VITTORIO POLITO - La cripta della Basilica di San Nicola, la chiesa sotterranea in corrispondenza del presbiterio e del transetto, fu certamente la prima parte della chiesa che fu portata a termine.
Le ossa del Santo (circa il 65% dello scheletro) si trovano all’altezza del piano di calpestio, racchiuse in blocchi di cemento armato. La non completezza si spiega col fatto che varie reliquie erano già sparse per il mondo e che i baresi dovettero agire in fretta per timore dell’arrivo dei saraceni, e quindi dovettero accontentarsi delle ossa più grandi immerse nel sacro liquido.
Qualche anno fa, quando gli operatori della BBC di Londra calarono una sonda, si vedeva il cranio in posizione piuttosto centrale ed il resto delle ossa sparse intorno. La ricostruzione dello scheletro realizzata nel 1988 dal professore Luigi Martino mostra un uomo di media statura. La colonna nell’inferriata, che si trova nell’angolo a destra appena scesi in cripta, si trovava fino al 1953 al posto della seconda colonna a destra. È una colonna di marmo rossiccio che, nota come colonna miracolosa, da secoli attira la devozione dei pellegrini che accorrono a toccarla convinti delle sue virtù taumaturgiche. Le leggende popolari su di essa si sono moltiplicate nel corso dei secoli, tutte però riconducibili ad una più antica, che risale forse al XII secolo. Nel XV secolo al fiammingo Georges Languerant fu detto che quella colonna era stata trainata dai buoi che recavano le reliquie di S. Nicola nell’area destinata alla costruzione della chiesa. Ma fu il Beatillo nel 1620 a raccogliere le varie “voci” e a sviluppare la leggenda che, secondo lui, S. Nicola fece un viaggio a Roma in visita a papa Silvestro e passando dinanzi alla casa in demolizione di una donna di facili costumi, ammirò questa bella colonna e la sospinse nel Tevere. Miracolosamente si ritrovò nelle acque antistanti il porto di Mira ed egli, al suo ritorno, la collocò nella cattedrale.
Altrettanto miracolosamente fu vista galleggiare nelle acque di Bari all’arrivo delle reliquie del Santo. Nessuno riusciva a prenderla. Finalmente, la notte che precedeva la riposizione delle sue reliquie (fra il 30 settembre ed il 1° ottobre del 1089), mancando una colonna, S. Nicola intervenne a completare lui stesso l’opera dell’abate Elia: i baresi udirono suonare le campane e, accorsi alla Basilica, videro un santo vescovo che con due angeli abbatteva il pilastro eretto dall’abate Elia e vi installava la nostra colonna.
La tradizione vuole che le giovani fanciulle in cerca di marito il 6 dicembre, giorno della festa del Santo, si rechino in pellegrinaggio in Basilica per compiere 3 giri intorno alla colonna.
La «Colonna Miracolosa”, così è descritta in un pannello posizionato accanto alla stessa: «Di colore rosso, con venature bianche, la cui leggenda è documentata per la prima volta nel testamento (1359) del fiorentino Niccolò Acciaiuoli, consigliere della regina Giovanna I. Questi aveva fatto costruire una cappella nel luogo sottostante, presso quella colonna che lo stesso glorioso Confessore con le sue proprie mani pose allorché si stava edificando la Chiesa o Confessione suddetta.
Le ossa del Santo (circa il 65% dello scheletro) si trovano all’altezza del piano di calpestio, racchiuse in blocchi di cemento armato. La non completezza si spiega col fatto che varie reliquie erano già sparse per il mondo e che i baresi dovettero agire in fretta per timore dell’arrivo dei saraceni, e quindi dovettero accontentarsi delle ossa più grandi immerse nel sacro liquido.
Qualche anno fa, quando gli operatori della BBC di Londra calarono una sonda, si vedeva il cranio in posizione piuttosto centrale ed il resto delle ossa sparse intorno. La ricostruzione dello scheletro realizzata nel 1988 dal professore Luigi Martino mostra un uomo di media statura. La colonna nell’inferriata, che si trova nell’angolo a destra appena scesi in cripta, si trovava fino al 1953 al posto della seconda colonna a destra. È una colonna di marmo rossiccio che, nota come colonna miracolosa, da secoli attira la devozione dei pellegrini che accorrono a toccarla convinti delle sue virtù taumaturgiche. Le leggende popolari su di essa si sono moltiplicate nel corso dei secoli, tutte però riconducibili ad una più antica, che risale forse al XII secolo. Nel XV secolo al fiammingo Georges Languerant fu detto che quella colonna era stata trainata dai buoi che recavano le reliquie di S. Nicola nell’area destinata alla costruzione della chiesa. Ma fu il Beatillo nel 1620 a raccogliere le varie “voci” e a sviluppare la leggenda che, secondo lui, S. Nicola fece un viaggio a Roma in visita a papa Silvestro e passando dinanzi alla casa in demolizione di una donna di facili costumi, ammirò questa bella colonna e la sospinse nel Tevere. Miracolosamente si ritrovò nelle acque antistanti il porto di Mira ed egli, al suo ritorno, la collocò nella cattedrale.
Altrettanto miracolosamente fu vista galleggiare nelle acque di Bari all’arrivo delle reliquie del Santo. Nessuno riusciva a prenderla. Finalmente, la notte che precedeva la riposizione delle sue reliquie (fra il 30 settembre ed il 1° ottobre del 1089), mancando una colonna, S. Nicola intervenne a completare lui stesso l’opera dell’abate Elia: i baresi udirono suonare le campane e, accorsi alla Basilica, videro un santo vescovo che con due angeli abbatteva il pilastro eretto dall’abate Elia e vi installava la nostra colonna.
La tradizione vuole che le giovani fanciulle in cerca di marito il 6 dicembre, giorno della festa del Santo, si rechino in pellegrinaggio in Basilica per compiere 3 giri intorno alla colonna.
La «Colonna Miracolosa”, così è descritta in un pannello posizionato accanto alla stessa: «Di colore rosso, con venature bianche, la cui leggenda è documentata per la prima volta nel testamento (1359) del fiorentino Niccolò Acciaiuoli, consigliere della regina Giovanna I. Questi aveva fatto costruire una cappella nel luogo sottostante, presso quella colonna che lo stesso glorioso Confessore con le sue proprie mani pose allorché si stava edificando la Chiesa o Confessione suddetta.
Intorno a questa tradizione dei primi tempi della Chiesa vennero poi sviluppandosi intere leggende, la più diffusa delle quali inserisce la colonna in un improbabile viaggio di S. Nicola a Roma. San Nicola l’avrebbe spinta nel Tevere e da sola sarebbe pervenuta a Mira. Mentre si costruiva la cripta, i marinai la videro nelle acque di Bari, ma non riuscirono a prenderla. La notte della reposizione delle reliquie, il popolo accorse al suono delle campane e vide S. Nicola che con due angeli la stava collocando nella Cripta. Le lunette sulle pareti furono dipinte verso il 1660 da Nicola Gliri e discepoli».
Le notizie di cui sopra sono state riprese dal volume “La Basilica di San Nicola” di padre Gerardo Cioffari o.p. (2004).
Le notizie di cui sopra sono state riprese dal volume “La Basilica di San Nicola” di padre Gerardo Cioffari o.p. (2004).