di ROBERTO BERLOCO - Non ha lontanamente il ritorno mediatico del calcio, né può vantare il giro di compensi, talvolta strepitosi, che accompagnano i passaggi di cartellino dei calciatori da una società ad un’altra. Eppure, per un’accezione consolidata, è considerata la più nobile tra le discipline sportive.
Con un nome che incute timore e un rispetto quasi sacrale, originati dalla somma di innumerevoli prove del fuoco ricevute dalla spada, sua principale protagonista, nei campi da battaglia di migliaia e migliaia d’anni, con fanti e cavalieri d’ogni nazionalità a cimentarsi con essa, la scherma è oggi uno sport di rango olimpionico, praticato in ogni angolo del globo.
Il termine trova la propria etimologia nel longobardo o anche, forse, nell’antico germanico, andando a richiamare, in ogni caso, il concetto di difesa attraverso l’uso del ferro. Un particolare che contribuisce ulteriormente al fascino d’uno sport, che è anche un’arte marziale a tutti gli effetti.
Secondo l’Accademia della Crusca, la parola scherma s’allaccia direttamente al verbo schermire, col significato di “riparare con arte il colpo che tira il nemico e cercare di offenderlo sempre”.
Tre le sue declinazioni nel contesto sportivo: fioretto, spada e sciabola. Per quanto, a prima vista, possa apparire poco probabile, temporalmente è il fioretto che precede la spada nella cronologia olimpionica moderna, a patto, cioè, che non si voglia deragliare dall’ambito della competizione agonistica verso quello del combattimento da guerra vero e proprio, al quale il fioretto non può appartenere. E non può, perché quest’ultimo corrisponde neppiù che ad uno strumento concepito in Francia, verso la metà del XVIII secolo, per il puro esercizio da camera, anche se con la finalità d’imparare o affinare tecniche da adoperarsi, poi, nel vivo di scenari bellici, oppure durante generiche occasioni di duelli.
Gli incontri di scherma sono tradizionalmente parificati a partite di scacchi. La ragione è presto trovata, considerando ciò che comporta lo scontro tra due schermidori: non solo una prova di resistenza fisica, prontezza di riflessi, destrezza e agilità corporale, ma pure, contemporaneamente, una costante applicazione di strategie dirette a regolare posture, movimenti ed ogni genere di proiezione che torni utile al fine di prevalere sull’avversario.
Probabilmente, inoltre, in questo assai più che in qualunque altro sport, vige un rispetto dell’avversario talmente forte, che nello stesso Decalogo dello Schermidore, dopo aver chiarito che quest’ultimo svolge il ruolo di rappresentante del “più nobile di tutti gli sport”, viene chiaramente esplicitata la vocazione della scherma ad “affratellare gli schermidori di tutto il mondo”. E, siccome, di solito, malgrado ciò che comporti l’agone, solamente chi sia portato alla nobiltà d’animo, aderisce naturalmente ad un ideale di fratellanza, avendo cuore anche di metterlo in pratica nei comportamenti, ne scaturisce che, della scherma, si possa definire, e non per un gioco di parole, che si tratti d’uno sport nobile per animi nobili.
In Italia, come in Francia, in altri Paesi del continente europeo e ben oltre, la scherma nella sua versione così come la conosciamo oggi, s’afferma agli occhi d’una più vasta platea dai pressi degli inizi del secolo scorso, particolarmente a partire dalla prima edizione delle Olimpiadi, avvenuta in Grecia nel 1896.
In quest’occasione, le cosiddette “Armi” coinvolte furono appunto il Fioretto, la Sciabola, ma non ancora la Spada, che sarà introdotta solo nell’appuntamento di quattro anni appresso. Diverse le differenze. La prima nella struttura dell’attrezzo. Se confrontata a quella del fioretto, malgrado il peso identico di 500 grammi, più esuberante nel caso della sciabola, andando a comprendere una coccia più ampia, che richiama quella della sciabola vera e propria. Anche se è la spada, tuttavia, a rimanere l’arnese più corposo, non solo per l’ampiezza della coccia, ma pure per la maggiore consistenza, a causa del maggior peso di 750 grammi.
