FRANCESCO GRECO - Si possono ereditare i fantasmi? Certo, se abitano in una grande casa in campagna e chi vuole passarli alla generazione successiva detiene anche una bella ricchezza in denaro.
Così la cinica Amanda (ma altrettanto schizzati sono il fratello Davide e la sorella Viola) si fa avanti e firma un contratto con Gardenia, detta anche zia Vipera (è la sorella del padre Mattia). Deve solo ascoltare i suoi racconti fino in fondo, affinché non vadano perduti, ereditare le storie della casa acconciate dall’arcigna zia donna di mondo.
Non ha di meglio da fare: campa con i soldi della madre Flor, una spagnola vanesia, sta traducendo un romanzo dell’Ottocento e Max, l’amante della madre, editore, aspetta di ricevere le cartelle del suo primo romanzo per pubblicarlo, solo che il racconto procede assai lentamente. E anche la vita sentimentale di Amanda è finita in una palude: Leo, altrettanto cinico, l’ha stancata.
La casa è abitata anche da zia Edna, assorta nel suo mondo da quando si sposò e il marito Alessandro la lasciò la mattina dopo aver consumato e sullo sfondo c’è anche un’altra nipote di Gardenia, Anastasia, che però è caduta in disgrazia… Ombre spigolose di fantasmi ossuti, testimoni di un passato mai metabolizzato che chiedono di continuare a esistere, come nell’universo di Isabel Allende, di Borges, di Garcìa-Mà rquez.
E’ il mood intimo de “I segreti di casa Turquesa”, l’ultima opera della scrittrice Ornella Albanese, Editore Leone, Milano 2019, pp. 376, euro 14,90. Interrotto il filone aureo del romanzo storico (“L’anello di ferro”, 2011 e “L’oscuro mosaico”, 2012, Fanucci Editore, Roma, “Il sigillo degli Acquaviva”, Leone, 2017, ma scrive anche per i periodici Mondadori), la Albanese cambia registro narrativo (il che rappresenta sempre un rischio), e vince la sfida: il tocco morbido ed elegante, l’introspezione dei personaggi contemporanei rinchiusi in un ego doloroso e lacerante, l’architettura complessiva della storia che ben padroneggia, densa di sorprese a ogni pagina: tutto è immutato e traslato dai precedenti lavori e il pubblico la segue piacevolmente anche in quest’ultimo.
Fino all’ultima riga, accade di tutto: di sapere di chi è figlia Anastasia, perché il notaio Jacopo Salimbeni si è rinchiuso in una corazza a parare i sentimenti, dei cappellini di Clelia e il matrimonio di Enea (i genitori di Gardenia, Diletta, Ilaria, Edna e Mattia), chi è che dà le dritte a Gardenia che sa tutto di tutti, che sposò Riccardo rimanendo vedova, ma in realtà ha amato un altro, che si è vendicato in modo tragico per non averlo sposato.
Un romanzo che, in un tempo di egoismi e solitudini, in cui siamo tutti aggrappati a un presente infido e malmostoso, riscopre l’importanza della memoria e delle radici, di cui siamo la propaggine spesso ingrata e immemore. Per la legge del contrappasso, siamo candidati a essere obliati dai posteri, nonostante l’abbondanza di foto e di selfie che lasciamo, e ben ci sta…
Così la cinica Amanda (ma altrettanto schizzati sono il fratello Davide e la sorella Viola) si fa avanti e firma un contratto con Gardenia, detta anche zia Vipera (è la sorella del padre Mattia). Deve solo ascoltare i suoi racconti fino in fondo, affinché non vadano perduti, ereditare le storie della casa acconciate dall’arcigna zia donna di mondo.
Non ha di meglio da fare: campa con i soldi della madre Flor, una spagnola vanesia, sta traducendo un romanzo dell’Ottocento e Max, l’amante della madre, editore, aspetta di ricevere le cartelle del suo primo romanzo per pubblicarlo, solo che il racconto procede assai lentamente. E anche la vita sentimentale di Amanda è finita in una palude: Leo, altrettanto cinico, l’ha stancata.
La casa è abitata anche da zia Edna, assorta nel suo mondo da quando si sposò e il marito Alessandro la lasciò la mattina dopo aver consumato e sullo sfondo c’è anche un’altra nipote di Gardenia, Anastasia, che però è caduta in disgrazia… Ombre spigolose di fantasmi ossuti, testimoni di un passato mai metabolizzato che chiedono di continuare a esistere, come nell’universo di Isabel Allende, di Borges, di Garcìa-Mà rquez.
E’ il mood intimo de “I segreti di casa Turquesa”, l’ultima opera della scrittrice Ornella Albanese, Editore Leone, Milano 2019, pp. 376, euro 14,90. Interrotto il filone aureo del romanzo storico (“L’anello di ferro”, 2011 e “L’oscuro mosaico”, 2012, Fanucci Editore, Roma, “Il sigillo degli Acquaviva”, Leone, 2017, ma scrive anche per i periodici Mondadori), la Albanese cambia registro narrativo (il che rappresenta sempre un rischio), e vince la sfida: il tocco morbido ed elegante, l’introspezione dei personaggi contemporanei rinchiusi in un ego doloroso e lacerante, l’architettura complessiva della storia che ben padroneggia, densa di sorprese a ogni pagina: tutto è immutato e traslato dai precedenti lavori e il pubblico la segue piacevolmente anche in quest’ultimo.
Fino all’ultima riga, accade di tutto: di sapere di chi è figlia Anastasia, perché il notaio Jacopo Salimbeni si è rinchiuso in una corazza a parare i sentimenti, dei cappellini di Clelia e il matrimonio di Enea (i genitori di Gardenia, Diletta, Ilaria, Edna e Mattia), chi è che dà le dritte a Gardenia che sa tutto di tutti, che sposò Riccardo rimanendo vedova, ma in realtà ha amato un altro, che si è vendicato in modo tragico per non averlo sposato.
Un romanzo che, in un tempo di egoismi e solitudini, in cui siamo tutti aggrappati a un presente infido e malmostoso, riscopre l’importanza della memoria e delle radici, di cui siamo la propaggine spesso ingrata e immemore. Per la legge del contrappasso, siamo candidati a essere obliati dai posteri, nonostante l’abbondanza di foto e di selfie che lasciamo, e ben ci sta…