Rita Pavone: ''Nella musica di oggi si da più importanza agli outfit che alla voce''


Una carriera a tutto rock, sempre con il piede sull'acceleratore, anche se la vita non è stata sempre resiliente con lei. Ciò che apprezzo di Rita Pavone è la sua sincerità, la sua schiettezza e il suo essere una guerriera. E' un turbo di emozioni quando mi racconta la sua carriera e di quell'incontro negli Stati Uniti con la leggenda del rock'n roll, Elvis Presley.

Il suo percorso artistico è stato ricco di successi, da "Sul cucuzzolo"a "La partita di pallone" (entrambe scritte da Edoardo Vianello), "Come te non c'è nessuno", "Alla mia età", "Il ballo del mattone", "Cuore" (versione italiana di "Heart", hit americana), "Non è facile avere 18 anni", "Che m'importa del mondo" e "Datemi un martello", sono alcune delle hit che hanno consacrato Rita tra le artiste femminili più importanti del panorama musicale italiano.

Nel 1964 interpreta 'Il giornalino di Gian Burrasca', sceneggiato televisivo diretto da Lina Wertmuller e la sigla di questo prodotto è "Viva la pappa col pomodoro", brano destinato a diventare un successo nazionale e internazionale. E quest'anno, finalmente, è tornata sul palco del Festival di Sanremo con il brano 'Niente (Resilienza 74) scritto da suo figlio Giorgio e contenuto in 'Rarità', un doppio album che racchiude la sua storia in 37 canzoni e collaborazioni speciali, da Lucio Dalla ai Daft Punk, Paul Anka e Dario Gay.  Nei prossimi giorni sarà disponibile anche il doppio vinile 33 giri in edizione limitata, numerata e colorata con 3 canzoni non presenti nel cd. E dalla sua casa in Svizzera, Rita ci apre il libro della sua vita.


Rita, nella sua lunga carriera qual è stato l'incontro artistico che l'ha emozionata e che conserva nei suoi ricordi? 
Certamente con Elvis Presley. Premetto che io ritengo Presley l’innovatore musicale per eccellenza. Il suo modo di cantare e di muoversi in scena sono stati la chiave di volta non solo per la mia generazione ma anche per quelle che sono venute dopo e che a lui si sono ispirate.Era il 1965, io mi trovavo a Nashville e stavo realizzando negli studi della RCA Victor il mio terzo album statunitense sotto la direzione di Chet Atkins.

Come avvenne l'incontro? 
L’incontro con Elvis, che avvenne intorno alla mezzanotte e di cui ne parlo anche nel mio libro “Tutti pazzi per Rita “ scritto insieme al giornalista Emilio Targia, resta un incontro diverso da tutti gli altri forse perché fu arduo da gestire, o almeno così ci sembrò a causa del tanto temuto “Colonnello “Parker, il manager di Elvis, il quale era considerato da tutti un personaggio emblematico, difficile. Un uomo da trattare assolutamente con i guanti. Per questo, sin dal momento che io espressi ingenuamente ad Atkins il mio desiderio di conoscere Presley, sembrò quasi ci si dovesse preparare ad uno nuovo sbarco in Normandia.

Finalmente riuscì ad incontrarlo... 
Per nostra grande fortuna, lui, Parker, giunse invece in studio ad incontro ormai avvenuto. Elvis, ricordo, era in grandissima forma. Bello. Aveva delle lunghe basette e indossava dei rayban gialli. Si rivelò anche una persona generosa, gentile e alla mano. Prima di lui lo precedettero i Jordanaires, il gruppo musicale che lo accompagnava, poi la sua segretaria, il suo avvocato, il suo ingegnere del suono…e poi… poi lui! La cosa che lasciò tutti senza parole e io completamente basita, non fu solo il fatto che Presley mi avesse subito riconosciuta e che mi fosse venuto incontro per salutarmi e per congratularsi con me.


Però lei negli Stati Uniti era già conosciuta...
Sì, è vero, io avevo già avuto modo di farmi conoscere dal pubblico statunitense tramite tre bellissime performances tenutesi proprio all’ Ed Sullivan Show, e proprio quella terza volta, mi ero trovata ad essere, sulla luminosa del teatro in Broadway, il terzo nome di chiamata dopo Duke Ellington ed Ella Fitzgerald. Tutto questo in quello stesso teatro dove, anni dopo, si sarebbe svolto il “David Letterman Show “. Sapevo di essere “pretty knows” come usano dire gli americani per definire un personaggio di cui si sta parlando molto, ma mai, dico mai, avrei immaginato che lui mi riconoscesse e, alla mia richiesta di un autografo, mi regalò un dipinto che lo rappresentava corredandolo con una bella dedica. Dipinto che io conservo in casa mia come una reliquia.