Il secondo elemento, che permette di distinguere i tre contesti, è dato dal modo di finalizzare gli assalti. Spada e fioretto permettono di tirare solo di punta, mentre la sciabola vi aggiunge la possibilità di fendere di taglio e di controtaglio.
Un altro particolare distintivo, ancora, è offerto dall’area di bersaglio. Non c’è alcun limite nel caso della spada: tutto il corpo può esser oggetto di mira, capo e mani compresi. Invece si restringe solo al tronco nel caso del fioretto, aggiungendo le braccia e la testa nella fattispecie della sciabola. Non va dimenticato, infine, l’ultimo aspetto, parimenti essenziale, vale a dire quello della cosiddetta convenzione che disciplina il tiro in questi due ultimi casi: il fiorettista o lo sciabolatore che abbia lanciato l’attacco per primo, acquista diritto di priorità nell’azione, mentre l’avversario deve prima attendere di parare, se vuole attaccare a propria volta.
Fin dai suoi primi passi in questa disciplina, il Bel Paese sforna subito valorosi atleti, che riusciranno a fondare e a conservare alto l’onore del tricolore. Un nome, sopra tutti, rimane quello del maestro Edoardo Mangiarotti, tra l’altro il più medagliato di sempre nella storia olimpica.
Oggi come ieri, periodiche e costanti mietiture di vittorie ad opera di schermidori Azzurri, nutrono la gloria italiana. Segno d’una Scuola che, delle sue antiche tradizioni, non solo ha fatto tesoro, ma pure metro vivo per il presente, che non manca del sostegno, anche finanziario, da parte dello stesso Stato.
Tra le conferme più recenti, l’evento del Grand Prix svoltosi dal 24 al 26 di Gennaio presso Doha, dove a due atleti nostrani è toccato di conquistare un podio. Si tratta di Maria Navarria, per la Spada femminile, e di Andrea Santarelli, per quella maschile, rispettivamente argento la prima e bronzo il secondo.
Un altro successo vicino nel tempo è quello della Spada femminile a squadre, nella prova del Mondiale a L’Avana, dal 12 al 15 di Gennaio scorso. Il gruppo italiano, formato da Maria Navarria, Rossella Fiamingo, Federica Isola e Alberta Santuccio, ha dovuto vedersela con quello della Romania agli ottavi, della Cina nei quarti, della Francia nelle semifinali e, nella finale, con l’agguerrita rappresentativa dell’Estonia, battuta per 33-30.
Ma non vanno dimenticate anche altre importanti tappe. Come quella avvenuta sempre in Gennaio, però a Parigi, dove, malgrado la sconfitta in finale contro la rappresentativa degli Stati Uniti d’America, i fiorettisti di casa sono riusciti a conquistare il punteggio necessario per l’ingresso alle Olimpiadi di Tokyo. Sorte sostanzialmente equivalente a quella delle colleghe di specialità Alice Volpi, Arianna Errigo, Elisa Di Francisca e Francesca Palumbo che, a Katowice, in Polonia, malgrado un terzo posto, hanno accumulato il credito dei punti richiesto per l’esperienza giapponese.
Poi a Febbraio passato, a Vancouver, in Canada, con ambedue le Nazionali di Spada, maschile e, quindi, di nuovo femminile, a conquistare anch’esse il successo della qualificazione per le gare dei cinque anelli.
E, ancora, nella prima parte di Marzo, coi bei risultati nella Sciabola, riscossi ad Atene dalla formazione femminile, e a Lussemburgo, da quella maschile, pure stavolta con l’effetto dell’accesso matematico al prestigioso evento che s’attende per quest’Estate, coronavirus permettendo, nel Paese del Sol Levante.
