NICOLA ZUCCARO - 2 novembre 1975. Erano da poco passate le 6.30 della giornata dedicata ai defunti quando una donna rinvenne, nei pressi dell'Idroscalo di Ostia, quel cadavere che qualche ora più tardi, a seguito del riconoscimento da parte del suo amico Ninetto Davoli, corrispose al corpo di Pier Paolo Pasolini. Da quel giorno, nell'elenco (già lungo) dei Misteri d'Italia, fece il suo ingresso uno dei casi riaperti negli ultimi anni, anche e soprattutto per merito delle rivelazioni del compianto Pino Pelosi.
Colui che ripercorreva i "ragazzi di vita" raccontati dallo stesso Pasolini, sia nel cinema che nella letteratura, fu fermato a poche ore di distanza dalla macabra scoperta. Già noto alla Polizia come ladro di auto e fermato sulla stessa Alfa Gt 2000 di proprietà del Pasolini, l'allora 17enne rivelò nel primo interrogatorio di essere stato avvicinato dal celebre letterato nelle vicinanze della Stazione Termini e da questi invitato a salire sulla vettura, dietro la promessa di un compenso in denaro, da contraccambiare con una prestazione sessuale e successivamente consumatasi nel luogo del delitto.
La dinamica (a tutt'oggi poco attendibile) attraverso cui si consumò l'efferato omicidio consistette in ripetute bastonate alle quali seguì il brutale investimento con la stessa auto guidata da Pino Pelosi. Questi fu condannato in primo grado per omicidio volontario in concorso con ignoti e il 4 dicembre 1976 con sentenza della Corte d'Appello; pur confermando la condanna dell'unico imputato, non fu escluso il riferimento alla presenza di altre persone parte attiva nell'omicidio.
Un elemento di non poco conto che, a 45 anni di distanza da quel macabro rinvenimento, tiene ancora in piedi la tesi secondo cui il truce assassinio fu compiuto da più persone e mosso da un movente politico. A sostenere questa tesi furono gli amici e gli intellettuali vicini a Pasolini. Una tesi fondata, se rapportata alla sua produzione letteraria e cinematografica tanto scomoda ai poteri forti che controllavano l'Italia fra la seconda metà degli anni '60 e la prima metà degli anni '70 del '900.
Colui che ripercorreva i "ragazzi di vita" raccontati dallo stesso Pasolini, sia nel cinema che nella letteratura, fu fermato a poche ore di distanza dalla macabra scoperta. Già noto alla Polizia come ladro di auto e fermato sulla stessa Alfa Gt 2000 di proprietà del Pasolini, l'allora 17enne rivelò nel primo interrogatorio di essere stato avvicinato dal celebre letterato nelle vicinanze della Stazione Termini e da questi invitato a salire sulla vettura, dietro la promessa di un compenso in denaro, da contraccambiare con una prestazione sessuale e successivamente consumatasi nel luogo del delitto.
La dinamica (a tutt'oggi poco attendibile) attraverso cui si consumò l'efferato omicidio consistette in ripetute bastonate alle quali seguì il brutale investimento con la stessa auto guidata da Pino Pelosi. Questi fu condannato in primo grado per omicidio volontario in concorso con ignoti e il 4 dicembre 1976 con sentenza della Corte d'Appello; pur confermando la condanna dell'unico imputato, non fu escluso il riferimento alla presenza di altre persone parte attiva nell'omicidio.
Un elemento di non poco conto che, a 45 anni di distanza da quel macabro rinvenimento, tiene ancora in piedi la tesi secondo cui il truce assassinio fu compiuto da più persone e mosso da un movente politico. A sostenere questa tesi furono gli amici e gli intellettuali vicini a Pasolini. Una tesi fondata, se rapportata alla sua produzione letteraria e cinematografica tanto scomoda ai poteri forti che controllavano l'Italia fra la seconda metà degli anni '60 e la prima metà degli anni '70 del '900.
Tags
CRONACA