Serie A, fra ripartenza e stop definitivo
di NICOLA ZUCCARO - L'Uefa detta i tempi per la definitiva sospensione o per la ripartenza dei massimi campionati nazionali, fissando al 25 maggio il termine ultimo per una definitiva risposta. La richiesta inoltrata dal suo Comitato esecutivo alle 55 federazioni nazionali e motivata dalla necessità di stilare l'elenco delle squadre partecipanti alle Coppe europee 2020-21 può essere considerata un ultimatum per la Serie A italiana.
Pur con la ripresa degli allenamenti di gruppo, fissata al 18 maggio - sulla base del DPCM del 27 aprile - ma monca del via definitivo da parte delle autorità governative e sanitarie, la riapertura dei suoi battenti, con il passare dei giorni, è sempre più improbabile. Al 25 maggio dell'Uefa, la Lega di Serie A (non facendosi trovare impreparata) ha proposto il 14 giugno quale data-limite per la ripartenza del relativo torneo e, se così non sarà, è pronto il Piano B.
Esso prevede la non assegnazione dello Scudetto, l'elencazione delle prime 6 squadre da qualificare alle Coppe Europee e una limitazione delle retrocessioni a 2 club, sostituiti da altrettanti che saliranno dalla Serie B. Una prospettiva che si fa sempre più concreta, sia per le incompletezze rilevate dal Comitato tecnico-scientifico afferente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
I tentennamenti e i rinvii evidenziati dalla stessa e che si ripercuotono sulla Figc non fanno presagire nulla di buono all'orizzonte, circa una ripartenza del massimo torneo nazionale. E se essa avverrà, perché condizionata e motivata da ragioni economico-finanziarie, non sarà ugualmente brillante quanto a freschezza atletica (per via della calura estiva) e ad una serenità psicologica esposta dal rischio di un contagio del Covid-19, come paventato dalla maggioranza dei tesserati (fra allenatori e calciatori) dei 22 club.
E se questi sono i presupposti, Pay-Tv o altro interesse permettendo, dalla serie prevenire è sempre meglio che curare, meglio tardi che mai per quel rompete le righe che potrebbe corrispondere alla Caporetto del calcio italiano e di una classe dirigente del Paese che alle parole non ha fatto seguire i fatti per un ritorno in campo della Serie A.
Pur con la ripresa degli allenamenti di gruppo, fissata al 18 maggio - sulla base del DPCM del 27 aprile - ma monca del via definitivo da parte delle autorità governative e sanitarie, la riapertura dei suoi battenti, con il passare dei giorni, è sempre più improbabile. Al 25 maggio dell'Uefa, la Lega di Serie A (non facendosi trovare impreparata) ha proposto il 14 giugno quale data-limite per la ripartenza del relativo torneo e, se così non sarà, è pronto il Piano B.
Esso prevede la non assegnazione dello Scudetto, l'elencazione delle prime 6 squadre da qualificare alle Coppe Europee e una limitazione delle retrocessioni a 2 club, sostituiti da altrettanti che saliranno dalla Serie B. Una prospettiva che si fa sempre più concreta, sia per le incompletezze rilevate dal Comitato tecnico-scientifico afferente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
I tentennamenti e i rinvii evidenziati dalla stessa e che si ripercuotono sulla Figc non fanno presagire nulla di buono all'orizzonte, circa una ripartenza del massimo torneo nazionale. E se essa avverrà, perché condizionata e motivata da ragioni economico-finanziarie, non sarà ugualmente brillante quanto a freschezza atletica (per via della calura estiva) e ad una serenità psicologica esposta dal rischio di un contagio del Covid-19, come paventato dalla maggioranza dei tesserati (fra allenatori e calciatori) dei 22 club.
E se questi sono i presupposti, Pay-Tv o altro interesse permettendo, dalla serie prevenire è sempre meglio che curare, meglio tardi che mai per quel rompete le righe che potrebbe corrispondere alla Caporetto del calcio italiano e di una classe dirigente del Paese che alle parole non ha fatto seguire i fatti per un ritorno in campo della Serie A.