VITTORIO POLITO – Ogni anno si celebra la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa e in questa occasione l’UNESCO, il 3 maggio 2020, ha organizzato un dialogo online di alto livello finalizzato a rendere nota l’importanza della libertà di stampa e di un giornalismo indipendente.
Il Direttore Generale dell’UNESCO, ha ricordato per l’occasione come «In un momento in cui siamo invischiati nella preoccupazione e nell’incertezza a causa dell’epidemia di coronavirus, la libera informazione è essenziale per aiutarci a fare fronte, comprendere, riflettere e superare la crisi. In questa situazione dobbiamo considerare l’importanza vitale dell’informazione: informare il pubblico significa fornire a tutti i mezzi per combattere la malattia adottando le pratiche appropriate. Per questo motivo l’Organizzazione ha riunito la famiglia delle Nazioni Unite per combattere contro la “infodemia” di pettegolezzi e cattiva informazione che sta inasprendo la pandemia e mettendo a rischio le vite».
In uno Stato costituzionale, liberale e democratico, la libertà di stampa rappresenta una delle manifestazioni fondamentali della autonomia individuale. Essa, oltre a consentire la libera espressione del pensiero e quindi il dibattito pubblico su qualsiasi argomento, permette anche ai cittadini di “controllare” l’operato del potere. Nella Costituzione Italiana è garantita dall’art. 21, 1° comma, che così recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
Per libertà di stampa si intende la libertà di esprimere, stampare e comunicare informazioni su giornali, radio, televisioni ecc. da parte dei privati cittadini e delle loro associazioni. Si tratta di uno dei pilastri imprescindibili dello Stato democratico, indice del rispetto di tutti gli altri diritti fondamentali dell’individuo.
La censura è la limitazione della libertà di espressione del pensiero, disposta per la tutela di un interesse pubblico e attuata mediante l’esame, da parte di un’autorità, di scritti o giornali da stamparsi, di manifesti o avvisi da affiggere in pubblico, di opere teatrali o pellicole da rappresentare, di siti Internet, con lo scopo di permetterne o vietarne la pubblicazione, l’affissione, la rappresentazione ecc. Ma questa è un’altra storia.
Vediamo che succedeva nel sud Italia ed a Bari nel 1820. Nel regno delle due Sicilie, scoppiò a Cadice il 1° gennaio 1820 la prima scintilla, ove alcuni reparti militari diedero origine ad un “pronunciamento”, per ottenere dal re Ferdinando II di Borbone, il ripristino della Costituzione liberale accordata in Spagna nel 1812 e revocata successivamente nel 1814. L’evento ebbe ripercussioni anche in Italia al punto che un gruppo di soldati del reggimento di Cavalleria “Reale Borbone” di stanza a Nola, ai primi di maggio del 1820, chiese la proclamazione della Costituzione di Spagna trovando il diniego del re Ferdinando di Borbone che inviò contro gli insorti truppe comandate dal generale Michele Carrascosa.
Fra i documenti di quel burrascoso periodo è presente il testo di un reale decreto del 26 luglio 1820 con il quale viene accordata la libertà di stampa, abolendo la censura, che permetteva ad ogni individuo di scrivere, stampare e divulgare le proprie idee, col permesso dei magistrati di pubblica sicurezza e col divieto assoluto di suscitare “la sommossa del popolo” o di diffondere “proposizioni contrarie ai dogmi della religione cattolica” o di offendere il pubblico decoro.
Per i suddetti motivi fu istituita in ogni provincia una giunta protettrice della libertà di stampa che disponeva di severe norme repressive nei confronti dei tipografi che le violassero.
Il 29 luglio 1820, il ministro di Grazia e Giustizia, fece pervenire una copia del decreto all’Intendente di Bari, finalizzato a controllare le “oscillazioni cui trovasi esposto lo spirito pubblico in un governo costituzionale”, invitandolo a fargli tenere i fogli pubblicati nella provincia, corredando del proprio parere, quelli da segnalare all’autorità giudiziaria.
