Le imprese ci stanno dicendo che non è possibile indebitarsi ulteriormente, hanno bisogno di avere sostegni a fondo perduto oltre a regole per la ripartenza imprenditoriale certe, chiare e veloci. Invece tutti noi siamo alle prese con una gestione governativa che si muove in maniera confusa, con regole approssimative, con tempi incerti, con controlli sanzionatori invece che di affiancamento per la ricostruzione attiva del sistema d’impresa. Questa è la situazione drammatica che viene denunciata da Confartigianato Taranto. Il decreto Fase due presenta una serie di falle in molti campi, a partire, ad esempio, dalla incomprensibile uniformità assoluta a livello territoriale delle misure adottate, con blocchi dell’attività imprenditoriale che hanno lasciato nella disperazione intere categorie.
Non si capisce perché, se il testo governativo lascia intatta e anzi ribadisce la chiusura dei confini regionali, quindi la non mobilità tra l’una e l’altra, non sia stato allora possibile prendere iniziative diverse sui territori a seconda della penetrazione della pandemia: abbiamo regioni duramente colpite e ancora alle prese con situazioni sanitarie preoccupanti, ma anche regioni in cui il passaggio del virus è stato molto meno costringente. Un’intelligente differenziazione che tenesse conto di queste differenze sarebbe stata e sarebbe auspicabile per consentire alle imprese e ai territori già pronti di ripartire.
Non si capisce inoltre il perché le imprese, manifatturiere, artigiane o commerciali, che hanno la possibilità di garantire la sicurezza e il distanziamento previsto dai protocolli non possano riaprire tutte. Dire ad alcune attività che devono rimanere chiuse ancora per settimane, quando non per oltre un mese (come bar, ristoranti e comparto benessere), senza per altro spiegare come potranno ripartire, non è più solo una presa in giro agli imprenditori di questi comparti, ma diventa una vera e propria sentenza capitale. Forse non si capisce che a giugno tanti non riapriranno, non a causa delle decisioni del Governo, ma perché avranno chiuso per sempre. Questi interventi, queste misure, vanno contro i protocolli che sono stati minuziosamente studiati e messi a punto nelle settimane scorse, molti dei quali predisposti proprio da Confartigianato e consegnati nelle mani del Governo, e continuano a far percepire l’idea che gli imprenditori sono degli irresponsabili che vogliono mettere a repentaglio la salute di collaboratori, clienti e fornitori. Questo modo paternalistico di trattare gli imprenditori è inaccettabile.
I giorni passano, le settimane pure ma soldini non se ne sono visti. Ora il decreto aprile diventa maggio, per sperare in un sostegno pronto e concreto alle imprese che noi vediamo tutti i giorni più in difficoltà e scoraggiate. Una delle cose più avvilente è la confusione normativa che ci costringe sempre a dover letteralmente studiare nell’enorme, continuativo, disordinato, spesso contraddittorio nei contenuti, afflusso di normative nazionali, regionali, comunali, di ordine pubblico.
I nostri piccoli imprenditori non stanno chiedendo sconti o scorciatoie, anzi sono i primi interessati a lavorare adottando rigorose profilassi per chiunque acceda e lavori in azienda, ma sulle procedure per la sanificazione, sui protocolli di sicurezza siamo al massimo della confusione, con diversi interventi normativi che si sovrappongono, il Dpcm nazionale, le ordinanze regionali e INAIL, per non citare il recentissimo protocollo nazionale con i sindacati. E poi, cosa molto grave, manca ancora il decreto attuativo che dovrà consentire alle imprese l’accesso al credito d’imposta previsto proprio per la sanificazione, col rischio che queste, per motivi burocratici, finiscano per perdere anche questo piccolo sostegno.
Ci sono anche altri temi decisivi: la questione dei controlli degli enti preposti che dovrebbero essere assolutamente di tipo istruttorio e non sanzionatorio, e il fatto che i finanziamenti alle aziende del territorio dovranno essere assolutamente a fondo perduto, per evitare che queste, moltissime già in difficoltà economiche prima della crisi causata dal Covid19, finiscano per indebitarsi ulteriormente e magari per scegliere di chiudere. La Cassa integrazione per i lavoratori delle aziende in crisi è difficile da acquisire, soprattutto quella in deroga, inoltre spesso gli istituti bancari non hanno anticipato gli importi e quindi molti rischiano di non avere respiro per andare avanti. Mentre siamo pienamente soddisfatti per il buon funzionamento degli ammortizzatori sociali per i dipendenti delle imprese artigiane, il Fondo FSBA, che crediamo sia l’unico strumento che abbia già onorato gran parte dei suoi impegni, grazie al grande sforzo lavorativo ed alla professionalità dei consulenti del lavoro e di Confartigianato che si è messa a completa disposizione giorno e notte per agevolare al massimo le procedure.
I più attenti sanno che a volte, da queste crisi gravissime, possono venire anche delle occasioni di crescita e riscatto: se il Paese, il Governo, le istituzioni locali e tutti noi riusciamo a indirizzare positivamente le energie che per forza dovranno essere liberate per la ripartenza, se riusciamo a mettere a frutto le tante risorse finanziarie che si stanno mettendo a disposizione per Taranto, a concretizzare la grande progettualità derivante dai tavoli istituzionali per la riconversione industriale, la riambientalizzazione e le bonifiche del territorio ma con la reale possibilità di far lavorare le nostre imprese locali, non solo come auspicio ma nei fatti, se facciamo in modo da rendere il sistema dei tributi locali non più opprimente e pressante e soprattutto a snellire la burocrazia, se mettiamo quindi la pluralità degli imprenditori tarantini in grado di lavorare con rinnovato entusiasmo ad un progetto di crescita, allora potremo avere davvero una vera rinascita del nostro sistema economico, la cui spina dorsale è appunto costituita dal lavoro quotidiano e silenzioso delle piccole e medie imprese.
