VINCENZO NICOLA CASULLI - La locazione come paradigma sociale di crisi in tempo di Coronavirus. La pandemia che sta imperversando su tutto il territorio mondiale sta creando una crisi profonda nell'economia nazionale e non. Una delle domande che vengono rivolte maggiormente agli operatori del diritto è rappresentata dalla possibilità , per il conduttore di un immobile, di sottrarsi al pagamento del canone di locazione.
A tal proposito, occorre fare chiarezza in quanto gli interventi governativi, in materia locatizia, ad oggi, si sono limitati a concedere agevolazioni fiscali in favore degli esercenti la cui attività di impresa è stata sospesa a seguito delle misure restrittive “anti coronavirus”.
Con il “decreto CuraItalia” è stato concesso un credito d'imposta pari al 60% del canone di locazione di negozi e botteghe (immobili appartenenti alla categoria catastale C/1) pagato per il mese di marzo 2020, riguardante solo le attività ritenute “non essenziali”, mentre sono state escluse tutte le attività che non hanno dovuto sospendere il proprio servizio in virtù delle imposizioni governative.
La possibilità di modificare il canone di locazione è, quindi, interamente demandata alle parti, indipendentemente dalla destinazione dell’immobile, sia essa ad uso abitativo, sia ad uso diverso e indipendentemente dalla tipologia di contratto (canone libero, convenzionato, etc.) o regime fiscale (tassazione ordinaria o cedolare secca).
Ma quali sono le norme che permetterebbero al conduttore di “pretendere” una riduzione del canone?
L’art. 1464 del codice civile, per i contratti in generale, prevede che nel caso in cui la prestazione di una delle due parti del contratto sia divenuta parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto ad una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta.
Ergo, se il proprietario non è in grado di far godere oggettivamente il bene locato in maniera piena e senza restrizioni, il conduttore potrebbe aver diritto alla proporzionale riduzione del canone di locazione.
Ai sensi dell'art. 1258 c.c., in caso di impossibilità parziale di adempiere alla prestazione dovuta (corrispondere il canone), il debitore (il conduttore) si libera dall'obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile e, quindi, pagando un canone proporzionato al godimento concessogli del bene locato. Occorre precisare, però, che, al termine del periodo di sospensione, dovranno comunque essere corrisposti i canoni arretrati, per intero. Differente è la situazione che riguarda i contratti ad uso abitativo, seppur temporanei.
A differenza del contratto ad uso commerciale, i contratti ad uso abitativo, anche temporanei (ad esempio, i contratti per studenti e simili), riscontrano maggiore difficoltà nella configurazione di impossibilità sopravvenuta, poiché il bene mediato è disponibile e fruibile e la prestazione è possibile. Si potrebbe intervenire in taluni casi, invece, sul profilo dell’onerosità sopravvenuta. Una soluzione temporanea al problema potrebbe essere ravvisata nella possibilità di compilare un apposito modulo per i contratti rimodulati, che consentirebbero al locatario di segnalare la minore entrata e pagare quindi meno imposte sul contratto in essere, e al locatore di poter beneficiare, anche per un periodo limitato, di uno sgravio sul proprio canone.
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