ROMA – I medici dichiarano impatti in termini di diagnosi e biopsie dimezzate del 52%, ritardi negli interventi chirurgici per il 64%, visite pazienti/settimana diminuite del 57% (Dati Sondaggio IQVIA). Bastano questi numeri per fotografare l’impatto della pandemia da coronavirus sulla cura del cancro in Italia. Nel 2019, in Italia, sono stati stimati 371mila nuovi casi di cancro. I pazienti e le società scientifiche chiedono interventi urgenti, perché i tumori non sono malattie meno gravi del COVID-19 e ulteriori ritardi nella programmazione dell’assistenza rischiano di compromettere le possibilità di sopravvivenza.
Per questo, FAVO, AIOM, AIRO, SICO, SIPO e FNOPI (Europa Donna Italia e IncontraDonna hanno aderito in rappresentanza di numerose altre associazioni di volontariato) hanno stilato un Documento programmatico per affrontare la cosiddetta fase 2, che tocca diversi punti cruciali: potenziamento della telemedicina, delle cure territoriali e dell’assistenza domiciliare, incremento del numero di interventi chirurgici, aggiornamento del parco tecnologico nazionale degli apparecchi di radioterapia, riattivazione urgente di tutti i programmi di screening, eliminazione degli ostacoli burocratici per ottenere le tutele sociali ed effettiva realizzazione delle Reti oncologiche regionali, con investimenti importanti nella medicina di precisione.
“Nella fase 2, tutti i pazienti possono rivolgersi, con fiducia e serenità , alle loro strutture di riferimento, dove sono stati attivati protocolli specifici per la protezione dal contagio – si legge nel Documento -. Invitiamo i pazienti oncologici e le loro famiglie a superare ogni riserva e a non trascurare diagnosi e trattamenti per immotivate paure di contagio, anche per non compromettere i brillanti successi che negli ultimi anni sono stati raggiunti nella cura del cancro”. FAVO, AIOM, AIRO, SICO, SIPO e FNOPI ritengono che l’emergenza COVID-19 abbia evidenziato drammaticamente una serie di carenze del Servizio Sanitario Nazionale, affrontate soprattutto grazie alla straordinaria opera di dedizione e sacrificio degli operatori sanitari. Per porre rimedio a queste lacune, servono misure di potenziamento e aggiornamento del sistema, a cui associazioni di pazienti e operatori sanitari vogliono contribuire con proposte concrete.
Nella fase di emergenza le visite di follow-up sono state convertite a contatti telefonici e telematici, che non hanno la pretesa di sostituire le visite fisiche, ma hanno consentito la tempestiva discussione degli esami di laboratorio e strumentali e di eventuali sintomi di malattia. “Nella fase 2 – è evidenziato nel Documento -, vanno uniformati a livello nazionale i programmi di telemedicina, utili non solamente per i pazienti liberi da malattia e in follow-up, ma anche per coloro che sono in trattamento attivo. Vanno adottati i patient-reported outcomes elettronici nella pratica clinica oncologica, perché associati a beneficio in termini di gestione tempestiva dei sintomi e delle tossicità dei trattamenti, di qualità di vita e soddisfazione del paziente, nonché in termini di riduzione degli accessi in pronto soccorso e ospedalizzazioni. Va inoltre assicurata l’integrazione delle piattaforme telematiche con i sistemi informatici del Servizio Sanitario Nazionale”.
L’emergenza ha dimostrato le criticità che possono derivare dalla scarsa interazione e integrazione tra ospedale e medicina del territorio. Sono molteplici le Regioni inadempienti nella capacità di garantire il livello di assistenza sanitaria distrettuale. FAVO, AIOM, AIRO, SICO, SIPO e FNOPI chiedono la realizzazione di modelli organizzativi per la presa in carico dei malati oncologici con l’integrazione tra strutture ospedaliere e territorio, prevedendo il trattamento oncologico domiciliare in tutte le situazioni cliniche che lo consentono. Un ruolo di primo piano in questo senso va attribuito alla figura dell’infermiere di famiglia e di comunità in tutte le Regioni, come previsto nel Patto per la Salute 2019-2021 per le cronicità , oggi introdotta in modo disomogeneo sul territorio nazionale. Le Associazioni di pazienti e le società scientifiche chiedono inoltre, fino a quando la pandemia non sarà sconfitta, il monitoraggio a domicilio delle persone colpite da tumore per una diagnosi precoce del Covid-19.