Il medagliere italiano è decisamente il più ricco tra quelli delle patrie del pianeta. I suoi luccichii superano d’intensità quelli di altri Paesi, dove la scherma sportiva trova solide fondamenta anche in gloriose tradizioni militari, che hanno fatto da base per la nascita di longeve unità politiche.
Al dato dell’anno scorso, quarantanove medaglie d’oro, quarantatré d’argento, trentatré di bronzo, per un totale di centoventicinque e prima posizione nel medagliere dei Giochi olimpici. E ancora: centodue ori, ottantasette argenti e centoventi bronzi, per una somma di trecentonove e vetta solitaria nella classifica del Campionato mondiale.
Ma, a questo risultato, s’è giunti anche per via della grande attenzione che la Federazione Italiana Scherma (F.I.S.), vale a dire l’organismo che, giuridicamente e istituzionalmente, presiede alle attività schermistiche d’ogni fascia d’età e di livello dello Stivale, ha sempre riservato e continua a riservare pure alle fasce giovanili, che rappresentano il vivaio ideale nel quale selezionare i campioni tricolori del futuro.
S’intuisce così perché, d’altronde, in ogni circolo presente sul territorio del Paese, siano disponibili corsi esclusivi per fanciulli e adolescenti, con fasce d’orario appositamente dedicate.
E si comprende anche perché, sia sempre garantita e incentivata la partecipazione della gioventù ai cosiddetti Campionati Cadetti e Giovani, a livello nazionale, europeo e mondiale.
La fierezza generata dai valori portati in dote, quel sano senso d’orgoglio di esser parte di un ideale moralmente aristocratico dello sport, la consapevolezza, infine, d’edificare non solo per sé medesimi, rimangono tuttavia solamente alcuni dei fattori che contribuiscono a nutrire la scherma d’un prestigio sempre vivo e d’un interesse continuamente attuale. Cosicchè, non è difficile presagire quanti altri numerosi, avvincenti capitoli la sua storia riservi ancora all’umanità, come nel destino di tutti quegli ideali che sono fatti per migliorare o, meglio ancora, per elevare verso sponde di spirito adeguate alle più alte tra le umane aspirazioni.
Con un nome che incute timore e un rispetto quasi sacrale, originati dalla somma di innumerevoli prove del fuoco ricevute dalla spada, sua principale protagonista, nei campi da battaglia di migliaia e migliaia d’anni, con fanti e cavalieri d’ogni nazionalità a cimentarsi con essa, la scherma è oggi uno sport di rango olimpionico, praticato in ogni angolo del globo.
Il termine trova la propria etimologia nel longobardo o anche, forse, nell’antico germanico, andando a richiamare, in ogni caso, il concetto di difesa attraverso l’uso del ferro. Un particolare che contribuisce ulteriormente al fascino d’uno sport, che è anche un’arte marziale a tutti gli effetti.
Secondo l’Accademia della Crusca, la parola scherma s’allaccia direttamente al verbo schermire, col significato di “riparare con arte il colpo che tira il nemico e cercare di offenderlo sempre”.
Tre le sue declinazioni nel contesto sportivo: fioretto, spada e sciabola. Per quanto, a prima vista, possa apparire poco probabile, temporalmente è il fioretto che precede la spada nella cronologia olimpionica moderna, a patto, cioè, che non si voglia deragliare dall’ambito della competizione agonistica verso quello del combattimento da guerra vero e proprio, al quale il fioretto non può appartenere. E non può, perché quest’ultimo corrisponde neppiù che ad uno strumento concepito in Francia, verso la metà del XVIII secolo, per il puro esercizio da camera, anche se con la finalità d’imparare o affinare tecniche da adoperarsi, poi, nel vivo di scenari bellici, oppure durante generiche occasioni di duelli.
