I Nefesh presentano il nuovo singolo 'Stalker', colonna sonora del pluripremiato docu-film 'The Zone'
MILANO - E' una delle band progressive più apprezzate e stimate degli ultimi dieci anni. Stiamo parlando dei Nefesh, gruppo marchigiano che ha pubblicato il nuovo singolo Stalker, colonna sonora del docu-film The Zone che racconta del disastro di Chernobyl. Ne abbiamo parlato con il chitarrista della band, Luca Lampis.
Partiamo da Stalker. Come nasce l'idea del docu-film e l'idea di ambientarlo a Chernobyl?
Come compositore della colonna sonora di questo docu-film sono subentrato quando già la macchina era partita e ampiamente in movimento. Uno dei due registi, Alessandro Tesei, mi ha voluto presentare il progetto proponendomi poi alla produzione Subwaylab con cui sono entrato subito in sintonia. Il progetto credo sia nato principalmente dall’altro regista Pierpaolo Mittica in collaborazione con Tesei e Subwaylab poi ha sposato e appoggiato questa idea molto particolare.
Il tema centrale è la presenza di gruppi di ragazzi ucraini che oggi, in questi ultimi anni, entrano illegalmente nella zona di esclusione di Chernobyl per raggiungere la città morta di Pryp"jat', che era la città nata come costola della centrale nucleare, di 50.000 abitanti circa, evacuata in un giorno in fretta e furia e in cui tutto è rimasto come era nel 1986.
Diciamo che in un certo senso questo strano pellegrinare dei gruppi di ragazzi ucraini non è strettamente collegato con il disastro di Chernobyl, ma quella vicenda ha creato le condizioni perfette per dare vita a questa situazione. Questo è il tipico caso in cui capita che la fantascienza, la creatività umana, s’intreccino con la storia reale e prendano vita cose in un certo senso sorprendenti.
Ci spieghi meglio...
I fratelli Arkadij e Boris Strugackij pubblicano nel 1972 un libro di fantascienza intitolato “Picnic sul ciglio della strada” da cui poi nel 1979 il regista sovietico Andrej Tarkovskij ne ha tratto liberamente ispirazione per il suo film di fantascienza “Stalker”. Sono un po’ differenti per alcuni aspetti ma di fatto si narra di una Zona, un territorio rurale desolato e in rovina, dove le normali leggi naturali sono sovvertite a causa del passaggio, tempo prima, di alcune navicelle spaziali extraterrestri che con il loro solo essere passate hanno completamente sconvolto l’intero sistema di leggi e regole fisico-chimiche dell’intera Zona in questione, rendendola di fatto un posto incomprensibile, pericoloso, affascinante, in cui si possono trovare oggetti incredibili e/o una terribile morte.
Questa zona della fantascienza è isolata da un cordone di sicurezza governativo, in cui gli stessi militari non osano avventurarsi, si vocifera vi sia una stanza nella quale si possano avverare i «desideri più intimi e segreti». Questo è il luogo che si desidera raggiungere e per affrontare incolumi il cammino ci si avvale di uno Stalker, una guida illegale esperta del territorio. In questi artefatti di fantascienza lo Stalker di fatto rappresenta la figura di un avventuriero sognatore e incosciente che conosce la Zona perché nonostante tutto ci è entrato più o meno volte e ha imparato a riconoscerne un po’ le regole e allo stesso tempo ruba degli oggetti che vi trova, di fattura extraterrestre, ma che si possono vendere molto facilmente e in modo redditizio in una sorta di mercato nero.
Se fate caso alle date il libro e il film sono usciti nel 1972 e 1979, decisamente prima del disastro di Chernobyl del 1986 e non sono ambientati lì, presentando però una situazione che, dopo il disastro nucleare, spogliata della fantascienza, diventa come quella delle opere d’arte. Quella zona è sostanzialmente diventata La Zona, anch’essa recintata e chiusa da un perimetro militare e da cui i militari poi cercano di restarne ai margini per il pericolo delle radiazioni; tutta la zona del disastro è rimasta come ferma nel tempo e tutto è stato lasciato nella natura e la natura piano piano ha ripreso tanto di ciò che le era stato tolto e questi ragazzi oggi si fanno chiamare Stalker, prendendo idealisticamente anche quella eredità stranamente romantica del libro e del film.
