VITTORIO POLITO – Iosif Stalin (1879-1953), il cui nome deriva da “Stal”, che in russo significa “acciaio”, è stato una delle maggiori figure di dittatore del Novecento. Succeduto a Lenin nella guida della Russia comunista, dopo aver distrutto con il terrore tutte le opposizioni, si impose quale capo assoluto del paese, della cui potenza industriale e militare gettò le basi. Sconfisse la Germania nazista e creò un impero nell’Est europeo, facendo dell’Unione Sovietica una superpotenza.
Cadere in disgrazia per una precisa diagnosi e rischiare la vita è un evento insolito, invece ai medici Levin e Pletnev, che nel 1937, chiamati a visitare Stalin, diagnosticarono correttamente “psicosi paranoica”. L’anno successivo, non si sa per quali motivi, furono condannati il primo a morte e il secondo a 25 anni di carcere. A quei tempi nessuno poteva dubitare dell’efficienza fisica e mentale del dittatore.
Qualche anno prima della seconda guerra mondiale (1939-1945), Stalin presentava i segni di una “lenta involuzione psichica”, forse legata all’aterosclerosi cerebrale che sarebbe stata confermata dopo la sua morte.
Chiuso in se stesso e sempre sospettoso di chiunque, alla fine il suo comportamento si tradusse in una “mania di persecuzione”, che lo induceva a chiudersi a chiave nella camera da letto, opportunamente blindata, fino a raddoppiare ed a decuplicare le guardie del corpo. Cosicché, quando fu colpito da emorragia cerebrale, restò paralizzato e privo di coscienza nella sua stanza e si dovettero attendere 24 ore prima di far demolire la porta blindata, prestandogli ormai un inutile soccorso.
In precedenza era stato colpito da “infarto del miocardio” a cui ne seguirono altri due, rimasti tutti segreto di Stato. Il deterioramento cerebrale, imputato a probabile morbo di Alzheimer, si manifestava con eccessi di collera, allucinazioni, difficoltà della parola e paranoia.
Il delirio di persecuzione esplose nel 1953, allorquando fu reso noto un presunto complotto di medici, finalizzato, secondo l’accusa, ad “accorciare la vita di noti dirigenti dell’Unione Sovietica, praticando loro trattamenti nocivi”. Ma Stalin, che esigeva che il processo, doveva essere rapido e concludersi non con la fucilazione ma con l’impiccagione. Il processo non ebbe mai luogo, anche perché proprio in quei giorni, il 5 marzo 1953, fu annunciata la morte del dittatore.
Alcune di queste note sono state riprese dal volume di Luciano Sterpellone “Famosi e malati” (Società Editrice Internazionale).
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