Agli americani piace 'Lemon Tree' di Stajano e Sasson


FRANCESCO GRECO - ROMA. Agli americani piace "Lemon Tree". Percepiscono tutta l'intensità della tragedia epocale in cui il Covid-19 ci ha scaraventati, il grido di dolore dell'umanità, la lacerante incertezza del domani che ci angoscia. Forse mai nei tre millenni di storia che abbiamo alle spalle, dagli Egizi superstiziosi alla società "liquida" dei big-data, l'uomo era apparso così fragile, canna al vento.

Il "corto" scritto e girato col telefonino durante il lockdown di primavera da Raffaello Sasson e Francesca Stajano Sasson con l' aiuto del loro figlio Giorgio Zela è stato appena applaudito al "Silicon Valley Festival" (dove c'è Google per capirci), che si è svolto su internet, ma i pixel hanno restituito tutto il pathos degli eventi artistici di livello a cui si assiste in questo anno orribile che si sta trasfigurando in una sorta di azzeramento di civiltà.

Il film è denso di allegorie solari e di messaggi subliminali, sottotraccia. E' la storia di un'attrice che passa dalla gioia per essere stata scelta al casting per un film da protagonista, alla depressione che la sommerge quando giunge la news che, causa coronavirus e pandemia, il progetto a cui tiene tanto, uno step notevole per la sua carriera, subisce uno stop. La tristezza diviene allora psicosomatica, perché lei somatizza tutti i sintomi della malattia. Uno sbandamento interiore, un trauma che la musica di Andrea Tosi enfatizza quel tanto che occorre.

Ne parliamo con l'attrice di origine salentina ma nata a Roma, che sta dando la voce a Fellini nel centenario della nascita, ha in stand-by la ripresa di una spettacolo su Mozart che prima del virus ha avuto successo e un film giallo, ambientato nella Germania dell'altro secolo, work in progress, che prevede un cast di livello internazionale.


DOMANDA: La decodificazione del film è quella giusta o contiene anche altre password per capirne il messaggio?
RISPOSTA: "Sono convinta da sempre che la malattia, qualunque malattia, abbia in gran parte origini psicosomatiche, dunque è l' atteggiamento mentale a volte a procurarla. Quando ci siamo messi a scrivere con mio marito Raffaello questo film, abbiamo voluto mostrare come il mio personaggio, dopo la forte delusione, abbia sicuramente avuto un calo delle difese immunitarie, unito al fatto che per sua natura aveva sottovalutato il pericolo di contrarre il virus, cosa che purtroppo fanno in molti...".

D. Teatri chiusi, set fermi, o quasi, lavoratori dello spettacolo senza reddito: non era mai accaduto nella storia dell'umanità, che pure ne ha viste tante: sicuro che non abbiamo sbagliato nulla nella gestione della pandemia?
R. "Credo che quello che sta accadendo abbia qualcosa di fantascientifico e surreale, e penso che tutto questo non sia facilmente gestibile da nessun tipo di governo in nessun posto del mondo. Si sta provando per tentativi a risolvere il problema, spesso si sbaglia, ma dobbiamo avere fiducia".


D. Cosa hanno colto gli americani entusiasti dell'opera? Forse quel senso di precarietà della vita, di un mondo che crolla, di un futuro tutto da rimodulare? 
R. "Gli americani come prima cosa hanno ammirato la nostra capacità di realizzare un film con poco o niente, un telefonino, un' asta da selfie , un' attrice e due cani, i nostri due cani che ci hanno permesso in pieno lockdown di fare delle riprese in esterni. Sicuramente poi il film descrive bene il dramma che stiamo vivendo noi artisti, bloccati in tutto o quasi. Voglio ringraziare la casa di produzione cinematografica svizzera "Goodfellas Motion Pictures" per averci stimolato a produrre questo lavoro, con la post produzione di Leo Barbato, che è anche inserito nel loro progetto internazionale "Lockdown 20" insieme ad altre opere".

D. Quando l'attrice riceve la notizia che il progetto salta, ha un momento di crisi e di dolore che sono quelli dell'intera umanità nel gorgo di qualcosa di imprevisto come il Covid-19, che non sappiamo come gestire né la durata: anche se il film non lo fa intravedere, c'è un raggio di sole che scaldi la nostra speranza di tornare a vivere, lavorare, riallacciare le relazioni, i contatti interrotti?
R. "Il film ci dice chiaramente che la speranza ci deve sempre accompagnare e guidare verso un altrove migliore, forse ripartendo dalla natura senza però sottovalutare il pericolo. La ripresa di tutto dipende da noi, dal nostro atteggiamento mentale e dalla nostra capacità di resistere, qualunque cosa ci accada...".