Le masserie di Puglia, storia e curiosità
VITTORIO POLITO - La masseria è una tipologia costruttiva tipica del cinquecento e del seicento. Molto diffusa in sud Italia, soprattutto in Puglia e Sicilia, rappresentava una grande azienda agricola abitata sia dai proprietari terrieri che dai contadini e comprendeva le aie, lo spazio per le stalle, i depositi per i foraggi, i raccolti, ecc. Un recinto alto e in certi casi fortificato, dotato di molti comfort, anche se nel tempo ha subito importanti trasformazioni, al punto da discostarsi dalle forme originarie. Oggi la masseria è utilizzata nella maggioranza dei casi ad agriturismo, bed and breakfast o a sala ricevimenti e, in Puglia se ne contano parecchie.
Luigi Mongiello nel suo libro “Masserie di Puglia” (Adda editore), ricorda che la Puglia centro-meridionale, che comprendeva Bari, Taranto, Brindisi e Lecce, fu sottoposta, in tempi addietro, ad accatastamento, in quanto la terra fu divisa in appezzamenti di 200 ‘jugeri’ (unità di misura di superficie usata nell’antica Roma, equivalente a un rettangolo di 240 x 120 piedi romani, ossia a circa 2500 metri quadrati). L’operazione era conosciuta come ‘centuratio’ o ‘limitatio’, consistente in frazionamenti che permettevano di tracciare strade e lotti più piccoli di varie dimensioni che venivano assegnate ai coloni. La masseria si configura come cittadella autonoma, con possibilità anche difensive, talvolta, scrive Stefania Mola, segno di superficie di una grotta sotterranea. Nella masseria o fattoria, tutto ruota intorno ad una grande corte comprendente l’abitazione, affiancata da una serie di ambienti di servizio funzionali alle attività che ivi si svolgono, compresa la chiesa o la cappella.
“In Puglia se ne contano circa 2000 tra rustiche, aristocratiche, tipicamente mediterranee o sontuosamente barocche. Monumentali o turrite in Capitanata, pietrose, basse e quasi radenti al suolo sulla Murgia, le masserie si accendono del bianco di calce a sud di Bari e nel Brindisino, per ridiventare monumentali e signorilmente austere nel Salento. Dal Gargano alla piana assolata del Tavoliere sorgono isolate su vasti terreni”. I sovrani di Napoli nel ’400 crearono la “masserie regie”, stazioni di posta e di controllo del flusso delle transumanze delle pecore tra Puglia, Molise e Abruzzo.
Nella Valle d’Itria, tra murge, trulli e grotte, le masserie hanno invece la dolcezza del “giardino mediterraneo”, fra ulivi, vigneti, mandorleti, imponendosi scenograficamente nel territorio.
Qualche decennio fa, Antonio Ludovico, nell’intento di contribuire a far conoscere, amare e valorizzare ogni pietra, ogni oggetto ed ogni reperto del proprio territorio, pubblicò il volume “Masserie e campagne a Castellaneta” (Levante Editori).
Il fenomeno della masserie nel territorio di Castellaneta (TA), riguarda un considerevole numero di complessi, comprendenti sia quelli con monumentali corpi di fabbrica, che quelli tanto piccoli da non lasciare neanche traccia toponomastica nella cartografia ufficiale.
Da qualche tempo si è iniziato a considerare le masserie beni culturali, alla stregua di chiese e palazzi, da valorizzare e tutelare. Infatti, a causa delle trasformazioni sociali che si sono determinate in conseguenza del rapido sviluppo industriale verificatosi dal dopoguerra in poi, con le massicce emigrazioni, l’urbanizzazione e il conseguente esodo dalle campagne, è stato relegato in secondo piano il sistema fondato sull’agricoltura, determinando la crisi della cosiddetta “cultura contadina”.
In questo lavoro sulle dinamiche storiche delle masserie nel territorio di Castellaneta, l’autore riesce efficacemente a «leggere i parametri e le strutture inerenti a ogni epoca, captando quegli assunti fondamentali che conformano la fenomenologia territoriale». L’autore legge la storia del suo territorio in maniera policentrica, connotando in maniera originale questo angolo di Puglia.
Ben vengano, quindi, queste iniziative rivolte a promuovere la conoscenza e la valorizzazione dei beni culturali, finalizzate soprattutto a stimolare interventi organici per la salvaguardia del patrimonio culturale della nostra Terra, anche per far conoscere alle nuove generazioni quella parte del nostro passato, di un passato che ci appartiene e che ciascuno deve contribuire a custodire. Insomma, «un popolo che non onora il proprio passato è destinato a buttar via il presente e comunque, a non avere prospettive per il futuro».
