. Questa “contaminazione” socio-culturale è all'origine di numerose leggende aventi come protagonista il diavolo in persona.
Il demonio è stato sempre avvertito come una figura reale, presente nella vita di tutti i giorni, da rispettare e temere. La paura che il diavolo ha suscitato da sempre nei pugliesi è all'origine della leggenda che di seguito riporto.
Si tratta di una storia molto singolare, legata al famoso "Jazzo del Demonio", sito nel territorio di Ruvo di Puglia. (Lo Jazzo è un recinto, solitamente in pietra, costruito per contenere le pecore, solitamente usato come ricovero temporaneo durante la transumanza del bestiame).
«In una fredda e buia notte d’inverno, due pastori, che si erano rifugiati nello Jazzo insieme al loro gregge ed avevano acceso un fuoco per riscaldarsi, udirono i cani abbaiare insistentemente.
Le bestie ringhiavano ed abbaiavano come se fossero in uno stato di allerta, di difesa. Improvvisamente sentirono bussare tre volte alla porta del rifugio.
Appena aprirono si trovarono davanti un viaggiatore, coperto da una specie di saio ed un grande cappuccio, il quale riferì di avere smarrito la via a causa della tempesta e di essere stato attirato li dal fumo del fuoco.
Malgrado lo strano tono di voce, al quanto rauca, e l'accento poco comprensibile, i due pastori lo fecero entrare per offrirgli riparo.
L'uomo esitò a togliersi gli abiti e a mostrare il viso ma ciò non suscitò troppi interrogativi nei pastori, persone semplici e abituati a non fare troppe domande, soprattutto ai “forestieri”.
Quando però lo invitarono a sedersi accanto al fuoco tutto cambiò, la parte bassa dello strano saio si sollevo e lasciò scoperte le gambe, in realtà due zampe caprine che terminavano in uno zoccolo, così come nelle più note rappresentazioni dei satiri o dello stesso diavolo.
Il demonio! Urlarono terrorizzati i poveri pastori, che si segnarono con il Segno della Croce e corsero a rifugiarsi sotto un crocifisso unico decoro di quel povero rifugio. Immediatamente il demone svanì, lasciandosi dietro una forte odore di zolfo. Da allora quel posto sarebbe divenuto noto come Jazzo del demonio, o del diavolo».
Esistono diverse versioni di questa leggenda, e in effetti non è ben chiaro il motivo dell'eventuale visita del diavolo ai poveri pastori.
Di certo non si sarebbe palesato al fine di ottenere ricchezze, forse lo ha fatto per offrirne, per offrire tesori in cambio di devozione, quindi per spingere i poverini al peccato, così come il folklore ci narra in altre vicende analoghe.
Ciò che appare chiaro è invece il riferimento, ancora una volta deciso e diretto, al diavolo quale visitatore assiduo del popolo pugliese, quasi come se il principe dell'inferno fosse solito unirsi ai vacanzieri e godersi le meraviglie della nostra regione.
* Ricercatore e scrittore
Il demonio è stato sempre avvertito come una figura reale, presente nella vita di tutti i giorni, da rispettare e temere. La paura che il diavolo ha suscitato da sempre nei pugliesi è all'origine della leggenda che di seguito riporto.
Si tratta di una storia molto singolare, legata al famoso "Jazzo del Demonio", sito nel territorio di Ruvo di Puglia. (Lo Jazzo è un recinto, solitamente in pietra, costruito per contenere le pecore, solitamente usato come ricovero temporaneo durante la transumanza del bestiame).
«In una fredda e buia notte d’inverno, due pastori, che si erano rifugiati nello Jazzo insieme al loro gregge ed avevano acceso un fuoco per riscaldarsi, udirono i cani abbaiare insistentemente.
Le bestie ringhiavano ed abbaiavano come se fossero in uno stato di allerta, di difesa. Improvvisamente sentirono bussare tre volte alla porta del rifugio.
Appena aprirono si trovarono davanti un viaggiatore, coperto da una specie di saio ed un grande cappuccio, il quale riferì di avere smarrito la via a causa della tempesta e di essere stato attirato li dal fumo del fuoco.
Malgrado lo strano tono di voce, al quanto rauca, e l'accento poco comprensibile, i due pastori lo fecero entrare per offrirgli riparo.
L'uomo esitò a togliersi gli abiti e a mostrare il viso ma ciò non suscitò troppi interrogativi nei pastori, persone semplici e abituati a non fare troppe domande, soprattutto ai “forestieri”.
Quando però lo invitarono a sedersi accanto al fuoco tutto cambiò, la parte bassa dello strano saio si sollevo e lasciò scoperte le gambe, in realtà due zampe caprine che terminavano in uno zoccolo, così come nelle più note rappresentazioni dei satiri o dello stesso diavolo.
Il demonio! Urlarono terrorizzati i poveri pastori, che si segnarono con il Segno della Croce e corsero a rifugiarsi sotto un crocifisso unico decoro di quel povero rifugio. Immediatamente il demone svanì, lasciandosi dietro una forte odore di zolfo. Da allora quel posto sarebbe divenuto noto come Jazzo del demonio, o del diavolo».
Esistono diverse versioni di questa leggenda, e in effetti non è ben chiaro il motivo dell'eventuale visita del diavolo ai poveri pastori.
Di certo non si sarebbe palesato al fine di ottenere ricchezze, forse lo ha fatto per offrirne, per offrire tesori in cambio di devozione, quindi per spingere i poverini al peccato, così come il folklore ci narra in altre vicende analoghe.
Ciò che appare chiaro è invece il riferimento, ancora una volta deciso e diretto, al diavolo quale visitatore assiduo del popolo pugliese, quasi come se il principe dell'inferno fosse solito unirsi ai vacanzieri e godersi le meraviglie della nostra regione.
* Ricercatore e scrittore