Si può ancora dire che per generare abbiamo bisogno di un gamete del maschio e di un gamete della femmina?
BARI - In questi ultimi giorni sono comparsi su diversi organi di stampa molti confronti a più voci a favore o contro l’omofobia e la transfobia in riferimento alle tante proposte di legge presentate da Zan, Scalfarotto, Boldrini ed altri. La PdL è in discussione in Commissione Giustizia della Camera e propone di introdurre un allargamento delle normative anti-discriminazione per identità di genere ed orientamento sessuale. La Commissione presieduta dalla pentastellata Francesca Businarolo mira ad elaborare un testo unificato che introduca con diverse motivazioni nuove modifiche alla legislazione penale.
Ho molto apprezzato il comunicato dei Vescovi Italiani del 10 Giugno 2020, a firma della presidenza della CEI e di seguito riportato integralmente: “Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”, sottolinea Papa Francesco, mettendo fuorigioco ogni tipo di razzismo o di esclusione come pure ogni reazione violenta, destinata a rivelarsi a sua volta autodistruttiva.
Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.
Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.
Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni.
Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.
Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto.
Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese. I Vescovi avvertono: “Le norme ci sono, non serve una nuova legge. C’è il rischio di derive liberticide”
Ho registrato positivamente anche il commento di un illuminato magistrato, il dott. Alfredo Mantovano, che ha avvertito: “Non serve una nuova legge! L’omofobia è perseguibile già oggi: con le nuove norme a rischio catechisti e teologi!”. Desidero intervenire in questo dibattito e da Professore universitario di Medicina della Riproduzione, dico che con le nuove norme sono a rischio di procedibilità penale anche ginecologi, andrologi, medici, ricercatori ed esperti in procreazione umana e tutti coloro che sono chiamati ad insegnare la naturalità della riproduzione che per natura prevede un maschio e una femmina, uniti da complementarietà sessuale ed affettiva.
Partiamo dalla verità: per la nascita di una nuova vita occorre un maschio ed una femmina, un padre ed una madre, rispettivamente portatori di gameti maschile e femminile. Questo sapere validato deve essere censurato? In didattica formativa universitaria potremo continuare ad insegnare tutte le tecniche, escludendo le manipolazioni e le mescolanze più ardite, pur possibili, ma eticamente non sostenibili?
Potremmo essere imputati penalmente se siamo orientati a non sostenere tecniche cooperative, prive di maternità e paternità condivise, quali ad esempio l’innovativa tecnica ROPA (Recepción de Ovocitos de la Pareja - trattamento di fecondazione in vitro tra due partner femminili, l’una fornitrice di ovociti da fecondare da parte di uno o più soggetti donatori anonimi di sperma e l’altra fornitrice di utero che andrà ad accogliere l’embrione così fecondato), magari fornendo un lucido e preoccupato parere, anche sulle tante opzioni oggi possibili?
Saremmo inquisibili se fornissimo criticamente lucide analisi sul fattibile con le tecniche di riproduzione umana, ormai orientate verso una vera e propria “filiera controllata” di “produzione”?
Potrei continuare a lungo in questi interrogativi! Sostanziali e numerose sono le offerte oggi messe a disposizione dalle biotecnologie e dalle tecniche di crioconservazione di gameti e di embrioni. E si va ben oltre concessione, acquisto, commercializzazione, importazione, esportazione di gameti, ricerca di uteri disponibili per maternità sostitutiva/gestazione per altri, vero schiavismo moderno. Il nostro compito di docenti universitari è davvero difficile! Nessuno di noi è disposto ad accogliere limitazioni nella libertà di insegnamento; al contempo rifuggiamo da sudditanze culturali, ideologiche e politiche.
Nell’ambito di tutte queste novità scientifiche, personalmente e con tanti altri colleghi quotidianamente muoviamo le fila per costruire processi interdisciplinari di medicina di genere, promuovendo ricerche rispettose della specificità della donna e dell’uomo, senza mai discriminare nessuno.
Riflettendo sulla proposta di legge Zan mi chiedo: “Potremo continuare ad individuare percorsi sanitari che tengano ben presente cosa sia il genere al maschile e al femminile, nelle varie articolazioni del sapere medico, quali ad esempio in pneumologia, cardiologia, ortopedia, ginecologia, andrologia e medicina della riproduzione, ecc.”? “Qualcuno vuole impedirci di dire che per generare abbiamo bisogno di un gamete del maschio e di un gamete della femmina?” Possiamo continuare a sostenere che per la procreazione abbiamo bisogno di un maschio e di una femmina? O questa nostra veritiera affermazione sarà considerata discriminazione penalmente punibile, a pdl Zan approvato? Potremo continuare ad esercitare la nostra doverosa formazione pedagogica, comunicando al mondo intero che in un generare umano non tecnologico v’è l’indispensabilità di un papà e di una mamma? Oppure dovremo astenerci per paura di incorrere nei reati di omofobia e transfobia? Medicina e diritto ne escono disorientati!
Attenzione, perché oggi nella medicina del desiderio, proposta con sempre maggiore forza, ci si può proprio smarrire! Forse dovremmo al di là dei luoghi comuni e soprattutto in ambito scientifico spiegare a noi stessi cosa oggi si vuole intendere per discriminazione. Così in una nota il Prof. Filippo M. Boscia, già Titolare della Cattedra di Medicina della Procreazione Umana dell’Università di Bari, Presidente Nazionale Associazione AMCI.
(Opera : CARLO FUSCA “ANDROMACA”- Tecnica mista su tela -140x190)
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Salute e benessere