MILANO - Lo scrittore bolognese Alessandro Bruni presenta “We Were Grunge”, un romanzo intimo ma anche un’opera di non fiction che rievoca i tempi della musica grunge in quel di Seattle, quando gruppi come Nirvana, Soundgarden, Alice in Chains e Pearl Jam hanno rimescolato le certezze e le coscienze dei ragazzi degli anni novanta. È anche la storia di un uomo, aspirante scrittore, che cerca sé stesso attraverso un pellegrinaggio tra i boschi della Via degli Dei, con la sola compagnia dei fantasmi dei soccombenti e dell’ingombrante figura di chi è rimasto, con il quale intrattiene un emozionante dialogo interiore.
Il romanzo We Were Grunge di Alessandro Bruni ha un sottotitolo che presenta in parte la trama di quest’opera a metà tra il saggio e l’auto-fiction: In cammino con Chris Cornell, Kurt Cobain, Layne Staley e Eddie Vedder. E sono infatti quattro le sezioni in cui è diviso il libro, relative ai quattro musicisti che sono stati i protagonisti indiscussi della scena grunge di Seattle negli anni novanta. Ma oltre al racconto lucido e profondamente partecipato della storia in pillole di questi tormentati artisti, l’opera si focalizza anche sulla vicenda di un uomo che decide di chiudere temporaneamente i ponti con la sua vita, per partire per un viaggio a piedi tra i boschi dell’Appennino Tosco-Emiliano e scrivere un romanzo che da tempo girovagava nella sua testa. Sarà un cammino faticoso dal punto di vista mentale e fisico, una sorta di pellegrinaggio pagano che porta omaggio a divinità malridotte e terrene, tre delle quali già ascese al Paradiso altrettanto pagano della Musica.
In certi passaggi questo cammino diventa una via crucis, le cui stazioni sono rappresentate dalle canzoni che risuonano nella testa del protagonista, a memento di uomini che hanno trasformato in arte la loro sofferenza interiore, che si sono immolati sull’altare della condivisione esponendo le proprie ferite sanguinanti e donandosi completamente, anima e corpo, anche quando era rimasto ben poco da offrire. E non è un caso che la dedica in apertura del romanzo reciti: “Per quelli che soccombono e quelli che restano”, a rimarcare l’intento dell’autore di raccontare della sottile linea che separa l’attitudine a resistere o a soccombere alla vita. Eddie è sopravvissuto al vortice distruttivo del grunge e alla caduta nella dannazione dei suoi colleghi; ancora oggi attivo nella scena musicale, è il punto di arrivo del viaggio del protagonista, l’unico con il quale può avere un confronto concreto, esplicitato nel dialogo “epistolare” che intrattiene con lui per tutto il libro, una conversazione spesso turbolenta, specchio dell’inquietudine che lo avvolge. Chris, Kurt e Layne rappresentano invece i fantasmi di un’epoca che non tornerà più, che l’autore rievoca uno dopo l’altro in una sorta di straniante seduta spiritica.
Chris con il suo suicidio che è stato rimandato a lungo ma che è sempre esistito in potenza: “il seme dell’autoannientamento è germogliato in una terra remota della psiche, del passato”; Kurt che come uno spettro impertinente segue il protagonista nel suo peregrinare tra i boschi, nel suo osservare gli alberi: “nell’intreccio delle ramificazioni ho intuito il gioco della grazia e dell’istinto selvaggio, entrambi presenti in natura” – così com’erano presenti anche in Cobain; Layne che era un morto vivente molto prima della sua morte, ma che è stato forse l’interprete più raffinato e allo stesso tempo più disperato del male esistenziale: “Kurt è bruciato in una folgore che ha avvampato una notte; Layne è marcito poco per volta, al ritmo lento di una nenia meravigliosa, capace di cullare i peggiori sogni tossici, le dannate astinenze, ogni fallimentare tentativo di risalita verso la superficie”.
TRAMA. Il 18 maggio 2017 Chris Cornell, cantante dei Soundgarden, viene trovato morto in una stanza d’hotel a Detroit. Sono trascorsi oltre vent’anni da quel pugno di tempo contrassegnato dal grunge e dall’ultima onda di ribellione musicale. Kurt Cobain dei Nirvana e Layne Staley degli Alice in Chains sono morti da anni e ora il destino è venuto a prendersi Cornell. Un protagonista di cui non sappiamo il nome, con il suo sole e il suo tempo in bilico sul mondo, si allontana da casa e dalla famiglia, dagli impegni presi e dal lavoro. Vuole solo camminare e scrivere, scrivere e parlare con l’ultimo di quei ragazzi che fronteggiavano il pubblico, l’ultimo ora rimasto in vita, l’ultimo ancora sul palco. Eddie Vedder. We Were Grunge è il racconto di questo cammino di stenti, questa disputa di anime che toccano il fondo e si contendono quello che resta, nella meschinità , nella passione, nella vergogna e nella verità , sino alla conta finale per capire se esiste ancora una differenza fra soccombere e resistere.
Alessandro Bruni è uno scrittore e avvocato civilista. È autore dei romanzi editi da Persiani Editore “Ulisse aveva una figlia” (2015), “Killing Rock Revolution (2017) e “La prossima estate. Un requiem per il noir” (2019) - che compongono la trilogia della commedia itinerante, della spy story complottista e dell’equivoco secondo il registro della tragedia. Il suo ultimo romanzo è “We Were Grunge” (Persiani Editore, 2020).
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