In un libro Mascellaro ricostruisce la storia di Cavallari: il re Mida della sanità barese

LIVALCA - Mida: chi era costui? Mida leggendario re della Frigia - regione dell’Anatolia (luogo ove sorge il sole) in Asia Occidentale, oggi all’interno della Turchia - era figlio di Gordio e di una signora di cui al momento mi sfugge il nome. Si racconta che Dioniso, dio greco, per ricambiare la cortesia con cui Mida aveva trattato un certo Sileno che, alticcio, si era perso in un immenso giardino, gli chiese di esprimere un desiderio. Dioniso figlio di Zeus - passato alla ‘gloria’ per aver ‘creato’ il nettare degli dei, comunemente chiamato vino, e per essere un ‘casinista’così famoso per cui i romani lo chiamavano Bacco ( baccano vi dice niente?) - comunicò a Mida che la richiesta non aveva limitazioni di alcun genere. Sono sicuro che a questo punto l’Amico Nicola Mascellaro, il cui intelletto funziona secondo un ‘archivio’ ben definito, si starà chiedendo in base a quale arcano motivo Dioniso tenesse tanto allo ‘sconosciuto’ Sileno? Dioniso - la cui venuta al mondo richiederebbe la compilazione di una tesi di laurea - alla nascita fu allevato e nutrito da donne e «dall’androgino Sileno».

Esaudita la legittima richiesta di Mascellaro, ora passo ad esporre quella che fu la richiesta di Mida. Mida che oggi definiremmo, per patrimonio personale, un novello Jeff Bezos ( il proprietario di Amazon!) fece una richiesta tanto esosa quanto ‘stupida’: tramutare in oro tutto quello che toccasse. La geniale idea ebbe come prima causa che il nostro non potesse nutrirsi - chiaramente un pugliese, meglio se barese, avrebbe trovato facilmente il rimedio, ma questo non possiamo dirlo altrimenti perde la pazienza l’Amico Angelo Favia - per cui fu costretto a rivolgersi, ancora, a Dioniso per risolvere la ‘vitale’ questione. Il dio greco trovò la soluzione : tuffarsi nel fiume Pattolo lo avrebbe purificato e, da quel preciso istante, il fiume avrebbe trasportato pagliuzze d’oro. Chiaramente non svelo ai miei 444 lettori quale sia il nome attuale di tale corso d’acqua altrimenti tutti andrebbero a cercare le pagliuzze e potrei essere accusato di diffondere il ‘virus’.

Poche ore fa Nicola mi ha portato il suo 16 volume - qualora non ti trovi con il conteggio sappi che io faccio parte della nutrita schiera di ‘non è vero, ma ci credo’ - dal titolo «Francesco Cavallari, il re Mida della sanità barese», pubblicato da ‘DIMARSICO LIBRI’ e stampato da GradiSystem-Modugno ( 96 pagine, ill. e 12,00).

Fin dalle origini la MEDICINA è stata trattata con quel rispetto, deferenza, ammirazione, attenzione e ossequio che si deve ad una nobile arte che ha come fine il curare e guarire le malattie. Perché dico questo? Il professionista che in tutti i mestieri si chiama ‘rappresentante’, per gli operatori sanitari si chiama ‘informatore scientifico’, ma in sostanza (accetto qualificate obiezioni, pur restando ancorato alla mia tesi) il compito è sempre quello di presentare i prodotti, nello specifico i medicinali, confezionati da un’azienda che noi chiamiamo farmaceutica. Spesso ho assistito al loro non facile lavoro e ho potuto constatare come fosse determinante, oltre la validità del prodotto, il loro sapersi ‘spendere’. Cavallari era senz’altro abilissimo nel suo lavoro e, in più, aveva innate doti di imprenditore. Capire la ‘fame’ che vi fosse, negli anni ’80, di strutture adeguate per curare la salute è stata una lodevole intuizione, verificata nel vissuto quotidiano.

Il libro di Mascellaro espone i fatti in maniera puntigliosa e cronologica; elenca date e avvenimenti senza mai sbilanciarsi, ma lasciando il commento a esponenti di primo piano della vita politica. Quando parte il periodo noto come la ‘tangentopoli milanese’ - arresto di Mario Chiesa nel 1992 - Mascellaro riporta quello che disse Massimo D’Alema soltanto un anno dopo :” …quando la Magistratura si sposterà al Sud, l’operazione di Milano, al confronto, apparirà uno scherzo…”. Nel 1994 colui che aveva creato il miracolo delle Case di Cura Riunite viene arrestato con tanti altri politici e funzionari. D’Alema, che nel 1992 era stato eletto in Parlamento nella circoscrizione Lecce-Brindisi-Taranto, diventa per l’occasione presidente del gruppo deputati del PDS, e nel 1994, rieletto nel collegio 11 in Puglia con quasi venticinquemila voti, diventa segretario del PDS sconfiggendo un Veltroni da tutti dato per favorito. Chi conosce D’Alema sa benissimo che la sua autostima è notevole, ma è estremamente prudente nel ‘regalare’ notizie che non siano veritiere. 

