Dante, Bari e la ‘Commedia’ in dialetto barese

VITTORIO POLITO - Per l’apertura delle celebrazioni del 700° anniversario della morte di Dante Alighieri (1265-1321), si è svolto alla presenza del presidente della Repubblica, nel Cortile d’Onore del Quirinale, il Concerto sinfonico con l’Orchestra Luigi Cherubini, diretto da Riccardo Muti.

Il Presidente Mattarella, ricordando la figura di Dante nella sua grandezza umana e intellettuale, ha definito il sommo poeta “il più universale dei poeti italiani”.


La “Commedia”, scrive Francesco Granatiero, “rappresenta il cammino di un uomo la cui esistenza, fondata su un sistema di valori assoluti, è storicamente impegnata contro il male che affligge l’umanità. Si tratta di ideali molto vivi nel Romanticismo e nel Risorgimento. Dante è ritenuto il padre dell’italianità e della patria ancor prima della sua costituzione”.


Anche Bari ha onorato Dante con la traduzione in dialetto barese de “La ‘Chemmedie’ de Dande veldat’a la barese”, ad opera del poeta Gaetano Savelli, pubblicata in tre volumi da Savarese: “U ‘Mbìerne” (Inferno), “U Pergatorie” (Purgatorio) e “U Paravise” (Paradiso). Una immane fatica, pubblicata dall’autore a sue spese e presentata, qualche decennio fa, in un gremitissimo Circolo Unione di Bari a cura dell’Università Popolare, allora presieduta dal prof. Alberto Milella Chartroux, medico.


Bari può essere orgogliosa di essere stata citata da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia, citazione che la Puglia divide solo con Brindisi e che molte città famose ci invidiano. Armando Perotti (1865-1924), ne parla nel suo volume “Bari dei nostri nonni” (Adriatica Editrice). Quanto sopra è ricordato anche da Nicola Roncone nella sua corposa pubblicazione “L’Istria e la Puglia negli Studi di Francesco Babudri” (Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano), nella quale si legge che la nostra città non è citata come un insignificante inciso, ma come termine essenziale nella trafila di un discorso in uno dei più delicati canti del Paradiso, l’ottavo, in cui traspira il dramma della mancata vita di un principe magnifico, Carlo Martello, il quale se fosse vissuto più a lungo,avrebbe saputo compiere tante belle imprese di pacifica e proficua politica. In questo ambiente di luce appare il nome di Bari, circoscrivendo una configurazione politica di grande momento.
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e quel corno d'Ausonia che s'imborga di BARI e di Gaeta e di Catona, da ove Tronto e Verde in mare sgorga. » (63)

(eu cuèrne dell'Itaglie c'assà tene

cetate, BARE, Gajet'e Catone

ca u Tronde l'acqu'e u Verd'a mar'ammene).
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E per restare ancora con Dante, ecco un’altra curiosità relativa alle “Crittografie mnemoniche dantesche”, riprese dal volume di F. Comerci e M. Cosmai «Italiano a doppio senso» (Levante). Il termine crittografia deriva dall’unione di due parole greche: “kryptós” che significa nascosto, e “gráphein” che significa scrivere. Pertanto la crittografia tratta delle “scritture nascoste”, ovvero dei metodi per rendere un messaggio “offuscato” in modo da non essere comprensibile a persone non autorizzate. Tale messaggio si chiama comunemente crittogramma.
La crittografia, secondo il Vocabolario Treccani, è una scrittura segreta, cioè tale da non poter essere letta se non da chi conosce l’artificio fisico e logico usato nel comporla. Cosa che hanno fatto i due autori riprendendo da periodici enigmistici una serie di crittogrammi e riportati nel testo citato, e che solo a mo’ d’esempio ne indicherò qualcuno (soluzione, crittogramma, fonte, autore), riferito appunto alla Divina Commedia di Dante Alighieri, insieme ai nomi fittizi degli stessi autori dei giochi.

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