Baresi che hanno fatto la storia di Bari: Francesco Saverio Abbrescia

VITTORIO POLITO - Francesco Saverio Abbrescia (1813-1852), professore di lettere e accademico, primo poeta dialettale barese, veste l’abito talare a soli 17 anni. A 22 anni insegnava lettere in una scuola privata, esercitandosi anche nella difficile prova dell’orazione sacra. Canonico della Basilica di San Nicola e professore nel Liceo della Puglia, fu inserito tra i soci di varie Accademie tra cui l’Accademia Pontaniana.

Le opere in lingua e in dialetto non si contano, oltre a numerose composizioni religiose. Il giovane canonico iniziò anche una composizione di un “Saggio di nomenclatura barese-italiana”, con il proposito di intitolarlo “Le grazie della lingua italiana” ma, Vito Antonio Melchiorre (1922-2010), nel suo libro “Francesco Di Cagno Abbrescia – La vita e le opere” (Adda Editore), ricorda che è stato impossibile rintracciarne il manoscritto.

Vito Maurogiovanni (1924-2009) nel libro “Cantata per una città” (Levante Editori), scrive che a Francesco Saverio Abbrescia «dobbiamo il primo e vero impulso - nel lontano Ottocento - nella creazione di una poesia dialettale barese. Fu lui che le dette anima e cuore e scritture con uno svolgersi graffiante e insuperabile». Senza entrare nel merito di come si scrive “correttamente” il dialetto barese, si può certamente affermare che oggi non c’è proprio nessuno in grado di documentare quale sia il «puro dialetto barese», se si eccettua quello che ha la paternità del canonico Francesco Saverio Abbrescia, come sostiene Pasquale Sorrenti (1927-2003), poeta, scrittore e giornalista, nella sua nota introduttiva alla quarta ristampa del volume di Antonio Dentamaro “Le rime baresi di F.S. Abbrescia” (Levante Editori).
Lo stesso Dentamaro, riferendosi ad Abbrescia, scrive: «…Unico seppe piegare la difficile dicitura del suo popolo alla fine misura del verso, vario e spontaneo, com’è dei rimatori più veri della prima letteratura dell’Italia meridionale». «Nume tutelare del nostro dialetto, – scrive Sorrenti - Francesco Saverio Abbrescia è certamente uno dei grandi poeti dialettali in senso lato, da non sfigurare davanti a chicchessia. Forse a lui, creatore del nostro idioma, mancò l’accortezza di farsi avanti, e forse non volle sentirsi il primo. Uomo di grande modestia, ma non di piccola taglia, visto che era accademico di più accademie, poeta in lingua di stile manzoniano, ma non vogliamo gabbare nessuno, solo vogliamo dire che amava Manzoni e lo venerava, così come venerava il purista Basilio Puoti al punto da emularne la scuola linguistica e di fondarne nella sua Bari una scuola aderente al purismo, che crebbe magnificamente».

Abbrescia fu patriota insigne e la sua partecipazione alla “Dieta di Bari” deve considerarsi una presa di posizione contro chi ostacolava il cammino umano nel suo progredire storico.

La città di Bari lo ha immortalato dedicandogli una strada al quartiere Madonnella ed una lapide sull’ex Palazzo Motta.

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