Lui, deputato pugliese, sapeva che i magistrati erano al lavoro. Sull’esempio di Antonio Di Pietro, non sono stati pochi i magistrati che, ‘sfruttando’ la visibilità che si acquisisce occupandosi di simili casi, sono entrati in politica. Il libro richiama continuamente alla memoria vicende che i baresi hanno vissuto con stupore e mi permetto di segnalare, per quanto riguarda l’operazione denominata ‘Speranza’, la ‘splendida’ contesa in punta di penna tra Luciano Violante e un gigantesco Giuseppe Gorjux, in difesa della nostra ‘Gazzetta’ con espressioni ferme, valide e condivisibili; Violante riesce nell’intento di far scendere in campo Gianfranco Dioguardi, Francesco Divella, Vito Laterza e Marcello Veneziani. Ci penserà il filologo Luciano Canfora a « Fermare l’odio», ma a precisare che ‘l’ottimismo della volontà poco conta al cospetto del pessimismo della ragione’. Non passa inosservato un salace inciso di Canfora «….visto che in regime elettorale maggioritario si fanno avanti, nell’agone politico, le fasce di censo più elevate». 

Vi consiglio di leggere a pagina 63 del volume una saggia conclusione prospettata dal prof. Giandomenico Amendola. Il libro sarà utilissimo ai pugliesi di domani, noi che abbiamo vissuto in prima persona gli avvenimenti ci siamo fatti una nostra opinione personale che riguarda anche il nostro percorso lavorativo; molto in piccolo il sistema Cavallari ha riguardato anche tanti piccoli imprenditori che hanno visto, in quegli anni, i loro sforzi vanificati da chi non pensava al futuro fatto di lavoro - il vero lavoro, porta benessere a tutti ! - ma si faceva attrarre da un ‘lucroso’ immediato che non aiutava a crescere il sistema. In sostanza veniva chiamato bravo chi non lo era e asino - mediocre eufemismo - chi si atteneva al giusto impegno lavorativo. Due eccellenti giornalisti ci illuminano… non d’immenso, ma di dissenso.

Scrive il giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno Michele Ottolino: «…in cinque anni l’ospedale di Cavallari ha assorbito oltre 400 miliardi…uno spreco colossale se si considera che una sede nuova, modernamente attrezzata, costa al massimo 120 miliardi». Bellissimo il pensiero espresso, sempre sulla Gazzetta, da un altro giornalista, Umberto Mairota, che non unisce parole da lanciare nel vento, ma esprime concetti concreti da valutare secondo la propria sensibilità: «Il degrado del sistema sanitario nella nostra regione non è stato il frutto di azioni delittuose compiute dai singoli uomini o da gruppi di persone, ma la conseguenza di una politica sanitaria regionale che ha guardato agli ospedali non come strutture per la cura degli ammalati, ma come occasione di progetti e appalti, di commesse e forniture, di posti di lavoro e rapide carriere».

Mentre tutti gli imputati di questi anni sono stati assolti, giustamente si chiede l’informatore scientifico Francesco Cavallari, con chi avrebbe messo in atto questa fantomatica ‘associazione mafiosa’?

Non è un reato voler, detto brutalmente, ‘far soldi’ quando segui le leggi della correttezza. Questo vale in tutti i campi. Spesso le disgrazie di alcuni sono le fortune di altri. Forse a volte si calca la mano, perché l’intervista rende famosi e… da cosa nasce cosa. Tutti quanti dobbiamo fare uno sforzo per non premiare la prepotenza, ma il viver civile. In verità, per il rispetto che devo ad un genitore che tutti ricordano per il suo profondo senso del lavoro (grazie Giovanni Cassano per l’affettuosa testimonianza), ancor oggi patisco umiliazioni e prepotenze solo perché sono stato abituato a rispettare le ISTITUZIONI, cui mi permetto di ‘suggerire’ di non scendere mai, sia pure per quieto vivere, a patti.

Avviare una gelateria a Santo Domingo, questa la nuova professione di Cavallari, è sintomo di genuina forza imprenditoriale : pensate l’invenzione del gelato, forse, si deve ad un toscano nel XVI secolo, tale Bernardo Buontalenti. Da tenere presente che il gelato industriale offre sempre buone garanzie dal punto di vista dell’igienicità, ma spesso contiene molta…’aria’; noi baresi siamo affezionati a quello prodotto su scala artigianale e venduto sfuso, in termine tecnico ‘mantecato’, che gustiamo nei famosi ‘coni’. Mi auguro che la gelateria ‘da Cicci’ possa vedere prosperare gli affari e che ci possa essere un re Mida del gelato nei Caraibi, ma rientrando, come prospetta Cavallari, anche in Puglia. Inoltre se la magistratura riconsegnerà all’imprenditore i suoi beni, nulla da eccepire.

Il controllato, che a volte deve ‘elemosinare’ firme dal controllore, non deve sostituirsi al potere - che non significa ottusa burocrazia, come ogni imprenditore italiano sa bene! - ma deve essere pronto a dare spiegazioni e riscuotere in termini che non siano ‘calende greche’…che portano a chiedere un aiutino ecc. ecc. Io svolgo una funzione, tu controlli e paghi. A volte basta un Maestro per trovare la giusta strada e i ‘docenti’ è corretto stiano nei posti loro più congeniali: L’UNIVERSITA’.