VINCENZO NICOLA CASULLI - L’agile volume “Titoli. Il confine fra Bitonto e Bari” (edizioni la Matrice, 2012), di Salvatore e Vincenzo Paolo Bagnato, docenti presso il Politecnico di Bari, si evolve con una trattazione avvincente, puntualizzando estensione e confini del “territorio di Bitonto”, che era “costellato di vestigia storiche, che non sono solo le grandi cattedrali o i grandi castelli, ma anche (e forse soprattutto, per caratterizzare il territorio stesso) i muretti a secco, le cappelle rurali, le edicole votive, (…), le fitte di confine (…). Purtroppo, la gran parte di questi ‘segni’ sono in pieno degrado”. Degrado che ha interessato anche i ”Titoli”, monumenti cinquecenteschi indicanti i confini fra i territori di Bitonto e Bari, confini per secoli oggetto e causa di diatribe conflittuali in riferimento alla rispettiva allocazione. “In realtà le pietre fitte erano molto numerose, in massima parte risalenti all’epoca imperiale romana, utilizzate come cippi confinari per la centuriazione del territorio. Spesso i Romani utilizzarono allo scopo anche menhir di epoca preistorica”. Un documento del XIII secolo, citato nel “Libro Rosso”, ovvero “Platea della Magnifica Università di Bitonto”, registra i confini di Bitonto, e nel “Libro Rosso” sono indicati nove “Titoli”. Le diatribe proseguono nei secoli successivi, sino al XVI-XVII secolo, quando viene emanata “diffinitiva sententia”, registrata in un atto notarile conservato presso l’Archivio di Stato di Bari, riportato dagli Autori nel volumetto, insieme con la “Relazione” di Michele Angelo Aczaro, “sulla avvenuta collocazione dei termini confinali fra Bitonto e Bari. 20 aprile-9 maggio 1585”. (2. Continua)
VINCENZO NICOLA CASULLI - L’agile volume “Titoli. Il confine fra Bitonto e Bari” (edizioni la Matrice, 2012), di Salvatore e Vincenzo Paolo Bagnato, docenti presso il Politecnico di Bari, si evolve con una trattazione avvincente, puntualizzando estensione e confini del “territorio di Bitonto”, che era “costellato di vestigia storiche, che non sono solo le grandi cattedrali o i grandi castelli, ma anche (e forse soprattutto, per caratterizzare il territorio stesso) i muretti a secco, le cappelle rurali, le edicole votive, (…), le fitte di confine (…). Purtroppo, la gran parte di questi ‘segni’ sono in pieno degrado”. Degrado che ha interessato anche i ”Titoli”, monumenti cinquecenteschi indicanti i confini fra i territori di Bitonto e Bari, confini per secoli oggetto e causa di diatribe conflittuali in riferimento alla rispettiva allocazione. “In realtà le pietre fitte erano molto numerose, in massima parte risalenti all’epoca imperiale romana, utilizzate come cippi confinari per la centuriazione del territorio. Spesso i Romani utilizzarono allo scopo anche menhir di epoca preistorica”. Un documento del XIII secolo, citato nel “Libro Rosso”, ovvero “Platea della Magnifica Università di Bitonto”, registra i confini di Bitonto, e nel “Libro Rosso” sono indicati nove “Titoli”. Le diatribe proseguono nei secoli successivi, sino al XVI-XVII secolo, quando viene emanata “diffinitiva sententia”, registrata in un atto notarile conservato presso l’Archivio di Stato di Bari, riportato dagli Autori nel volumetto, insieme con la “Relazione” di Michele Angelo Aczaro, “sulla avvenuta collocazione dei termini confinali fra Bitonto e Bari. 20 aprile-9 maggio 1585”. (2. Continua)