C’è anche da aggiungere che poi nel 2007 nasce un video game ispirato al libro, al film e al disastro, chiamato appunto S.T.A.L.K.E.R. ambientato nella "Zona" di 30 km compresa nelle vicinanze di Chernobyl' dopo il disastro correlato, in Ucraina in un futuro post-apocalittico, mappando perfettamente tutta la zona di esclusione di Chernobyl’. Anche nel gioco l'esercito circonda la zona di alienazione impedendo ogni accesso. Tuttavia in molti vi si stabiliscono comunque, nonostante i pericoli: chi in cerca di fortuna, chi per fuggire dal mondo, chi per approfittare della situazione e depredare. Tutti questi individui vengono chiamati Stalker.
Com'è stato raccontarlo?
Accompagnare questo strano viaggio tra il reale e il surreale, descriverlo e in un certo senso riempirlo con la musica pura, priva di parole e semantica, è stata una bella sfida considerando che in un film-documentario come questo la musica deve sia accompagnare che evocare per stimolare la visione di quel mondo surreale su cui, in un modo o nell’altro, si sostiene l’intera motivazione di questi ragazzi che fanno questo viaggio.
La conclusione di questa colonna sonora strumentale ho deciso di farla componendo questo brano, che forse con poca fantasia ho deciso d’intitolare Stalker, poiché il testo l’ho pensato come parlato in prima persona da uno Stalker, prendendo spunto sia dal libro che dalle parole degli stessi protagonisti di questo docu-film. Raccontare questo viaggio con la musica mi ha fatto pensare anche alla situazione politico-sociale dell’Ucraina di oggi, di quali conseguenze psico-sociali possano esserci nelle giovani generazioni di un paese che ha attraversato e sta attraversando un periodo molto complesso.
Siete tra le band progressive metal più apprezzate del settore. E' una grande responsabilità per voi?
Abbiamo avuto eccellenti elogi da riviste e webzine specializzate, con quattro dischi dal 2006 a oggi abbiamo espresso e comunicato tanto e io scrivendo tutti i testi dei nostri brani e gran parte delle musiche posso dire che sono e siamo cresciuti in questi dischi. Con il cambio di line up del 2018 è come se si fosse in parte chiuso un ciclo Nefesh e se ne sia riaperto un altro con il nostro nuovo cantante, Matteo Sbrollini, che è la voce di questo brano – Stalker - che rappresenta un po’ un momento di ulteriore progressione della nostra musica verso altre sonorità.
L’essere stati considerati come creatori di uno nostro personale e credibile progressive ci ha dato alcune conferme riguardo il nostro lavoro, come gli elogi fatti all’uso dell’italiano misto all’inglese e di momenti acustici e strumentali dentro brani più propriamente metal. Sinceramente non siamo e non sono mai stato interessato al genere, all’etichetta, ma mi sono sempre cercato di concentrare su cosa volessi esprimere e quale fosse il modo migliore per farlo. Di fatto la maggiore responsabilità che sento e sentiamo è verso la qualità di ciò che facciamo consapevoli che più si va in profondità nelle cose e più è complesso apprezzarle per chi ascolta, soprattutto oggi in cui tutto è veloce e sembra non esserci tempo per fermarci e ragionare o fermarsi e riascoltare un brano per cercare di capirne meglio i contenuti.
In futuro ci sarà un disco? Cosa ci potete anticipare?
Questo periodo è per noi di passaggio, di transizione, dopo aver passato 15 anni a raffinare in modo ossessivo alcuni aspetti della composizione e di ricerca di sonorità è come se alcuni filoni creativi si fossero naturalmente esauriti e ne stiamo sia aprendo che approfondendone altri che avevamo già aperto in passato nei nostri dischi, come l’uso dell’italiano, di sonorità prettamente acustiche, di un uso della voce più ragionato e centellinato nel suo effetto “distorto”. In questi due anni ci siamo appassionati molto all’acustico e ci siamo divertiti ad arrangiare sia brani nostri che brani di gruppi new metal/alternative rock/progressive di altri gruppi degli anni ‘90/2000 e abbiamo dato vita al Nefesh Acoustic Duo chitarra-voce e abbiamo anche iniziato a sperimentare il Nefesh Acoustic Quartet con chitarra classica/acustica, percussioni, voce e contrabbasso.
Per ora un disco vero e proprio non è in cantiere ma c’è sicuramente una sorta di mini disco di 6 pezzi circa in cui abbiamo arrangiato tre nostri brani editi e tre cover (prima volta nella nostra storia che suoniamo e incidiamo cover) per duo voce e chitarra classica con il Nefesh Acoustic Duo. Una mossa molto strana e particolare, quindi, in linea con il percorso progressive/alternative Nefesh direi! E in più abbiamo in progetto una trilogia dal sapore più rock.