Oggi le masserie trasformate in agriturismi o “soggiorni verdi”, offrono ospitalità, visite guidate e prodotti della terra insieme a genuinità di piaceri e ricordi di vita antica.
Luigi Mongiello nel suo libro “Masserie di Puglia” (Adda editore), ricorda che la Puglia centro-meridionale, che comprendeva Bari, Taranto, Brindisi e Lecce, fu sottoposta, in tempi addietro, ad accatastamento, in quanto la terra fu divisa in appezzamenti di 200 ‘jugeri’ (unità di misura di superficie usata nell’antica Roma, equivalente a un rettangolo di 240 x 120 piedi romani, ossia a circa 2500 metri quadrati). L’operazione era conosciuta come ‘centuratio’ o ‘limitatio’, consistente in frazionamenti che permettevano di tracciare strade e lotti più piccoli di varie dimensioni che venivano assegnate ai coloni. La masseria si configura come cittadella autonoma, con possibilità anche difensive, talvolta, scrive Stefania Mola, segno di superficie di una grotta sotterranea. Nella masseria o fattoria, tutto ruota intorno ad una grande corte comprendente l’abitazione, affiancata da una serie di ambienti di servizio funzionali alle attività che ivi si svolgono, compresa la chiesa o la cappella.
“In Puglia se ne contano circa 2000 tra rustiche, aristocratiche, tipicamente mediterranee o sontuosamente barocche. Monumentali o turrite in Capitanata, pietrose, basse e quasi radenti al suolo sulla Murgia, le masserie si accendono del bianco di calce a sud di Bari e nel Brindisino, per ridiventare monumentali e signorilmente austere nel Salento. Dal Gargano alla piana assolata del Tavoliere sorgono isolate su vasti terreni”. I sovrani di Napoli nel ’400 crearono la “masserie regie”, stazioni di posta e di controllo del flusso delle transumanze delle pecore tra Puglia, Molise e Abruzzo.
Nella Valle d’Itria, tra murge, trulli e grotte, le masserie hanno invece la dolcezza del “giardino mediterraneo”, fra ulivi, vigneti, mandorleti, imponendosi scenograficamente nel territorio.
Qualche decennio fa, Antonio Ludovico, nell’intento di contribuire a far conoscere, amare e valorizzare ogni pietra, ogni oggetto ed ogni reperto del proprio territorio, pubblicò il volume “Masserie e campagne a Castellaneta” (Levante Editori).
Il fenomeno della masserie nel territorio di Castellaneta (TA), riguarda un considerevole numero di complessi, comprendenti sia quelli con monumentali corpi di fabbrica, che quelli tanto piccoli da non lasciare neanche traccia toponomastica nella cartografia ufficiale.
Da qualche tempo si è iniziato a considerare le masserie beni culturali, alla stregua di chiese e palazzi, da valorizzare e tutelare. Infatti, a causa delle trasformazioni sociali che si sono determinate in conseguenza del rapido sviluppo industriale verificatosi dal dopoguerra in poi, con le massicce emigrazioni, l’urbanizzazione e il conseguente esodo dalle campagne, è stato relegato in secondo piano il sistema fondato sull’agricoltura, determinando la crisi della cosiddetta “cultura contadina”.
In questo lavoro sulle dinamiche storiche delle masserie nel territorio di Castellaneta, l’autore riesce efficacemente a «leggere i parametri e le strutture inerenti a ogni epoca, captando quegli assunti fondamentali che conformano la fenomenologia territoriale». L’autore legge la storia del suo territorio in maniera policentrica, connotando in maniera originale questo angolo di Puglia.
Ben vengano, quindi, queste iniziative rivolte a promuovere la conoscenza e la valorizzazione dei beni culturali, finalizzate soprattutto a stimolare interventi organici per la salvaguardia del patrimonio culturale della nostra Terra, anche per far conoscere alle nuove generazioni quella parte del nostro passato, di un passato che ci appartiene e che ciascuno deve contribuire a custodire. Insomma, «un popolo che non onora il proprio passato è destinato a buttar via il presente e comunque, a non avere prospettive per il futuro».
Oggi le masserie trasformate in agriturismi o “soggiorni verdi”, offrono ospitalità, visite guidate e prodotti della terra insieme a genuinità di piaceri e ricordi di vita antica.