Anche gli interventi chirurgici devono riprendere a pieno ritmo. “Nella fase 2 – è scritto nel Documento -, va incrementata l’attività di chirurgia elettiva oncologica del 20-30%, per permettere la progressiva presa in carico dei pazienti non trattati nei mesi dell’emergenza ed è necessario creare posti aggiuntivi di terapia semi-intensiva post-operatoria, per poter effettuare le chirurgie maggiori in sicurezza. Inoltre è opportuno estendere l’obbligo di eseguire tamponi nasofaringei per Covid-19 e l’eventuale sierologia per i pazienti candidati a chirurgia oncologica, pur in assenza di sintomi”.
Oltre alla chirurgia, un’altra arma della cura del cancro è costituita dalla radioterapia. “Nella prima fase di emergenza – è spiegato nel Documento - non è stata ridotta l’attività radioterapica nazionale. Questo risultato è stato reso possibile, oltre che dallo sviluppo di una corretta organizzazione, anche dalla possibilità di effettuare trattamenti che, mediante l’applicazione di nuove tecnologie, riducono il numero totale delle sedute di radioterapia. Serve però un aggiornamento del parco tecnologico nazionale degli apparecchi di radioterapia, per eseguire in tutto il territorio quelle procedure di trattamento altamente tecnologico che permettono un minor numero di applicazioni, con migliore impatto sulla qualità di vita dei pazienti”.
Accanto al monitoraggio a livello nazionale della qualità assistenziale in tutte le strutture per le Cure Palliative, FAVO, AIOM, AIRO, SICO, SIPO e FNOPI, nel Documento, chiedono il potenziamento del sostegno psicologico, anche grazie alla telemedicina, delle persone colpite da cancro “con l’attivazione di percorsi flessibili che consentano di reclutare e mettere a sistema professionisti esperti in psico-oncologia”.
Attenzione sia alla prevenzione che agli interventi socio sanitari. La pandemia ha causato “la sospensione per tre mesi degli screening per i tumori al colon retto, alla mammella e alla cervice, che si tradurrà in un significativo ritardo diagnostico. Per questo è necessario riattivare con urgenza tutti i programmi di screening oncologici, prevedendo misure atte a facilitarne l’accesso in sicurezza, tramite percorsi dedicati possibilmente in strutture Covid free”.
Sul fronte delle tutele sociali, la necessità di ridurre assembramenti negli ospedali e negli uffici pubblici rende ancora più urgente lo snellimento delle procedure burocratiche. “Va previsto l’invio telematico alla ASL della certificazione medica per il riconoscimento dell’esenzione per patologia oncologica (cod. 048) eliminando, quindi, ulteriori passaggi a carico dell’assistito. È necessario l’invio telematico del piano terapeutico, o del suo rinnovo, direttamente da parte del medico curante al medico di medicina generale ed alla ASL, senza necessità di ulteriori passaggi a carico dell’assistito. Va semplificata la procedura di certificazione del rischio da Covid-19 per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, prevedendo un unico certificato medico o mediante autocertificazione da parte del diretto interessato sulla base dell’esenzione per patologia (cod. 048). Deve inoltre essere chiarito che l’indennità economica ‘reddito di ultima istanza’ (bonus 600 euro) è cumulabile con l’assegno ordinario di invalidità e con le analoghe provvidenze economiche previdenziali per invalidità previste per i liberi professionisti iscritti alle rispettive casse ordinistiche”.
Solo la costituzione e il pieno funzionamento delle Reti Oncologiche in tutte le Regioni può garantire la migliore assistenza a 360 gradi. Le Reti assicurano anche l’accesso alle terapie innovative, a cominciare dalla medicina di precisione, che richiede con urgenza investimenti in infrastrutture cliniche, servizi adeguati e strutture dipartimentali. “Deve essere accelerato il percorso riorganizzativo regionale e nazionale, in una logica di rete con centri Hub, in cui concentrare l’alta complessità , e centri Spoke, in cui effettuare il resto delle prestazioni in stretta collaborazione gli uni con gli altri – sottolineano FAVO, AIOM, AIRO, SICO, SIPO e FNOPI -. E va finanziato l’ammodernamento delle attrezzature finalizzate a limitare al massimo la permanenza dei pazienti in ospedale (si pensi alla chirurgia mini-invasiva avanzata, alle tecnologie radioterapiche e ai servizi oncologici che minimizzano l’accesso agli ospedali)”.
Tutti questi obiettivi possono essere realizzati solo con il coinvolgimento attivo e strutturato delle Associazioni dei pazienti in tutti i processi, dalla programmazione all’organizzazione dei servizi. “Ciò potrebbe costituire la vera innovazione per l’oncologia del futuro – conclude il Documento -, un nuovo modello tarato sulle reali necessità e sui bisogni dei pazienti, che solo chi ha vissuto la malattia può conoscere a fondo”.
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