Il Direttore Generale dell’UNESCO, ha ricordato per l’occasione come «In un momento in cui siamo invischiati nella preoccupazione e nell’incertezza a causa dell’epidemia di coronavirus, la libera informazione è essenziale per aiutarci a fare fronte, comprendere, riflettere e superare la crisi. In questa situazione dobbiamo considerare l’importanza vitale dell’informazione: informare il pubblico significa fornire a tutti i mezzi per combattere la malattia adottando le pratiche appropriate. Per questo motivo l’Organizzazione ha riunito la famiglia delle Nazioni Unite per combattere contro la “infodemia” di pettegolezzi e cattiva informazione che sta inasprendo la pandemia e mettendo a rischio le vite».
In uno Stato costituzionale, liberale e democratico, la libertà di stampa rappresenta una delle manifestazioni fondamentali della autonomia individuale. Essa, oltre a consentire la libera espressione del pensiero e quindi il dibattito pubblico su qualsiasi argomento, permette anche ai cittadini di “controllare” l’operato del potere. Nella Costituzione Italiana è garantita dall’art. 21, 1° comma, che così recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
Per libertà di stampa si intende la libertà di esprimere, stampare e comunicare informazioni su giornali, radio, televisioni ecc. da parte dei privati cittadini e delle loro associazioni. Si tratta di uno dei pilastri imprescindibili dello Stato democratico, indice del rispetto di tutti gli altri diritti fondamentali dell’individuo.
La censura è la limitazione della libertà di espressione del pensiero, disposta per la tutela di un interesse pubblico e attuata mediante l’esame, da parte di un’autorità, di scritti o giornali da stamparsi, di manifesti o avvisi da affiggere in pubblico, di opere teatrali o pellicole da rappresentare, di siti Internet, con lo scopo di permetterne o vietarne la pubblicazione, l’affissione, la rappresentazione ecc. Ma questa è un’altra storia.
Vediamo che succedeva nel sud Italia ed a Bari nel 1820. Nel regno delle due Sicilie, scoppiò a Cadice il 1° gennaio 1820 la prima scintilla, ove alcuni reparti militari diedero origine ad un “pronunciamento”, per ottenere dal re Ferdinando II di Borbone, il ripristino della Costituzione liberale accordata in Spagna nel 1812 e revocata successivamente nel 1814. L’evento ebbe ripercussioni anche in Italia al punto che un gruppo di soldati del reggimento di Cavalleria “Reale Borbone” di stanza a Nola, ai primi di maggio del 1820, chiese la proclamazione della Costituzione di Spagna trovando il diniego del re Ferdinando di Borbone che inviò contro gli insorti truppe comandate dal generale Michele Carrascosa.
Fra i documenti di quel burrascoso periodo è presente il testo di un reale decreto del 26 luglio 1820 con il quale viene accordata la libertà di stampa, abolendo la censura, che permetteva ad ogni individuo di scrivere, stampare e divulgare le proprie idee, col permesso dei magistrati di pubblica sicurezza e col divieto assoluto di suscitare “la sommossa del popolo” o di diffondere “proposizioni contrarie ai dogmi della religione cattolica” o di offendere il pubblico decoro.
Per i suddetti motivi fu istituita in ogni provincia una giunta protettrice della libertà di stampa che disponeva di severe norme repressive nei confronti dei tipografi che le violassero.
Il 29 luglio 1820, il ministro di Grazia e Giustizia, fece pervenire una copia del decreto all’Intendente di Bari, finalizzato a controllare le “oscillazioni cui trovasi esposto lo spirito pubblico in un governo costituzionale”, invitandolo a fargli tenere i fogli pubblicati nella provincia, corredando del proprio parere, quelli da segnalare all’autorità giudiziaria.
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Cultura e Spettacoli