NICOLA ZUCCARO - Bari, giovedì 2 dicembre 1943. Sono da poco passate le 19.30 quando i velivoli pilotati dagli aviatori tedeschi della Luftwaffe bombardano una parte della città e l'intero porto del capoluogo pugliese dove sono ormeggiate 17 navi mercantili. Nel corso dell'incursione aerea non fu risparmiata la statunitense John Harvey. Carica di bombe contenenti iprite (un gas devastante dagli effetti mortali), a causa del suo scoppio, elevò a oltre un migliaio il tragico bilancio delle vittime civili e militari. A questi si aggiunsero altrettanti feriti ricoverati d'urgenza al Policlinico di Bari.
Costruito nel 1936 ed entrato in funzione nel 1940, il nosocomio barese fu sottoposto ad una dura prova dovuta all'imprevisto atto bellico e per il quale si rivelò insufficiente l'intervento della sanità civile. A supportare essa, allo stremo nelle sue risorse umane e materiali, furono il novantottesimo Corpo Ospedaliero Britannico e i corpi ospedalieri militari indiani e neozelandesi. E in quel "Non abbiamo più letti" (frase che intitolò uno dei capitoli del libro " Disastro a Bari") è racchiusa la drammaticità di un'emergenza che oggi torna ad affacciarsi sul Policlinico di Bari con l'aumento dei ricoveri legati al Coronavirus, come nelle giornate successive a quel drammatico 2 dicembre 1943.
Costruito nel 1936 ed entrato in funzione nel 1940, il nosocomio barese fu sottoposto ad una dura prova dovuta all'imprevisto atto bellico e per il quale si rivelò insufficiente l'intervento della sanità civile. A supportare essa, allo stremo nelle sue risorse umane e materiali, furono il novantottesimo Corpo Ospedaliero Britannico e i corpi ospedalieri militari indiani e neozelandesi. E in quel "Non abbiamo più letti" (frase che intitolò uno dei capitoli del libro " Disastro a Bari") è racchiusa la drammaticità di un'emergenza che oggi torna ad affacciarsi sul Policlinico di Bari con l'aumento dei ricoveri legati al Coronavirus, come nelle giornate successive a quel drammatico 2 dicembre 1943.
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