Gli incontri di scherma sono tradizionalmente parificati a partite di scacchi. La ragione è presto trovata, considerando ciò che comporta lo scontro tra due schermidori: non solo una prova di resistenza fisica, prontezza di riflessi, destrezza e agilità corporale, ma pure, contemporaneamente, una costante applicazione di strategie dirette a regolare posture, movimenti ed ogni genere di proiezione che torni utile al fine di prevalere sull’avversario.
Probabilmente, inoltre, in questo assai più che in qualunque altro sport, vige un rispetto dell’avversario talmente forte, che nello stesso Decalogo dello Schermidore, dopo aver chiarito che quest’ultimo svolge il ruolo di rappresentante del “più nobile di tutti gli sport”, viene chiaramente esplicitata la vocazione della scherma ad “affratellare gli schermidori di tutto il mondo”. E, siccome, di solito, malgrado ciò che comporti l’agone, solamente chi sia portato alla nobiltà d’animo, aderisce naturalmente ad un ideale di fratellanza, avendo cuore anche di metterlo in pratica nei comportamenti, ne scaturisce che, della scherma, si possa definire, e non per un gioco di parole, che si tratti d’uno sport nobile per animi nobili.
In Italia, come in Francia, in altri Paesi del continente europeo e ben oltre, la scherma nella sua versione così come la conosciamo oggi, s’afferma agli occhi d’una più vasta platea dai pressi degli inizi del secolo scorso, particolarmente a partire dalla prima edizione delle Olimpiadi, avvenuta in Grecia nel 1896.
In quest’occasione, le cosiddette “Armi” coinvolte furono appunto il Fioretto, la Sciabola, ma non ancora la Spada, che sarà introdotta solo nell’appuntamento di quattro anni appresso. Diverse le differenze. La prima nella struttura dell’attrezzo. Se confrontata a quella del fioretto, malgrado il peso identico di 500 grammi, più esuberante nel caso della sciabola, andando a comprendere una coccia più ampia, che richiama quella della sciabola vera e propria. Anche se è la spada, tuttavia, a rimanere l’arnese più corposo, non solo per l’ampiezza della coccia, ma pure per la maggiore consistenza, a causa del maggior peso di 750 grammi.
Il secondo elemento, che permette di distinguere i tre contesti, è dato dal modo di finalizzare gli assalti. Spada e fioretto permettono di tirare solo di punta, mentre la sciabola vi aggiunge la possibilità di fendere di taglio e di controtaglio.
Un altro particolare distintivo, ancora, è offerto dall’area di bersaglio. Non c’è alcun limite nel caso della spada: tutto il corpo può esser oggetto di mira, capo e mani compresi. Invece si restringe solo al tronco nel caso del fioretto, aggiungendo le braccia e la testa nella fattispecie della sciabola. Non va dimenticato, infine, l’ultimo aspetto, parimenti essenziale, vale a dire quello della cosiddetta convenzione che disciplina il tiro in questi due ultimi casi: il fiorettista o lo sciabolatore che abbia lanciato l’attacco per primo, acquista diritto di priorità nell’azione, mentre l’avversario deve prima attendere di parare, se vuole attaccare a propria volta.
Fin dai suoi primi passi in questa disciplina, il Bel Paese sforna subito valorosi atleti, che riusciranno a fondare e a conservare alto l’onore del tricolore. Un nome, sopra tutti, rimane quello del maestro Edoardo Mangiarotti, tra l’altro il più medagliato di sempre nella storia olimpica.
Oggi come ieri, periodiche e costanti mietiture di vittorie ad opera di schermidori Azzurri, nutrono la gloria italiana. Segno d’una Scuola che, delle sue antiche tradizioni, non solo ha fatto tesoro, ma pure metro vivo per il presente, che non manca del sostegno, anche finanziario, da parte dello stesso Stato.
Tra le conferme più recenti, l’evento del Grand Prix svoltosi dal 24 al 26 di Gennaio presso Doha, dove a due atleti nostrani è toccato di conquistare un podio. Si tratta di Maria Navarria, per la Spada femminile, e di Andrea Santarelli, per quella maschile, rispettivamente argento la prima e bronzo il secondo.