Quindi care istituzioni governative locali, Regione Puglia e sindaci della provincia di Taranto, associazioni di categoria, diamoci da fare, insieme, adesso!
Non si capisce perché, se il testo governativo lascia intatta e anzi ribadisce la chiusura dei confini regionali, quindi la non mobilità tra l’una e l’altra, non sia stato allora possibile prendere iniziative diverse sui territori a seconda della penetrazione della pandemia: abbiamo regioni duramente colpite e ancora alle prese con situazioni sanitarie preoccupanti, ma anche regioni in cui il passaggio del virus è stato molto meno costringente. Un’intelligente differenziazione che tenesse conto di queste differenze sarebbe stata e sarebbe auspicabile per consentire alle imprese e ai territori già pronti di ripartire.
Non si capisce inoltre il perché le imprese, manifatturiere, artigiane o commerciali, che hanno la possibilità di garantire la sicurezza e il distanziamento previsto dai protocolli non possano riaprire tutte. Dire ad alcune attività che devono rimanere chiuse ancora per settimane, quando non per oltre un mese (come bar, ristoranti e comparto benessere), senza per altro spiegare come potranno ripartire, non è più solo una presa in giro agli imprenditori di questi comparti, ma diventa una vera e propria sentenza capitale. Forse non si capisce che a giugno tanti non riapriranno, non a causa delle decisioni del Governo, ma perché avranno chiuso per sempre. Questi interventi, queste misure, vanno contro i protocolli che sono stati minuziosamente studiati e messi a punto nelle settimane scorse, molti dei quali predisposti proprio da Confartigianato e consegnati nelle mani del Governo, e continuano a far percepire l’idea che gli imprenditori sono degli irresponsabili che vogliono mettere a repentaglio la salute di collaboratori, clienti e fornitori. Questo modo paternalistico di trattare gli imprenditori è inaccettabile.
I giorni passano, le settimane pure ma soldini non se ne sono visti. Ora il decreto aprile diventa maggio, per sperare in un sostegno pronto e concreto alle imprese che noi vediamo tutti i giorni più in difficoltà e scoraggiate. Una delle cose più avvilente è la confusione normativa che ci costringe sempre a dover letteralmente studiare nell’enorme, continuativo, disordinato, spesso contraddittorio nei contenuti, afflusso di normative nazionali, regionali, comunali, di ordine pubblico.
I nostri piccoli imprenditori non stanno chiedendo sconti o scorciatoie, anzi sono i primi interessati a lavorare adottando rigorose profilassi per chiunque acceda e lavori in azienda, ma sulle procedure per la sanificazione, sui protocolli di sicurezza siamo al massimo della confusione, con diversi interventi normativi che si sovrappongono, il Dpcm nazionale, le ordinanze regionali e INAIL, per non citare il recentissimo protocollo nazionale con i sindacati. E poi, cosa molto grave, manca ancora il decreto attuativo che dovrà consentire alle imprese l’accesso al credito d’imposta previsto proprio per la sanificazione, col rischio che queste, per motivi burocratici, finiscano per perdere anche questo piccolo sostegno.
Ci sono anche altri temi decisivi: la questione dei controlli degli enti preposti che dovrebbero essere assolutamente di tipo istruttorio e non sanzionatorio, e il fatto che i finanziamenti alle aziende del territorio dovranno essere assolutamente a fondo perduto, per evitare che queste, moltissime già in difficoltà economiche prima della crisi causata dal Covid19, finiscano per indebitarsi ulteriormente e magari per scegliere di chiudere. La Cassa integrazione per i lavoratori delle aziende in crisi è difficile da acquisire, soprattutto quella in deroga, inoltre spesso gli istituti bancari non hanno anticipato gli importi e quindi molti rischiano di non avere respiro per andare avanti. Mentre siamo pienamente soddisfatti per il buon funzionamento degli ammortizzatori sociali per i dipendenti delle imprese artigiane, il Fondo FSBA, che crediamo sia l’unico strumento che abbia già onorato gran parte dei suoi impegni, grazie al grande sforzo lavorativo ed alla professionalità dei consulenti del lavoro e di Confartigianato che si è messa a completa disposizione giorno e notte per agevolare al massimo le procedure.
I più attenti sanno che a volte, da queste crisi gravissime, possono venire anche delle occasioni di crescita e riscatto: se il Paese, il Governo, le istituzioni locali e tutti noi riusciamo a indirizzare positivamente le energie che per forza dovranno essere liberate per la ripartenza, se riusciamo a mettere a frutto le tante risorse finanziarie che si stanno mettendo a disposizione per Taranto, a concretizzare la grande progettualità derivante dai tavoli istituzionali per la riconversione industriale, la riambientalizzazione e le bonifiche del territorio ma con la reale possibilità di far lavorare le nostre imprese locali, non solo come auspicio ma nei fatti, se facciamo in modo da rendere il sistema dei tributi locali non più opprimente e pressante e soprattutto a snellire la burocrazia, se mettiamo quindi la pluralità degli imprenditori tarantini in grado di lavorare con rinnovato entusiasmo ad un progetto di crescita, allora potremo avere davvero una vera rinascita del nostro sistema economico, la cui spina dorsale è appunto costituita dal lavoro quotidiano e silenzioso delle piccole e medie imprese.
Quindi care istituzioni governative locali, Regione Puglia e sindaci della provincia di Taranto, associazioni di categoria, diamoci da fare, insieme, adesso!
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