FRANCESCO GRECO - "Sarò breve e circonciso".
A un anonimo correttore di bozze di un giornale sfuggì un refuso (il diavoletto di Montanelli che si aggira in tipografia), in prima pagina: Parlameno invece di Parlamento.
Una "t" di meno, un lapsus freudiano che svela l'idea ontologica, la percezione che gli italiani se ne sono costruiti nel tempo: un'agorà astratta, metafisica, abitata da ologrammi più che da uomini, con un loro algoritmo irrazionale. Rapiti in riti e miti non scritti, liturgie sottintese, abitato da persone e personaggi, fantasmi eduardiani, figure, figuri, figurine e figuracce, gaffe, gesti e gestacci, storie minime e leggende metropolitane, traffici e intrighi spesso inconfessabili, misteri e superstizioni di una fauna antropologica che è quasi un bestiario medievale (in cui sono inclusi gli addetti alla narrazione, i cronisti) da girone dantesco.
"Cicciolino Andreotti", "Cicciolino Craxi" (Ilona Staller in aderente abito verde bottiglia). Insomma, un grumo denso come malvasia nera, semanticamente affollato, dalle sfaccettature infinite, come le password per decodificarlo, di cui il popolo poco sa, ma che, fellinianamente, tutto immagina, anche nella caduta di "smalto, prestigio, autorevolezza". Dagli statisti con la "esse" maiuscola di ieri, al cabaret di provincia di oggi.
"Questo esempio ben si attanaglia". Da cronista politico e parlamentare (già responsabile del "politico" dell'Ansa), Mario Nanni per 20 anni ha frequentato il Parlamento "de visu" e ora fruga con pudore e discrezione fin nei suoi interstizi più intimi e segreti, da testimone della rapida mutazione, dalla telescrivente ai social, dalla prima alla seconda repubblica, in "Parlamento sotterraneo"(Miserie e nobiltà, scene e figure di ieri e di oggi), Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, Catanzaro 2020, collana "Zonafranca", pp. 229, euro 16.
"Bivacco per manipoli" (Mussolini), "parco buoi" (Craxi), "teatrino" (Berlusconi, capocomico), "scatola di tonno" (Grillo, ansioso di riempirlo con facce prese dalla guida telefonica, o dal suo blog, in nome della "democrazia diretta", da lui, il Trump al pesto).
Il Parlamento ha avuto, e avrà, infinite definizioni. Cogliendo "lo spirito del tempo", con una cifra stilistica sobria e venata di un lieve umorismo e soprattutto l'intento pedagogico di spiegarlo alle nuove generazioni, alla fine, Nanni ci dice - fra tante sedimentazioni e mille aneddoti - che esso altro non è che la trasfigurazione plastica del Paese reale, uno specchio che riflette le sue luci e le ombre, la grande storia e le microstorie, i chiaroscuri dell'anima di un popolo e le sue infinite interfacce.
Un filo rosso unisce il "Palazzo" (Pasolini) e il cittadino comune, che non può dirsi distante dalle facce che manda col voto. I vizi privati e le pubbliche virtù degli uni, per contaminazione, sono quelle degli altri. Così il cerchio si chiude.
Un saggio da procurarsi alla svelta per capire la politica, magari far girare nelle scuole dove, dad o no, si svezzano i cittadini 3.0.
Una "t" di meno, un lapsus freudiano che svela l'idea ontologica, la percezione che gli italiani se ne sono costruiti nel tempo: un'agorà astratta, metafisica, abitata da ologrammi più che da uomini, con un loro algoritmo irrazionale. Rapiti in riti e miti non scritti, liturgie sottintese, abitato da persone e personaggi, fantasmi eduardiani, figure, figuri, figurine e figuracce, gaffe, gesti e gestacci, storie minime e leggende metropolitane, traffici e intrighi spesso inconfessabili, misteri e superstizioni di una fauna antropologica che è quasi un bestiario medievale (in cui sono inclusi gli addetti alla narrazione, i cronisti) da girone dantesco.
"Cicciolino Andreotti", "Cicciolino Craxi" (Ilona Staller in aderente abito verde bottiglia). Insomma, un grumo denso come malvasia nera, semanticamente affollato, dalle sfaccettature infinite, come le password per decodificarlo, di cui il popolo poco sa, ma che, fellinianamente, tutto immagina, anche nella caduta di "smalto, prestigio, autorevolezza". Dagli statisti con la "esse" maiuscola di ieri, al cabaret di provincia di oggi.
"Questo esempio ben si attanaglia". Da cronista politico e parlamentare (già responsabile del "politico" dell'Ansa), Mario Nanni per 20 anni ha frequentato il Parlamento "de visu" e ora fruga con pudore e discrezione fin nei suoi interstizi più intimi e segreti, da testimone della rapida mutazione, dalla telescrivente ai social, dalla prima alla seconda repubblica, in "Parlamento sotterraneo"(Miserie e nobiltà, scene e figure di ieri e di oggi), Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, Catanzaro 2020, collana "Zonafranca", pp. 229, euro 16.
"Bivacco per manipoli" (Mussolini), "parco buoi" (Craxi), "teatrino" (Berlusconi, capocomico), "scatola di tonno" (Grillo, ansioso di riempirlo con facce prese dalla guida telefonica, o dal suo blog, in nome della "democrazia diretta", da lui, il Trump al pesto).
Il Parlamento ha avuto, e avrà, infinite definizioni. Cogliendo "lo spirito del tempo", con una cifra stilistica sobria e venata di un lieve umorismo e soprattutto l'intento pedagogico di spiegarlo alle nuove generazioni, alla fine, Nanni ci dice - fra tante sedimentazioni e mille aneddoti - che esso altro non è che la trasfigurazione plastica del Paese reale, uno specchio che riflette le sue luci e le ombre, la grande storia e le microstorie, i chiaroscuri dell'anima di un popolo e le sue infinite interfacce.
Un filo rosso unisce il "Palazzo" (Pasolini) e il cittadino comune, che non può dirsi distante dalle facce che manda col voto. I vizi privati e le pubbliche virtù degli uni, per contaminazione, sono quelle degli altri. Così il cerchio si chiude.
Un saggio da procurarsi alla svelta per capire la politica, magari far girare nelle scuole dove, dad o no, si svezzano i cittadini 3.0.