Suo figlio Giorgio le ha regalato un brano meraviglioso che ha portato quest'anno sul palco del Festival di Sanremo (Niente – Resilienza74). Cosa rappresenta per lei questo brano? 
Erano anni che chiedevo un pezzo a Giorgio. Quando non ci speravo più, lui non mi dà un disco da ascoltare e mi dice: “Mà, ho scritto questa cosa per te. Vedi un po’ se ti piace. “ Come l’ho sentita ho detto “ Wow” ! Caspita! Questo sì che è un gran pezzo. Non solo mi ha permesso di far conoscere la Rita rocker nell’anima, ma mi rappresenta anche caratterialmente. In realtà è un brano che rappresenta tutti noi. L’umanità intera. Chi non è stato toccato dal dolore? Chi non ha dovuto subire un’ingiustizia ? Chi non ha perduto una persona amata oppure un amico ? Ognuno di noi serba in sé un dolore. Sta nella persona avere voglia di lottare e sconfiggerlo. Il bosco, di cui parlo, è la metafora della vita. La fitta boscaglia può proteggerti ma può anche toglierti il respiro. La resilienza è la forza di non abbattersi. Possono piegarti ma non riusciranno a spezzarti .

Giorgio ha preso da lei? 
Giorgio, il mio secondogenito, ha un grande talento musicale. Scrive con facilità. Compone con facilità. Arrangia i suoi brani con facilità. E’ un musicista polivalente. Quello che avrei desiderato essere io se solo avessi potuto.

Perchè? 
La mia generazione, nata nell’immediato dopoguerra, è stata privata di tantissime cose. Avrei dato l’anima pur di saper suonare il pianoforte. Ma in casa nostra non c’erano soldi sufficienti per continuare gli studi figuriamoci per imparare a suonare uno strumento.


E' stata un'infanzia difficile? 
Ho cominciato a lavorare all’età di 13 anni. Terza di 4 figli, sei bocche da sfamare, era giusto che noi si desse una mano a nostro padre. Ma nonostante le difficoltà non mi sono mai arresa. Ho cercato di riempire le mie carenze culturali imparando quello che non sapevo per conto mio. Leggendo tantissimo e di tutto. Splendidamente autodidatta, ho trovato da sola il mio posto al sole.

Com'è stato ritornare al Festival di Sanremo? 
Una botta incredibile di adrenalina. Avrei potuto parteciparvi come ospite, ma sapere di vincere una battaglia ancora prima di cominciarla non è da me. E con un repertorio ricco di successi come il mio – Cuore – Fortissimo – Il Geghegè – Questo Nostro amore- Come te non c’è nessuno e altri, sarebbe stata una passeggiata. Io invece desideravo fortemente mettermi in gioco. E trovarmi a gareggiare con dei ragazzi più giovani persino dei miei figli è stato grandioso oltre che divertente. Non finirò mai di ringraziare Amadeus per avermi dato questa opportunità.

La sua voce, negli anni, è rimasta potente e intensa. Cosa ha fatto per mantenerla così? Niente. Non faccio proprio niente. Ed è questa la ragione per cui sono stata felice di essere stata presente quest’anno in gara a Sanremo. Perché si prendesse nota che l’età anagrafica di una persona talvolta ha valore solo per dei documenti. Nel mio caso, e me lo dicono in tanti, sembra che il signor tempo, il quale ha lavorato giustamente sul mio corpo e sul mio viso, debba però essersi dimenticato della mia voce, la quale oggi, sembra persino più interessante di quanto non lo fosse stata quand’ero adolescente.

Come sta trascorrendo queste giornate in quarantena? 
Facendo le cose che mi piacciono. Ad esempio, curare i fiori e le piante del mio giardino. Ho il pollice verde come l’aveva mia mamma. Nelle giornate uggiose, invece, ne approfitto per occuparmi del mio archivio: discografia, videoteca e giornali italiani ed esteri.

