VALTER CANNELLONI - Due grandi personaggi del cinema e dello sport, Emir Kusturica e Diego Armando Maradona, insieme in un film biografico che, con la maestria del regista serbo, vuole raccontare la grandezza del più forte calciatore di tutti i tempi morto ieri, ma anche la sua estrema fragilità di uomo.
Il film ha inizio nel marzo del 2005, quando Emir, sentendosi un po' un paparazzo che va ad intrufolarsi nella vita di un personaggio famoso in tutto il mondo, si reca a Buenos Aires per incontrare un Maradona visibilmente ingrassato.
La storia prende le mosse da “Fiorito”, sobborgo poverissimo della Capitale argentina, nel quale “el pibe de oro” ha trascorso la propria infanzia, con otto fratelli e nove bocche da sfamare per il padre facchino.
Ma è proprio nel derelitto “Fiorito” che Maradona acquista, oltre alle sue straordinarie doti calcistiche, quel senso innato della giustizia e quella dignità da povero che l'accompagneranno per tutta la vita: se non avesse fatto il calciatore, avrebbe sicuramente fatto il rivoluzionario. Del resto, il suo amore viscerale per Fidel Castro, Che Guevara e Cuba è noto a tutti, e Maradona non ha mai fatto mistero di preferire l'isola dei Caraibi all'America dei “gringos”.
Il film va avanti: alle immagini della desolata “Fiorito” si mescolano quelle dei gol più belli del secolo, il primo segnato da Diego all'Inghilterra nei Mondiali di Messico 1986 (il secondo lo segnerà di mano, la “mano de Dios” la chiamerà lui).
Fu quella una vittoria politica storica per l'Argentina, che veniva dalla disfatta militare delle Isole Malvinas, con tanti morti durante il conflitto causato dall'attacco della Gran Bretagna della lady di ferro Margaret Thatcher.
Le immagini passano poi al 2005 a Napoli, quando Diego, ritiratosi da tempo dal calcio, fa il suo ritorno nella città , dove viene accolto come un Dio in terra. I napoletani sanno che il loro idolo ha sempre dato tutto per far vincere una squadra del Sud come il Napoli contro lo strapotere delle squadre del Nord, e per questo, nella semifinale dei Mondiali del 1990, tifarono per l'Argentina di Maradona contro l'Italia.
Ritroviamo poi Emir e Diego a Belgrado, in una Nazione, la Serbia, che si stava riconciliando con l'Occidente dopo i bombardamenti e le rovine provocate dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti. Emir e Diego vanno insieme a giocare a pallone nello stadio della Stella Rossa, e Maradona ricorda quel gol magnifico realizzato con una pallonetto micidiale al portiere jugoslavo alto quasi due metri.
Dopo un momento felice, si apre, nella storia narrata, il capitolo più triste e doloroso, quello della dipendenza di Diego dalla cocaina. Dice Maradona: “Ero già morto, ma il Padreterno, da lassù, ha detto “ancora no”.
Ma la cosa che più mi è mancata quando ero tossicodipendente, è stata quella di non aver visto un compleanno “normale” delle mie due figlie Dalma e Giannina, perchè ero “fatto” di cocaina”. A stargli vicino in quei momenti bui è la moglie Claudia, che continua a parlargli ininterrottamente nonostante Diego sia precipitato nella solitudine del drogato.
Come abbia fatto a uscire da quel tunnel non si sa, ma il campione è riuscito a vincere anche questa terribile partita.
Il film ci parla poi del Maradona politico che, accompagnato in treno dal regista, raggiunge Mar de La Plata per assistere a una manifestazione oceanica dei leader socialisti sudamericani che protestano contro la politica imperialista dell'allora presidente degli Stati Uniti George Bush.
Il film si conclude con un'immagine di Diego bambino che palleggia deliziosamente, già sapendo il destino che gli era riservato nella vita.
Biografia lucida e disincantata del campione argentino, in “Maradona by Kusturica” il regista mette a disposizione tutta la sua sapienza cinematografica: cartoni animati, spezzoni tratti dalle sue opere e il pezzo punk “Good save The Queen” a sottolineare i gol più belli di Diego.
Ha sottolineato quest'ultimo: ”Senza cocaina sarei potuto diventare ancora più grande di quello che sono stato. Io sono la mia colpa”. Ma i tifosi del Boca Juniors (squadra che Maradona bambino preferì al River Plate, che pure offriva un ingaggio più alto), del Napoli e del mondo intero ancora lo adorano. Il pallone non si macchia, e agli dei del calcio tutto è perdonato...
REGIA: EMIR KUSTURICA
FOTOGRAFIA: RODRIGO PULPEIRO
MUSICA: STOMIR KUSTURICA
INTERPRETI: EMIR KUSTURICA, DIEGO ARMANDO MARADONA
PRODUZIONE: FRANCIA, SPAGNA, 2008.