Un altro successo vicino nel tempo è quello della Spada femminile a squadre, nella prova del Mondiale a L’Avana, dal 12 al 15 di Gennaio scorso. Il gruppo italiano, formato da Maria Navarria, Rossella Fiamingo, Federica Isola e Alberta Santuccio, ha dovuto vedersela con quello della Romania agli ottavi, della Cina nei quarti, della Francia nelle semifinali e, nella finale, con l’agguerrita rappresentativa dell’Estonia, battuta per 33-30.
Ma non vanno dimenticate anche altre importanti tappe. Come quella avvenuta sempre in Gennaio, però a Parigi, dove, malgrado la sconfitta in finale contro la rappresentativa degli Stati Uniti d’America, i fiorettisti di casa sono riusciti a conquistare il punteggio necessario per l’ingresso alle Olimpiadi di Tokyo. Sorte sostanzialmente equivalente a quella delle colleghe di specialità Alice Volpi, Arianna Errigo, Elisa Di Francisca e Francesca Palumbo che, a Katowice, in Polonia, malgrado un terzo posto, hanno accumulato il credito dei punti richiesto per l’esperienza giapponese.
Poi a Febbraio passato, a Vancouver, in Canada, con ambedue le Nazionali di Spada, maschile e, quindi, di nuovo femminile, a conquistare anch’esse il successo della qualificazione per le gare dei cinque anelli.
E, ancora, nella prima parte di Marzo, coi bei risultati nella Sciabola, riscossi ad Atene dalla formazione femminile, e a Lussemburgo, da quella maschile, pure stavolta con l’effetto dell’accesso matematico al prestigioso evento che s’attende per quest’Estate, coronavirus permettendo, nel Paese del Sol Levante.
Il medagliere italiano è decisamente il più ricco tra quelli delle patrie del pianeta. I suoi luccichii superano d’intensità quelli di altri Paesi, dove la scherma sportiva trova solide fondamenta anche in gloriose tradizioni militari, che hanno fatto da base per la nascita di longeve unità politiche.
Al dato dell’anno scorso, quarantanove medaglie d’oro, quarantatré d’argento, trentatré di bronzo, per un totale di centoventicinque e prima posizione nel medagliere dei Giochi olimpici. E ancora: centodue ori, ottantasette argenti e centoventi bronzi, per una somma di trecentonove e vetta solitaria nella classifica del Campionato mondiale.
Ma, a questo risultato, s’è giunti anche per via della grande attenzione che la Federazione Italiana Scherma (F.I.S.), vale a dire l’organismo che, giuridicamente e istituzionalmente, presiede alle attività schermistiche d’ogni fascia d’età e di livello dello Stivale, ha sempre riservato e continua a riservare pure alle fasce giovanili, che rappresentano il vivaio ideale nel quale selezionare i campioni tricolori del futuro.
S’intuisce così perché, d’altronde, in ogni circolo presente sul territorio del Paese, siano disponibili corsi esclusivi per fanciulli e adolescenti, con fasce d’orario appositamente dedicate.
E si comprende anche perché, sia sempre garantita e incentivata la partecipazione della gioventù ai cosiddetti Campionati Cadetti e Giovani, a livello nazionale, europeo e mondiale.
La fierezza generata dai valori portati in dote, quel sano senso d’orgoglio di esser parte di un ideale moralmente aristocratico dello sport, la consapevolezza, infine, d’edificare non solo per sé medesimi, rimangono tuttavia solamente alcuni dei fattori che contribuiscono a nutrire la scherma d’un prestigio sempre vivo e d’un interesse continuamente attuale. Cosicchè, non è difficile presagire quanti altri numerosi, avvincenti capitoli la sua storia riservi ancora all’umanità, come nel destino di tutti quegli ideali che sono fatti per migliorare o, meglio ancora, per elevare verso sponde di spirito adeguate alle più alte tra le umane aspirazioni.
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