Per gli artisti il governo non ha pensato a nessuna manovra per tutelarli. Cosa ne pensa? 
Noi artisti siamo dei fortunati. Siamo dei privilegiati. Quello che mi preme quindi non è il nostro destino. A me preme il destino delle maestranze, di coloro che stanno dietro di noi. Gente invisibile per lo spettatore, di cui talvolta anche noi non sappiamo neppure il nome ma della cui presenza non possiamo fare a meno. Noi “artisti “usciamo in scena belli, puliti, pettinati, truccati per esibirci quelle due orette. Noi “artisti” usciamo su palchi sui quali hanno lavorato ore ed ore tecnici, scenografi, falegnami, elettricisti, fonici. Gente invisibile, come gli autisti che, guidando TIR pieni di materiale, non hanno dormito notti intere pur di arrivare in tempo a portare quel materiale da montare. Gente che per quelle nostre due orette di spettacolo ne ha spese 24 delle sue per prepararti il terreno. Gente che ha una famiglia da mantenere e che merita il mio, il nostro rispetto, oltre che un grazie immenso. E’ lamentevole che nessuno al governo trovi modo e maniere per tutelare queste persone. Qualche volta bisognerebbe saper indossare anche le scarpe degli altri per capire quanto pesante sia stato il loro cammino. Quello che il governo finge di ignorare è che c’è tutto un mondo intorno, come diceva quella bella canzone, e di questo mondo bisognerebbe tenerne conto. Sia di chi appare, sia di chi ti permette di apparire.

Lei, Ornella Vanoni, Patty Pravo, Milva, Mina, siete parte di un'epoca artistica irripetibile. Secondo lei, ad oggi, ci sono delle cantanti femminili che possano resistere nel tempo? 
Innanzitutto, la ringrazio per avermi inserita tra queste grandi donne. Lei ha citato voci della musica italiana la cui vocalità è riconoscibilissima. Apri la radio e sai subito chi stia cantando. E a queste loro voci hanno fatto seguito altre esperienze che hanno reso ancora più concreto il loro lavoro: il teatro, il cinema. Tranne la Nannini e Giorgia, credo che oggi le vocalità femminili si assomiglino un po’ tutte. Io, almeno, fatico a riconoscerle. Debbo vederle per distinguere l’una dall’altra.

Cosa pensa della nuova generazione di artisti? 
Penso che la musica, dopo l’ennesima mutazione genetica - ora sembrano contare più gli outfit che la voce – riprenderà il posto che le spetta di diritto. Meno rumore. In tutti i sensi. E come nella moda, dopo tutte le follie, ci sarà il grande ritorno al vintage del “tessuto “ musicale. Un piccolo segnale positivo: Lady Gaga, con i capelli raccolti e neri, quasi senza trucco e vestita in maniera sobria, che canta seduta al piano. Lei che solo pochi anni fa appariva vestita di carne.

E dei talent? 
I talent possono rivelarsi una grande vetrina se vengono utilizzati nuovi artisti che non seguono quello che è già stato fatto. Una che imita Aretha Franklin non mi dà nessunissima emozione. Libera di farne il tributo se lo desidera. Anche quello è un lavoro. Difficile ma onesto. Ma una che vuole trovare la propria dimensione artistica deve saper osare. Potrà anche non piacere a taluni ma dimostrerà di avere personalità. E la personalità è quella cosa che di un cantante fa un artista.

In questo periodo ha delle nuove idee per dei prossimi progetti musicali?  
Insieme a Giorgio, sto lavorando a nuove idee musicali per un album di inediti. A metà maggio uscirà su vinile “Ra-Rità “, che è un insieme di inediti che più inediti non si può poiché sono brani stranieri e di produzione locale – inglesi, francesi, spagnoli, tedeschi - che mi hanno permesso di godere di grande popolarità all’estero. Materiale molto interessante scritto per me da autori celeberrimi come Lloyd Webber e Tim Rice, autori di “ Jesus Christ Superstar “ e “ Evita “.

Rita, siamo arrivati ai saluti e le faccio un'ultima domanda. Cosa occorrerà per ripartire? 
Tanta buona volontà e la gioia di esserci. Di avere “sfangato “il virus. Seguendo con diligenza e saggezza quello che ci viene detto di fare. Talvolta i piccoli passi permettono di fare lunghi tragitti.