Il triste mietitore nel folklore pugliese - rituali della morte
MARIO CONTINO – I rituali e le superstizioni legate alla morte e al post mortem umano, in Puglia, sono molteplici.
Oggi vorrei descrivere le credenze che i pugliesi hanno sui famosi spiriti mietitori, ossia quelle entità preposte a prelevare l’anima del defunto e ad accompagnarla nell’aldilà.
Seppure queste convinzioni stiano man mano scomparendo, lasciando il posto ad un abisso oscuro privo di spiritualità, trasformando il rituale funebre in qualcosa si meramente materiale, fortunatamente tra i più anziani il ricordo delle antiche tradizioni è ancora vivo.
La personificazione della morte è un aspetto molto antico della spiritualità umana, ed è presente in filosofie e religioni di tutto il mondo, anche precristiane.
Generalmente nelle religioni filoebraiche, ossia derivanti dall’ebraismo, viene riconosciuta la figura dell’angelo della morte, ossia l’Arcangelo Azrael, che nell’Antico Testamento apparirebbe diverse volte, basti pensare al libro dell’Esodo, nel momento in cui viene descritto lo sterminio dei primogeniti egiziani, che condusse poi il Faraone a liberare il popolo di Israele dalla schiavitù.
In realtà il folklore ci fornisce la figura del Triste mietitore quale quella di uno scheletro, vestito con un saio ed un cappuccio nero, e con una grande falce in mano.
In Puglia però la faccenda si complica un po’, infatti è possibile rintracciare due tipologie di “mietitori”: gli spiriti dei parenti defunti, e l’angelo della morte (che non verrebbe identificato né con l’arcangelo biblico né con l’angelo custode, ma con un’entità distinta).
Nel momento del trapasso, i pugliesi erano soliti aprire un po’ le finestre e le porte di casa, questo avrebbe consentito alle anime dei defunti di entrare in casa e prelevare l’anima del morente, ponendo così fine alla sua agonia.
Alcuni testimoni affermano che, qualora questo rituale non si compia, l’agonia sarebbe prolungata, e contemporaneamente le ante di porte e finestre comincerebbero a battere, poiché le anime dei defunti chiederebbero con forza di entrare per assistere il morente.
L’altra usanza, presente anche in alcune zone interne del Cilento, in Campania, riguarda il non ben specificato angelo della morte. Nei momenti successivi al decesso, i famigliari del defunto avrebbero l’accortezza di deporre, accanto al letto e nelle prossimità della salma, una bacinella con acqua pulita e delle asciugamani.
Poi chiuderebbero la stanza a chiave e lascerebbero il corpo del defunto da solo per un paio di ore.
Questi strumenti serviranno all’angelo, sarà lui a lavare l’anima del defunto, a benedirla e a presentarla al cospetto di Dio.
Le leggende secondo le quali le asciugamani sarebbero state rinvenute bagnate, non si contano.
La Puglia, le sue usanze che si perdono nella notte dei tempi, il calore del suo popolo, una terra accarezzata dal vento, bruciata dal sole, rinfrescata dal mare.
Una regione che non smette mai di sorprendere.
Seppure queste convinzioni stiano man mano scomparendo, lasciando il posto ad un abisso oscuro privo di spiritualità, trasformando il rituale funebre in qualcosa si meramente materiale, fortunatamente tra i più anziani il ricordo delle antiche tradizioni è ancora vivo.
La personificazione della morte è un aspetto molto antico della spiritualità umana, ed è presente in filosofie e religioni di tutto il mondo, anche precristiane.
Generalmente nelle religioni filoebraiche, ossia derivanti dall’ebraismo, viene riconosciuta la figura dell’angelo della morte, ossia l’Arcangelo Azrael, che nell’Antico Testamento apparirebbe diverse volte, basti pensare al libro dell’Esodo, nel momento in cui viene descritto lo sterminio dei primogeniti egiziani, che condusse poi il Faraone a liberare il popolo di Israele dalla schiavitù.
In realtà il folklore ci fornisce la figura del Triste mietitore quale quella di uno scheletro, vestito con un saio ed un cappuccio nero, e con una grande falce in mano.
In Puglia però la faccenda si complica un po’, infatti è possibile rintracciare due tipologie di “mietitori”: gli spiriti dei parenti defunti, e l’angelo della morte (che non verrebbe identificato né con l’arcangelo biblico né con l’angelo custode, ma con un’entità distinta).
Nel momento del trapasso, i pugliesi erano soliti aprire un po’ le finestre e le porte di casa, questo avrebbe consentito alle anime dei defunti di entrare in casa e prelevare l’anima del morente, ponendo così fine alla sua agonia.
Alcuni testimoni affermano che, qualora questo rituale non si compia, l’agonia sarebbe prolungata, e contemporaneamente le ante di porte e finestre comincerebbero a battere, poiché le anime dei defunti chiederebbero con forza di entrare per assistere il morente.
L’altra usanza, presente anche in alcune zone interne del Cilento, in Campania, riguarda il non ben specificato angelo della morte. Nei momenti successivi al decesso, i famigliari del defunto avrebbero l’accortezza di deporre, accanto al letto e nelle prossimità della salma, una bacinella con acqua pulita e delle asciugamani.
Poi chiuderebbero la stanza a chiave e lascerebbero il corpo del defunto da solo per un paio di ore.
Questi strumenti serviranno all’angelo, sarà lui a lavare l’anima del defunto, a benedirla e a presentarla al cospetto di Dio.
Le leggende secondo le quali le asciugamani sarebbero state rinvenute bagnate, non si contano.
La Puglia, le sue usanze che si perdono nella notte dei tempi, il calore del suo popolo, una terra accarezzata dal vento, bruciata dal sole, rinfrescata dal mare.
Una regione che non smette mai di sorprendere.