NICOLA RICCHITELLI – 473 incontri disputati indossando la maglia dell’Inter con cui ha vinto un tricolore, una Supercoppa italiana e due Coppe Uefa.
Con la maglia azzurra prese parte a due campionati del mondo, 1986 e soprattutto il 1990, il mondiale delle notti magiche, in cui tenne la porta inviolata per ben 517 minuti – record tuttora rimasto imbattuto – i suoi guantoni gli hanno consentito di essere eletto portiere dell'anno IFFHS per tre volte consecutive dal 1989 al 1991.
Sulle pagine di Giornale di Puglia quest’oggi uno dei più grandi portieri della storia del calcio italiano: Walter Zenga.
Walter, facciamo iniziare questa chiacchierata da quelle lacrime versate in un Salernitana – Pisa del 1978. Cosa ha rappresentato per te quel momento e che peso hanno avuto quelle lacrime?
R: «Ho sempre pensato positivo nella mia vita, avevo 18 anni e un sogno. Non è un episodio che può determinare in positivo o negativo la carriera di un calciatore. Nel mio caso, sarebbe stata più congrua una domanda ponente l’attenzione sul fatto che, a soli 18 anni, ero già titolare in serie C in una squadra gloriosa come la Salernitana e che la domenica prima avevo parato un rigore a 10’ dalla fine nel derby contro la Paganese permettendo alla mia squadra di vincere...».
Cosa significa per un portiere subire un goal?
R:«È una domanda retorica perché chi sceglie quel ruolo mette in preventivo di subire goal, certo a nessun portiere fa piacere ma, da portiere, preferisco ovviamente ricordare le parate piuttosto che i goal subiti».
E per te? Cosa provavi ogni qual volta la palla bucava la rete?
R: "Ho già risposto. Aggiungo solo che un portiere deve avere una grande qualità che è quella di mettersi tutto alle spalle sia un goal subito che una grande parata".
Walter, da piccoli ogni bimbo che mette piede sul prato verde sogna la maglia numero 10 e di segnare tanti goal. A te cosa spinse a mettere i guantoni da portiere?
R:«LA PASSIONE, LA VOGLIA. L’AMMIRAZIONE PER QUEL RUOLO».
R: «Non c’è un attaccante in particolare, sarebbe simpatico girare questa domanda agli attaccanti chiedendo quali sono stati i portieri più difficili da affrontare».
Quanto il calcio ti ha dato e quanto ti ha tolto?
R:«Mi ha solo dato, non mi ha tolto nulla».
Walter, parliamo un po’ dei colori nerazzurri. Che peso ha avuto per te la maglia dell’Inter?
R: «Ventidue anni tra prima squadra e giovanili, mi sembra sufficiente come risposta».
Che emozioni provavi ogni qual volta la indossavi?
R: «Cosa posso dire??? Il sogno divenuto realtà di un bambino tifoso che diventa protagonista nella sua squadra del cuore».
Antonio Conte? È l’uomo giusto per riportare l’Inter dove merita?
R: «Non sta a me dirlo ma mi auguro di sì».
Vi è stato un momento nella tua carriera che sei stato vicino a sedere su quella panchina?
R: «Non ha più importanza ora».
Da allenatore, hai raggiunto traguardi notevoli nell’Est Europa, e sei riuscito ad allenare anche nella zona araba. Cosa ti ha spinto ad intraprendere il cammino in queste terre?
R:«Ho girato il mondo e non me ne pento, anzi sono fortunato e ringrazio Dio per avermi dato il talento e l’opportunità per poterlo usare».
Walter, vorrei chiudere questa intervista facendo volgere il nastro della memoria alla sera del 3 luglio 1990. Ti sei mai chiesto se oggi rifaresti quell’uscita?
R: «Avrei preferito che vi foste ricordati del fatto che è dal 1990 che abbiamo il record di imbattibilità dei mondiali, che vincemmo 6 partite pareggiandone una sola e che nonostante ciò arrivammo terzi. Comunque dopo quel goal ci furono ancora 20 minuti di tempi regolamentari, due tempi supplementari e in più i rigori, rigori che furono fatali anche nel 1994 in finale e nel 1998 ai mondiali di Francia».