BARI - Si è concluso martedì 3 marzo, con una assoluzione piena per non aver commesso il fatto, il processo penale a carico dell’ex consigliere comunale del M5S del Comune di Bari Francesco Colella.
“Con la sentenza è stata messa la parola fine anche alla gogna mediatica a cui sono stato ingiustamente sottoposto.” dichiara Francesco Colella che continua “Il reato ascrittomi era quello di diffamazione aggravata a seguito dello spiacevole e disdicevole accadimento durante il consiglio comunale del 14 novembre 2017: un insulto sessista nei confronti dell’ex consigliera Melini, vergato su una scheda di voto. Ho dovuto subire un processo penale per appurare la mia estraneità ai fatti, nonostante avessi dichiarato a gran voce e sin da subito la mia più completa innocenza, praticando ogni utile azione legale per dimostrarla.
Non è bastato sottopormi spontaneamente ad interrogatorio innanzi al P.M., non sono state prese in considerazione le mie dichiarazioni sulla espressione di voto, non sono state minimamente considerate le indagini difensive depositate al P.M. contenenti copiosa documentazione di comparazione in uno alla puntuale e precisa consulenza grafologica redatta dalla dott.ssa Rosa MARTINO, consulente di parte.
Nessuna di queste azioni ha fatto dubitare il consulente del P.M. circa il suo operato e circa le conclusioni della sua consulenza nella quale mi indicava con certezza quale autore dello scritto infamante. sono stato rinviato a giudizio sulla scorta di quella consulenza. Nel corso di una laboriosa istruttoria dibattimentale, oltre ai consulenti del P.M. e della difesa, sono stati esaminati tutti i consiglieri che avevano partecipato alla votazione e che sotto giuramento hanno riconosciuto ognuno la propria scheda, ad esclusione della consigliera Contursi che tuttavia non dubitava della sua espressione di voto, e dell’attuale assessore Vito Lacoppola unico assente all’udienza del 07 gennaio u.s., nonostante fosse stato regolarmente convocato, e unico a trincerarsi, alla successiva udienza del 03 marzo, dietro una serie di “non ricordo” tanto da non essere in grado di riconoscere la propria scheda.
Un giudice terzo ed imparziale ha ristabilito la Verità, dichiarando la mia assoluzione per non aver commesso il fatto. Resta, tuttavia, un interrogativo: chi è il vile autore dell’insulto che, ad oggi, continua a rimanere impunito?
È per rispondere a questa domanda che ho presentato una denuncia-querela contro ignoti. È un atto che dovevo alla mia città che ho avuto l’onore di rappresentare e che è finita sciaguratamente sulle cronache nazionali per un insulto disonorevole e deplorevole. È un atto che dovevo a tutti i cittadini baresi che, come me, ripongono fiducia nella Giustizia e che hanno bisogno di Verità.
Penso che, dopo due anni e mezzo, sia arrivato il momento di togliere la maschera al vigliacco che ha compiuto un gesto davvero ignobile, che non ha mai chiesto scusa alla ex collega e alla città che ha offeso, e che ha vissuto senza alcun senso di colpa nei miei confronti nonostante fossi ingiustamente sottoposto a un processo penale che, invece, si sarebbe dovuto celebrare – e mi auguro si celebrerà quanto prima – nei suoi confronti.
Sono certo che nei prossimi giorni la mia denuncia avrà un seguito, con quella del Sindaco Antonio Decaro e con quella dell’ex consigliera Irma Melini.
La cura professionale degli avvocati Gianfranco Schirone e Stefania Scannicchio, che mi hanno assistito in questi anni, e le testimonianze di affetto giunte da più parti, che porterò sempre con me, mi hanno aiutato ad affrontare e a trovare una spiegazione a quello che mi stava accadendo: questo è stato per me l’antidoto contro il male praticato nei miei confronti scientemente dal soggetto che tutt’oggi gira impunemente, forse, anche tra le mura di palazzo di città, con la sua maschera.”
“Con la sentenza è stata messa la parola fine anche alla gogna mediatica a cui sono stato ingiustamente sottoposto.” dichiara Francesco Colella che continua “Il reato ascrittomi era quello di diffamazione aggravata a seguito dello spiacevole e disdicevole accadimento durante il consiglio comunale del 14 novembre 2017: un insulto sessista nei confronti dell’ex consigliera Melini, vergato su una scheda di voto. Ho dovuto subire un processo penale per appurare la mia estraneità ai fatti, nonostante avessi dichiarato a gran voce e sin da subito la mia più completa innocenza, praticando ogni utile azione legale per dimostrarla.
Non è bastato sottopormi spontaneamente ad interrogatorio innanzi al P.M., non sono state prese in considerazione le mie dichiarazioni sulla espressione di voto, non sono state minimamente considerate le indagini difensive depositate al P.M. contenenti copiosa documentazione di comparazione in uno alla puntuale e precisa consulenza grafologica redatta dalla dott.ssa Rosa MARTINO, consulente di parte.
Nessuna di queste azioni ha fatto dubitare il consulente del P.M. circa il suo operato e circa le conclusioni della sua consulenza nella quale mi indicava con certezza quale autore dello scritto infamante. sono stato rinviato a giudizio sulla scorta di quella consulenza. Nel corso di una laboriosa istruttoria dibattimentale, oltre ai consulenti del P.M. e della difesa, sono stati esaminati tutti i consiglieri che avevano partecipato alla votazione e che sotto giuramento hanno riconosciuto ognuno la propria scheda, ad esclusione della consigliera Contursi che tuttavia non dubitava della sua espressione di voto, e dell’attuale assessore Vito Lacoppola unico assente all’udienza del 07 gennaio u.s., nonostante fosse stato regolarmente convocato, e unico a trincerarsi, alla successiva udienza del 03 marzo, dietro una serie di “non ricordo” tanto da non essere in grado di riconoscere la propria scheda.
Un giudice terzo ed imparziale ha ristabilito la Verità, dichiarando la mia assoluzione per non aver commesso il fatto. Resta, tuttavia, un interrogativo: chi è il vile autore dell’insulto che, ad oggi, continua a rimanere impunito?
È per rispondere a questa domanda che ho presentato una denuncia-querela contro ignoti. È un atto che dovevo alla mia città che ho avuto l’onore di rappresentare e che è finita sciaguratamente sulle cronache nazionali per un insulto disonorevole e deplorevole. È un atto che dovevo a tutti i cittadini baresi che, come me, ripongono fiducia nella Giustizia e che hanno bisogno di Verità.
Penso che, dopo due anni e mezzo, sia arrivato il momento di togliere la maschera al vigliacco che ha compiuto un gesto davvero ignobile, che non ha mai chiesto scusa alla ex collega e alla città che ha offeso, e che ha vissuto senza alcun senso di colpa nei miei confronti nonostante fossi ingiustamente sottoposto a un processo penale che, invece, si sarebbe dovuto celebrare – e mi auguro si celebrerà quanto prima – nei suoi confronti.
Sono certo che nei prossimi giorni la mia denuncia avrà un seguito, con quella del Sindaco Antonio Decaro e con quella dell’ex consigliera Irma Melini.
La cura professionale degli avvocati Gianfranco Schirone e Stefania Scannicchio, che mi hanno assistito in questi anni, e le testimonianze di affetto giunte da più parti, che porterò sempre con me, mi hanno aiutato ad affrontare e a trovare una spiegazione a quello che mi stava accadendo: questo è stato per me l’antidoto contro il male praticato nei miei confronti scientemente dal soggetto che tutt’oggi gira impunemente, forse, anche tra le mura di palazzo di città, con la sua maschera.”