MARIO CONTINO – La Puglia è una terra ricca di tradizioni e di superstizioni, alcune delle quali legate proprio alle figure del diavolo e dei demoni.
Proprio al demonio è legata la leggenda propria di Montemesola, una piccola cittadina in provincia di Taranto, collocata su una collina all'altezza di circa 180 metri s.l.m..
La leggenda, poco nota ma che merita certamente di essere divulgata e salvaguardata come parte del variegato folklore regionale, è nota come "Il diavolo di Monte Salete, Montemesola", e racchiude in se aspetti veramente terrificanti che spesso si celano nell'animo umano.
«Nella periferia di Montemesola, su una collinetta particolarmente e stranamente arida rispetto al paesaggio circostante, che un tempo ospitava una necropoli, vivrebbe il diavolo in persona, non si fa riferimento a Lucifero, Satana o altro demone specifico, ma solo ad un non ben specificato "Diavolo del monte".
Durante la Seconda guerra punica il monte ospitò un accampamento delle truppe cartaginesi, comandate dal Generale Salites, che rimasero lì nell'attesa che i congiurati tarantini, alleati di Annibale e che volevano scacciare i romani dalla città , dessero il segnale del via libera, ossia che avessero acceso un grande falò nella parte più alta dell'acropoli tarantina.
Tale "via libera" fu dato in una notte di agosto, le truppe cartaginesi partirono quindi alla volta della città , nascondendo un immenso tesoro, frutto di precedenti razzie, in una caverna impervia che si inoltrava nel ventre della collina.
I cartaginesi non poterono mai più tornare a riprendere le ricchezze celate, e nel corso dei secoli furono moltissimi i coraggiosi che si inoltrarono nelle caverne e negli anfratti in cerca del famoso bottino, senza successo alcuno e spesso rischiando di perdersi in quei labirinti sotterranei. Un giorno, un giovane padre di famiglia si avventurò sul monte Salete in cerca del bottino ed era riuscito, dopo varie ricerche, ad avvicinarsi molto al punto ove esso doveva essere nascosto.
Aveva appena iniziato a smuovere il terreno, quando gli si palesò davanti il diavolo che con voce minacciosa gli disse: “Non affannarti a cercare, io solo so dov’è nascosto il tesoro; te lo dirò in cambio del sacrificio di una creatura innocente”. L'uomo fu colto da cupidigia e, tornato a casa, tentò di rapire la sua figlioletta di pochi anni, con l'intento di darla in pasto al demonio in persona.
La moglie, che probabilmente aveva intuito il piano dell'uomo, non si allontanò mai dalla fanciulla, riuscendo a contrastare i piani del marito. Qualche ora più tardi l'uomo ritorno in sé, ormai lontano dall'azione malvagia del diavolo, e compreso l'orribile atto che stava per compiere si disperò fino a perdere la ragione ed impazzire».
Questa leggenda, probabilmente, rappresentava un monito verso coloro che, attratti dalle ricchezze e dalle lusinghe del mondo materiale, finiscono per perdere se stessi e la ragione.
La leggenda, poco nota ma che merita certamente di essere divulgata e salvaguardata come parte del variegato folklore regionale, è nota come "Il diavolo di Monte Salete, Montemesola", e racchiude in se aspetti veramente terrificanti che spesso si celano nell'animo umano.
«Nella periferia di Montemesola, su una collinetta particolarmente e stranamente arida rispetto al paesaggio circostante, che un tempo ospitava una necropoli, vivrebbe il diavolo in persona, non si fa riferimento a Lucifero, Satana o altro demone specifico, ma solo ad un non ben specificato "Diavolo del monte".
Durante la Seconda guerra punica il monte ospitò un accampamento delle truppe cartaginesi, comandate dal Generale Salites, che rimasero lì nell'attesa che i congiurati tarantini, alleati di Annibale e che volevano scacciare i romani dalla città , dessero il segnale del via libera, ossia che avessero acceso un grande falò nella parte più alta dell'acropoli tarantina.
Tale "via libera" fu dato in una notte di agosto, le truppe cartaginesi partirono quindi alla volta della città , nascondendo un immenso tesoro, frutto di precedenti razzie, in una caverna impervia che si inoltrava nel ventre della collina.
I cartaginesi non poterono mai più tornare a riprendere le ricchezze celate, e nel corso dei secoli furono moltissimi i coraggiosi che si inoltrarono nelle caverne e negli anfratti in cerca del famoso bottino, senza successo alcuno e spesso rischiando di perdersi in quei labirinti sotterranei. Un giorno, un giovane padre di famiglia si avventurò sul monte Salete in cerca del bottino ed era riuscito, dopo varie ricerche, ad avvicinarsi molto al punto ove esso doveva essere nascosto.
Aveva appena iniziato a smuovere il terreno, quando gli si palesò davanti il diavolo che con voce minacciosa gli disse: “Non affannarti a cercare, io solo so dov’è nascosto il tesoro; te lo dirò in cambio del sacrificio di una creatura innocente”. L'uomo fu colto da cupidigia e, tornato a casa, tentò di rapire la sua figlioletta di pochi anni, con l'intento di darla in pasto al demonio in persona.
La moglie, che probabilmente aveva intuito il piano dell'uomo, non si allontanò mai dalla fanciulla, riuscendo a contrastare i piani del marito. Qualche ora più tardi l'uomo ritorno in sé, ormai lontano dall'azione malvagia del diavolo, e compreso l'orribile atto che stava per compiere si disperò fino a perdere la ragione ed impazzire».
Questa leggenda, probabilmente, rappresentava un monito verso coloro che, attratti dalle ricchezze e dalle lusinghe del mondo materiale, finiscono per perdere se stessi e la ragione.